Quanti spazi nelle nostre città sono terra di nessuno? Erbacce, muri scrostati, anonimia sono un paesaggio a cui spesso ci abituiamo e che, senza rendercene conto, lavora dentro di noi e ci rende meno sensibili, spostando l’asticella del brutto sempre più in basso. A Milano nasce invece un bell’esempio di rivisitazione di uno spazio pubblico: nel quartiere Isola, una di quelle aree residenziali che negli ultimi vent’anni è stata oggetto di straordinarie modifiche architettoniche e sociali, è stato inaugurato un sistema virtuoso totalmente privo di barriere architettoniche che comprende un’area pedonale, un parco con siepi, fiori e alberi che nascondono rifugi per insetti impollinatori e che potranno dare asilo a specie animali urbane che vedono il loro habitat sempre più ridotto.
È un progetto che guarda al futuro quindi, e che rivela tante altre sorprese, come un’area ginnica con attrezzi utilizzabili da persone con disabilità motorie, perché la vera inclusione va oltre l’accessibilità degli spazi e deve, giustamente, spingersi affinché ci si possa davvero sentire parte di un luogo e realmente viverlo. A completare il progetto, ideato da Visa in collaborazione con il Comune di Milano, un enorme murale realizzato dal collettivo milanese Orticanoodles dedicato alla celebre interprete Aida Accolla. L’uso del colore, il dinamismo dell’opera, il senso dello spazio non sono gli unici pregi di quest’opera che si ispira al ritratto dell’étoile scolpito da Francesco Messina. Le vernici con cui è stata dipinta, infatti, sono fotocatalitiche e sfruttano la luce per abbattere agenti atmosferici inquinanti migliorando la qualità dell’aria.

Ne abbiamo parlato con Matteo Muggianu, architetto di Cagliari che lavora a Milano dal 2008 e residente proprio nel quartiere Isola.
La sfida della sostenibilità è l’ultima frontiera che si chiede a voi architetti? Come dire, il vostro contributo al minor impatto possibile?
Di sicuro la sostenibilità ambientale già da diversi anni rappresenta un concetto essenziale nel mondo dell’architettura, questo per vari motivi legati sia ad una più generale sensibilità ed educazione al tema che ad un conseguente interesse del mercato immobiliare. Tutto ciò si manifesta non solo con il rispetto di normative sempre più mirate: oggi sono gli stessi clienti e sviluppatori immobiliari che richiedono un approccio al progetto che sia il più rispettoso possibile dell’ambiente e della qualità della vita delle persone. C’è da aggiungere che al giorno d’oggi la progettazione architettonica è un processo molto articolato e che richiede il coordinamento di differenti discipline specialistiche, ognuna delle quali fornisce il suo contributo alla sostenibilità. Capita anche di realizzare progetti con specialisti di discipline totalmente differenti quali sociologhi, psicologi, esperti in biotecnologie, paesaggisti: si capisce che anche il termine “sostenibilità” diviene più mutevole e si ramifica nel campo ambientale, sociale, economico e del paesaggio. Diciamo che bisogna trovare un sistema per far danzare questa strana marionetta in un ambiente sempre più complesso da attraversare e interpretare.
Pavimentazione drenante, vernici fotocatalitiche, aree verdi e pedonali aiutano a decongestionare le città. Cos’altro si può fare?
Tutte le tecnologie da te citate sono certamente utili e già largamente impiegate. Oltretutto proprio a ridosso del quartiere Isola di Milano è stato costruito l’ormai famoso Bosco Verticale che ha creato un nuovo immaginario per pensare alla torre abitativa, in cui la presenza del verde non è solo una mera questione di standard urbanistici ma diviene un vero e proprio elemento architettonico. Quello che spesso manca però è una programmazione e un’organicità delle scelte che si fanno a monte di un progetto, sin dal momento della pianificazione urbana: non può e non deve essere la sola soluzione tecnica a dare la “medaglia di sostenibilità” ad un progetto che andrà ad avere un certo impatto sugli abitanti. Che si parli dell’edificazione di un edificio per uffici, di un parco o di un viadotto, oggi come non mai è fondamentale che ognuno di essi venga visto come un tassello di una realtà urbanizzata in cui è necessario abbattere l’utilizzo del suolo, ponderare l’utilizzo di materiali di natura fossile, controllare la filiera dei materiali e in cui torni ad essere centrale l’equilibro e la proporzione tra spazi costruiti e non costruiti, tra le attività che vi si svolgono e quelle ancora da inventare: questi ultimi sono temi in cui mi pare l’italia abbia una certa tradizione! Parlando di tecnologie, sicuramente il riutilizzo di manufatti esistenti, il preferire sistemi costruttivi che favoriscano il disassemblaggio e il riciclaggio dei materiali edili sono tutte pratiche che si muovono nella direzione della sostenibilità ambientale. Queste però devono andare di pari passo ovviamente con scelte politiche mirate e lungimiranti, come ad esempio la promozione di modelli di mobilità alternativi.
Isola è il tuo quartiere, è un luogo al centro di molti cambiamenti, anche piuttosto alla moda, pensi sarà un esempio per altre aree milanesi e che sia esportabile in altre città come Cagliari?
È sotto gli occhi di tutti, basta seguire le notizie sia di cronaca che di costume nazionali, che Milano da circa 25 anni stia vivendo dei cambiamenti che la stanno portando ad essere tutta un’altra città rispetto al passato. Questo per motivi di natura diversa, sia socioeconomici che politici. È ovvio che tutto ciò è stato in parte favorito dagli investimenti per i grandi eventi che ha ospitato e che si prepara ad ospitare, come ad esempio Expo 2015 o i prossimi Giochi Olimpici Invernali. Nuove infrastrutture e nuovi quartieri vanno di pari passo a politiche urbane che negli ultimi anni hanno guardato con smaccato interesse i cosiddetti “city users” e cercato di promuovere una città progressista e al passo coi tempi, in contrasto con il vecchio immaginario della severa, grigia e laboriosa Milano. Inevitabilmente tutto ciò ha portato a dei grossi problemi legati alla gentrificazione con conseguenti problemi legati alla sicurezza e alla bolla immobiliare. Questo è quello che è successo anche all’Isola, un vecchio quartiere operaio che in poco tempo è passato dal luogo in cui sono nate alcune delle realtà culturali e di associazionismo più interessanti a livello nazionale (e non solo) al rappresentare una delle 10 mete più cool al mondo secondo la rivista inglese Time Out. Chiaramente riprodurre altrove un mutamento così radicale e rapido è molto difficile, però osservando Cagliari mi viene da pensare a come la mia città sia cambiata negli ultimi 25 anni. Ci sono zone che sono un po’ decadute (penso a via Dante) ed altre che invece hanno trovato una nuova vita, come la Marina. Pensiamo a com’era la via Sulis: nel tempo alcune attività ed idee che venivano abbastanza “dal basso” hanno convinto anche altre attività imprenditoriali ad investire, un po’ quello che è successo all’Isola. A Cagliari ad esempio i diversi rioni hanno un’identità ed un senso appartenenza molto forte. E’ la condizione ideale per sperimentare ed immaginare modalità in cui abitanti e piccoli e medi imprenditori possano fare rete per preservare le peculiarità e creare opportunità di lavoro. Così nascono rioni e quartieri più curati, più sicuri e, sotto molti punti di vista, sostenibili!