In un’estate da bollino rosso dove l’acqua scarseggia in molte parti della Sardegna, c’è anche un altro genere di sete con cui fare i conti: quella degli spettacoli dal vivo che quest’anno colpisce Cagliari. Il cambio di guida politica avvenuta in giugno non ha permesso di allestire per tempo una programmazione en plein air in grado di accontentare un pubblico di vario genere. Così non pare esagerato affermare che l’estate cagliaritana dei concerti viene salvata in gran parte da Rocce Rosse Blues che dall’Ogliastra trasloca quest’anno nel capoluogo. Una scelta che lascia a bocca asciutta il pubblico di Arbatax e dintorni, e che a ben vedere non soddisfa in pieno neanche quello cagliaritano (e non per la qualità delle proposte, sia chiaro) che naturalmente avrebbe preferito un posto all’aperto, come del resto gli stessi organizzatori, costretti a ripiegare mesi fa su un luogo al chiuso come il Teatro Massimo pur di salvare un festival ricco di bei nomi. Come quello di Raphael Gualazzi, atteso in città il 26 luglio alle 21, a sei anni di distanza dal concerto in solo tenuto nel giugno del 2018 all’Exma nel Wave Festival.
“Sarà un concerto incentrato sull’ultimo album “Dreams” uscito lo scorso anno, anche se poi non mancheranno i brani di maggior successo del passato e forse anche qualche incursione nel mondo delle colonne sonore” dice al telefono il cantante-pianista di Urbino, balzato al successo nel 2011 al Festival di Sanremo nella categoria Giovani con “Follia d’amore”: “Oltre alla mia band sul palco ci sarà Emma Morton, special guest della serata, artista scozzese che unisce la tradizione della propria terra al rock, al soul e al jazz in senso lato. Dreams conferma sempre di più il mio approccio eclettico alla musica, proprio perché nasco come musicista e successivamente divento songwriter. La voglia di divertirmi con tutti i colori della musica continua a rimanere viva. Iniziando da quella afroamericana in tutte le sue sfaccettature che mescolo con le mie radici italiane e l’amore per la melodia. A volte capita che nei miei live ci siano anche delle rivisitazioni di alcune arie d’opera”.
A proposito di opera, quest’anno ricorrono i cent’anni dalla scomparsa di Giacomo Puccini, l’autore più rappresentato al mondo dopo Verdi.
“Proprio in questo momento sto leggendo un libro sulla sua vita intitolato “Puccini contro tutti”, scritto dalla direttrice d’orchestra Beatrice Venezi e a breve andrò a vivere a Lucca, città natale del grande compositore. Il caso ha voluto che mi sia capitato tra le mani in un momento come questo. Puccini era un compositore che ha vissuto subito la dimensione del suo essere internazionale. Leggendo ho appreso che aveva dei sogni molto alti, pur provenendo da una famiglia tutto sommato abbastanza umile. La madre insistette affinché diventasse organista in una chiesa importante di Lucca. Fu lei a credere nel suo talento e grazie a un sussidio della regina Margherita ebbe la possibilità di frequentare il Conservatorio di Milano”.
Anche nella sua vita la figura materna è stata fondamentale.
“Mio padre mi ha dato tanti consigli preziosi, ma è stata mia madre quella che ha sostenuto e incoraggiato il desiderio e la volontà di affrontare studi classici. Ho fatto otto anni di Conservatorio. La maestra a cui ero legatissimo venne a mancare a causa di un brutto male. Lo shock fu così grande che abbandonai il mondo accademico e decisi di spostarmi sul blues. Non mi sentivo di continuare con un altro insegnante. Non escludo però prima o poi di completare gli studi, e non certo per essere chiamato maestro”.
Senza il blues non ci sarebbe il jazz, il rock, il pop, la techno, il drum’n’bass e molto altro ancora…
“Il blues è prima di tutto una cultura, anche nel rispetto di quello che ha rappresentato per secoli di deportazione. Il blues è un racconto popolare, così come lo sono i canti antichi che troviamo in tante regioni del nostro Paese”.
Il blues si ricollega allo stride piano, uno dei principali elementi di lunga durata del piano jazz a lei molto caro.
“Nell’ascolto sono stato un grande ammiratore e fruitore. Non sono mai stato però un purista di questo stile. Le mie canzoni e le mie composizioni sono state influenzate parecchio dallo stride anche se ho elaborato un modo personale di suonarlo. Non l’ho mai proposto alla maniera di Fats Waller, J.P Johnson, Willie Smith. Ho preso quello che mi piaceva, come ad esempio la poliritmia sulla mano sinistra, o l’alternanza tra mano destra e sinistra alla Erroll Garner, che crea un effetto quasi inciampante”.
Un altro anniversario che cade nel 2024 riguarda i 50 anni dalla morte di Duke Ellington. Puccini ed Ellington furono entrambi degli innovatori.
“Attraverso alcune opere Puccini ha trasformato il linguaggio del melodramma ed Ellington era un musicista di impronta classica che ha cambiato nel jazz il modo di comporre e orchestrare la musica. Entrambi geniali e all’avanguardia. L’opera e la musica classica hanno spesso influenzato il mondo del jazz. Louis Armstrong, ad esempio, diceva di ispirarsi ai tenori rossiniani, e nel più grande successo di John Coltrane,” A Love Supreme”, le scale poggiano sulla atonalità di Bela Bartok”.
Raphael Gualazzi e la musica da film.
“E’ un mondo che mi affascina da tempo. Nel 2015 ho scritto la colonna sonora per un film di Pupi Avati e un anno fa un’altra per un cortometraggio intitolato “Mi pequeno Chet Baker” girato da un giovane regista spagnolo che si chiama Mauro Diez. All’inizio dell’anno invece è uscito per Cam Sugar un Ep dal titolo “Dreams in Jazz” in cui ho rivisitato temi di Trovajoli, Piccioni e Umiliani.