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Michele Todde da Tonara, il francescano che salvò gli ebrei dalla camera a gas

Di Maurizio Pretta
26/01/2023
in Comunicazione e società, Cultura
Tempo di lettura: 7 minuti
Michele Todde da Tonara, il francescano che salvò gli ebrei dalla camera a gas

Una vita quanto mai intensa e avventurosa quella di Michelino Todde. Una vita cominciata fra i monti del Gennargentu e conclusasi in Assisi, dove passò la maggior parte dei suoi anni da santuarista dei frati conventuali. Una vita di “umile fra gli umili” spesa in pieno spirito francescano a servizio dei poveri, dei bisognosi e degli ultimi, fra la tempesta di due guerre mondiali e con un’amore viscerale per la terra natia conservato fino all’ultimo sospiro. In mezzo l’altruismo e il coraggio, nell’adoperarsi dopo l’8 settembre del 1943, assieme a un ristretto gruppo di persone, per salvare dalla deportazione e dalla camera a gas almeno trecento ebrei. Un Giusto fra le Nazioni che a ottant’anni di distanza aspetta ancora un albero nel giardino di Yad Vashem.

Tonara

La via di San Francesco

Michelino Todde nasce a Tonara nel 1882. Rimasto ben presto orfano di entrambi i genitori cresce sotto la tutela dello zio Pietro Carboni in quel periodo rettore parrocchiale nella vicina Desulo. Il contatto con la povera gente di montagna e la natura circostante lo portano a scegliere come modello di riferimento Francesco d’Assisi, opzione che lo spinge a maturare la vocazione per la vita religiosa e ad intraprendere non ancora diciasettenne la strada verso il sacerdozio.

Compie i primi passi del noviziato nel Collegio Francescano di Oristano che abbandona precocemente, dopo aver contratto una febbre malarica che lo riduce quasi in fin di vita, per raggiungere i frati conventuali di Santa Maria di Betlem a Sassari, città con la quale rimarrà legatissimo per tutta la vita. Qui prenderà gli ordini minori e maggiori per poi cantar messa nuovamente in Oristano, nel settembre del 1908.

Destinato in un primo momento ad Assisi, accetta la via della missione in Brasile, nello stato di Minas Gerais, dove però rimane appena sei mesi. Terminata l’esperienza americana fa rientro in Umbria per restarci fino al maggio del 1915, quando assieme a due chierici novizi viene richiamato a prestare il servizio militare come cappellano e ben presto mandato al fronte dove sarà destinato al 151esimo Reggimento fanteria della Brigata Sassari. “Sardo fra i sardi – così lo ricorda Giuseppe Tommasi – come un cuor d’oro che dà ogni mese il suo stipendio ai soldati e ogni giorno in trincea fa la visita al reggimento, avendo perennemente a fior di labbro un sorriso o una facezia, versando da bere ai soldati”. Nei caotici giorni della disfatta di Caporetto viene catturato dai soldati tedeschi nelle vicinanze di Codroipo e deportato nei campi di Scwarmstadt e Callelager per poi essere internato in un convento francescano della Germania meridionale.

Al termine del conflitto, padre Michele rientra in Italia e viene destinato a Roma nella chiesa dei XII Apostoli. Anche stavolta il soggiorno è breve. Nel 1919 il vescovo di Tempio Pausania, una sua vecchia conoscenza, il francescano Giovanni Maria Sanna, si trova ad affrontare una delicata situazione in un centro della Gallura che sta vivendo un periodo complicato in campo amministrativo, sociale e religioso. Monsignor Sanna chiede al padre tonarese di assumere la guida della parrocchia per riappacificare il paese. Michele Todde accetta e prende in consegna la chiesa di Santa Teresa di Gallura, dove rimane per sei anni, riuscendo nel delicato incarico affidatogli dal vescovo di riconciliare la popolazione.

Padre Michele Todde (per gentile concessione di Costantino Floris)

Sulla tomba del santo

A metà degli anni Venti è nuovamente ad Assisi. Attento, generoso, affabile, estroso si dedica alla predicazione, all’educazione della gioventù e all’assistenza degli ammalati e dei reclusi nelle carceri. Appassionato della cultura e della tradizione della Sardegna per la quale conserva un profondo legame d’affetto, si appassiona di linguistica, cultura cristiana, musica e arti figurative e negli anni pubblicherà diversi opuscoli e articoli in merito.

Assisi, il convento dei francescani negli anni Trenta del secolo scorso

Negli anni Trenta diventa il santuarista della basilica di San Francesco e spetta a lui accogliere i fedeli, i pellegrini e anche i turisti. Chiunque in quel periodo visita Assisi può incontrarlo con il breviario sotto braccio e il suo inseparabile basco tirato all’indietro. È così che Michele Todde entra in contatto con i primi esponenti delle famiglie ebraiche. Dopo la promulgazione delle leggi razziali del 1938 diversi ebrei vengono internati in alcuni piccoli paesi fra Perugia e Assisi. Il francescano tonarese, dotato di una spiccata sensibilità al dialogo, fa amicizia con alcuni di essi provenienti da Padova, Fiume e altri triestini originari di Zagabria. Fra loro c’è Primo Cohen, che preoccupato della brutta piega che sta prendendo la situazione per le genti di culto giudaico e per i venti di guerra che presto porteranno l’Europa alla catastrofe, strappa a padre Michele la promessa di ottenere aiuto e protezione per la sua famiglia, qualora le circostanze precipitassero e gli ebrei venissero perseguitati.

“Forza venite gente”

Nel 1943 Assisi, dichiarata città ospedaliera, è colma di sfollati e profughi fuggiti dalle bombe e dalle zone di guerra. Con l’occupazione nazista seguita all’armistizio dell’8 settembre l’opera di soccorso a quelli di origine ebraica si fa più delicata e urgente. Chi viene catturato è destinato ai campi di concentramento. È allora che padre Todde tiene fede alla sua promessa accogliendo Giorgio Cohen, fratello di Primo, la sua famiglia e quelle dei Baruch, Kropf e Gelb provenienti da Zagabria.

Il frate sardo ha il delicato e rischioso compito di ricevere per primo i richiedenti soccorso. Per chi giunge in città spinto dalla disperazione, la tomba del Santo è il primo punto d’approdo e Padre Michele vi si fa trovare per ascoltare i bisognosi e per provvedere nella più totale discrezione a sistemare gli ultimi arrivati. Ma è soltanto il primo anello della catena di un‘organizzazione clandestina creata nella città francescana dal vescovo Giuseppe Placido Nicolini. Ne fanno parte il guardiano del convento di San Damiano fra Rufino Nicacci, il canonico don Aldo Brunacci, giovane sacerdote della cattedrale di San Rufino ad Assisi, ai quali padre Michele indirizza le famiglie ebraiche; la superiora delle Clarisse Colettine suor Helene e quella delle Clarisse di San Quirico suor Giuseppina Biviglia. Una volta trovata adeguata sistemazione nella zona della città francescana si provvede alla fornitura di documenti e tessere annonarie false stampate dai tipografi Luigi e Trento Brizi, padre e figlio, con una vecchia macchina a pedale Felix. Altri anelli importanti di questa catena sono il ciclista Gino Bartali, già popolarissimo allora, che fingendo di allenarsi percorreva centinaia di chilometri trasportando i documenti falsi nella canna della sua bicicletta e il medico colonnello della Wehrmacht, Valentin Müller.

“Noi ebrei rifugiati ad Assisi non ci dimenticheremo mai di ciò che è stato fatto per la nostra salvezza. Perché, in una persecuzione che annientò sei milioni di ebrei, ad Assisi nessuno di noi è stato toccato” (Emilio Viterbi, docente di chimica all’Università di Padova)

Nel giardino dei giusti manca un albero

Grazie a questa piccola associazione segreta, circa trecento persone di origine ebraica ebbero salva la vita. Il Museo della memoria, Assisi 1943-1944 inaugurato il 24 marzo 2011 ne custodisce i ricordi e la città di Assisi ha ricevuto la medaglia d’oro al valor civile da parte del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Assisi. Sezione del Museo della Memoria dedicata a don Aldo Brunacci

Nel decennale della Liberazione, Padre Todde ricevette da parte di quaranta ebrei triestini un attestato di eterna riconoscenza e la medaglia d’oro della Comunità Ebraica di Trieste, per aver “con cristiana bontà e sfidando ogni rischio”, protetto e salvato diversi di loro, dalle persecuzioni del 1943 e 1944. Inspiegabilmente a differenza di quasi tutti i protagonisti di questa coraggiosa storia, padre Michele non è stato ancora inserito nell’elenco dei Giusti tra le Nazioni, onorificenza rivolta ai non ebrei che hanno agito in modo eroico, a rischio della propria vita, per salvare anche quella di un solo ebreo dal genocidio nazista. Ottant’anni dopo sarebbe cosa buona e giusta che chi di dovere provveda affinché l’albero di padre Michele venga finalmente piantato nel giardino di Yad Vashem.

In virtù di ciò si sta mobilitando anche la comunità di Tonara che il 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, ricorderà padre Michele Todde con una serie di eventi. Domenica invece sarà la volta di Assisi che lo farà nella basilica di San Francesco.

Michele Todde si spense nella pace del suo convento di Assisi il 24 settembre del 1972, dopo aver vissuto pienamente la sua missione francescana e umana con gioia e umiltà, senza mai scordarsi di essere, come amava definirsi, “sardu in anima e coro”.

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