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Paesaggi all’improvviso

Di Antonio Pintus
15/09/2024
in Divagare, Fotografia, Rubriche
Tempo di lettura: 15 minuti

Divagare e vagare. Vagare e divagare. Divagare è anche vagare.

Perché vagare può anche essere “sinonimo” di ricercare. Ricercare, infine, può includere persino un certo tentativo di provare a raccontare il paesaggio. Un preciso tipo di paesaggio.

Paesaggi all’improvviso.


Se spogliamo la Sardegna dalle tradizioni, dai carnevali, dai monumenti, dal cibo, dalle belle spiagge, dal mare, dai mestieri, dagli animali, dalle sagre, dai luoghi da cartolina, tutti ampiamente sacrificati al dio Io-c’ero e continuamente fotografati, non rimane che uno straordinario, anonimo, permeante, invadente, banale quotidiano costituito da paesaggi antropizzati sorprendenti, spesso del tutto scollegati da quell’enumerazione di cliché e di contesti di cui sopra.

Il vagare implica il raccogliere, quando ci va bene: un ricercare seguito dal trovare, fotograficamente parlando. Così si prende coscienza del territorio e delle vicende umane e non. Si applica l’operazione di imbalsamare il passato ma ancor più il presente, senza il tremendo sforzo però di voler immaginare troppo il futuro, ossia quel che sarà o che potrebbe essere. Anche perché oggi è già passato e domani corre via, in questi tempi post-moderni ai quali ci siamo arresi. E il paesaggio lo racconta. Esso oggi è, dopodomani non più.

Ed è sempre con riferimento alla fotografia e al vagare che nacque così il mio progetto a lungo termine: Sudden Landscapes – Paesaggi all’improvviso. Paesaggi veri, trovati o ricercati, vestiti di quella bellezza sciupata del banale, nelle cose che ci sono, basta guardarle.
Sudden Landscapes è un progetto in continua evoluzione e raccoglie il frutto del mio girovagare per la Sardegna. L’Isola, con le sue campagne spettinate e i non luoghi antropizzati, tipici di una terra antica con tendenza alla depressione e allo sfruttamento, spesso trascurata ma bellissima sempre. Sudden Landscapes è forse un non-progetto, che vuole in qualche modo raccontare l’Isola, senza però suggerire mai nulla.
Mi muovo quindi discretamente, in questa parte di mondo in mezzo al Grande Verde, con una pesante consapevolezza: quella di non essere un artista, né un fotografo (anche se fotografo, vedo, guardo, premo un bottone, click!) né un documentarista. Nobili professioni.

Quindi vago, trovo, ricerco, leggo, mi oriento, fotografo – dicevo – senza volontà alcuna di indurre preconfezionate didascalie nei pensieri di chi guarda queste immagini.

Durante questi ultimi anni, ho portato a casa immagini di edifici decadenti, fotografie di strade, di piazze, scorci, di pali, pietre, nostalgie, di idee e progetti abbattuti e sbattuti a terra dalla Storia e materializzati nei territori; di violenze inflitte al paesaggio, di armonie varie in colorati o opachi contrasti, di trascuratezze, abbandoni e staticità, di detriti di sogni post-industriali, ancora duri a morire, in questo strano periodo in cui i sardi si fanno condizionare da una parte dei media, attraverso un amore indotto per la propria isola mentre, con una mano, nascondendola, si butta la spazzatura a bordo strada o nelle campagne. Strani tempi, questi.

Ma questa era una divagazione, l’ennesima, su strade sterrate. Torniamo sull’asfalto.

Ogni luogo ha, per me, associati un’emozione e un sentimento ben precisi, non per forza condivisi o di tale rilievo da alimentare dibattiti. In queste fotografie non posso mai azzardare risposte: sarebbe già un successo se riuscissi a dare origine a una stuzzicante voglia di fare domande. In alcuni di questi luoghi ho provato disagio, in altri stupore ed entusiasmo, in altri ancora ho sentito il carattere delle stagioni, i colori, gli odori e qualche volta i profumi; in molti di questi ho sentito l’eco della Storia e voci antiche dentro i toponimi, mentre in diversi luoghi ho provato vergogna e anche dolore. Quasi sempre mi ha accompagnato l’idea di una fotografia già presente nitida dentro la mia testa. Tante volte il silenzio, che quando soffia forte mi fa tremare come scosso dal vento.

Continuerò perciò così – penso – a ricercare vagando e divagando, con una macchina fotografica in spalla (a proposito: troverò Metalla?). Tornerò con qualche fotografia in più e con altre quattro parole. E tutto userò, con modestia e curiosità discreta, per continuare ad illudermi di essere libero e di far parte di una terra pietrosa, di un’isola e di un pezzetto di mondo dal paesaggio in perenne cambiamento.

Non sempre in meglio.

Post Scriptum: da una selezione di fotografie di Sudden landscapes è nato poi il mio libro di fotografie “Percorsi Laterali”, pubblicato nel 2022 da Psicografici Editore.

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