L’architetto Giò Ponti la definì come una “pittrice cantastorie” perché con il pennello sapeva raccontare favole, dipingere parole, far rivivere miti e leggende. Questa è stata Edina Altara, artista poliedrica e autodidatta, che ancora giovanissima aveva la capacità di stupire, prologo di una carriera che l’avrebbe consacrata fra le muse della creatività del Novecento. La sua coloratissima vicenda è stata riscoperta e portata in auge da negli ultimi lustri attraverso diverse iniziative alle quali si aggiunge ‘Mondi di carta’, la mostra omaggio curata da Alice Deledda e Laura Fortuna. Inaugurata ieri alla Galleria Siotto di via Dei Genovesi 114 a Cagliari, sarà visitabile sino al 23 dicembre, dal giovedì alla domenica, dalle 18 alle 20.

Correva l’anno 1917, forse il peggiore dell’Europa sconvolta dalla guerra, che si sarebbe concluso per l’esercito italiano con la rotta di Caporetto. Ma in marzo, in via Borgonuovo a Milano, nell’elegante sede del Lyceum femminile di palazzo Venino, si respirava un’aria diversa. Il circolo in quei giorni era stato trasformato letteralmente nel paese dei balocchi e una piccola mostra del giocattolo veniva presa d’assalto da frotte di bambini e bambine chiassosi che, in quel paradiso dell’infanzia allestito da un gruppo di artisti e studiosi che orbitavano attorno alla rivista ‘Pagine d’Arte’, si trovavano perfettamente a loro agio.
In qui giorni, adulti e piccini venivano attratti da un piccolo mondo di originali figurine di carta create da una ragazza sarda fino ad allora praticamente sconosciuta, Edina Altara. Fu questo il battesimo nel mondo delle arti figurative della giovane sassarese che subito dopo poté esporre le sue creazioni alla Mostra Sarda organizzata dal pittore Giuseppe Biasi nella Galleria Centrale d’Arte di Palazzo Cova a Milano e alla XIX Mostra della Società degli Amici dell’Arte di Torino, nella quale il collage ‘Nella terra degli intrepidi sardi’ venne acquistato dal Re Vittorio Emanuele in persona.
Un successo fulmineo dovuto all’apprezzamento del pubblico e alle segnalazioni entusiastiche di critici e addetti ai lavori come Margherita Sarfatti, Lidia Morelli, Vittorio Pica, Ugo Ojetti, Leonardo Bistolfi, Corrado Ricci e Raffaello Giolli che le dedicò la copertina di ‘Pagine d’Arte’ e ben quattro pagine illustrate. Anche Pica scrisse di lei sulla rivista d’arte ‘Emporium’ di luglio, augurandosi che Edina Altara possedesse il buon senso e la forza di carattere “di non lasciarsi ottenebrare il cervello dagli inebrianti fumi del vino spumante della lode, che in troppe coppe giornalistiche l’è stato offerto durante le settimane da lei trascorse a Milano”.
L’auspicio si rivelò azzeccato e da allora la vena artistica dell’Altara trovò sfogo in una lunga e larga produzione dove ebbe modo di esprimere il suo talento e il suo gusto istintivo: dai disegni per periodici come ‘Il Giornalino della Domenica’ o per riviste patinate come ‘Bellezza’ o ‘Rakam’; a calendarietti profumati, cartoline da colorare, ideate per un progetto benefico curato da Paola Lombroso Carrara, sino alle novelle illustrate della celebre collana di ‘Zia Mariù‘, alle copertine dei libri e a L’Art déco.
Di Paola Lombroso Carrara ci siamo occupati l’anno scorso raccontando la sua permanenza cagliaritana tra Ottocento e Novecento e alla sua attività con le biblioteche rurali. Leggi anche Piccioccus de Crobi: i monelli cagliaritani e quell’ infanzia rubata dalla miseria
Alla vigilia dei quarant’anni dalla morte, l’esposizione, realizzata con il contributo della Direzione Generale Educazione Ricerca e Istituti Culturali del Ministero della Cultura, Assessorato alla Pubblica Istruzione della Regione Autonoma della Sardegna, Servizio Cultura del Comune di Cagliari e Fondazione di Sardegna e curata da Alice Deledda e Laura Fortuna celebra la poliedrica artista sarda, simbolo anche di emancipazione femminile, con una settantina di sue illustrazioni realizzate tra gli anni Venti e Cinquanta e riconducibili a tre grandi temi: moda, bellezza, infanzia. Gran parte dei materiali in esposizione provengono dalla collezione privata di Federico Spano, pronipote di Edina Altara. Altri pezzi, invece, sono di proprietà di Laura Fortuna.
Perché visitare questa mostra? Lo abbiamo chiesto alle curatrici con una piccola videointervista.