Antonio Marras è ormai da sempre legato indissolubilmente a concetti profondi che si traducono in parole come radici, viaggio, consapevolezza. Ogni sua creazione trattiene e dona al pubblico una parte di quella sensibilità particolare che ha saputo renderlo così riconoscibile e apprezzato nel mare magnum della moda italiana.
Lo stilista algherese omaggia ancora una volta la Sardegna alla Milano Fashion Week 2024 con la sfilata andata in scena mercoledì 21 febbraio, dedicata a Carmelo Tedeschi, tra i primi designer del laboratorio Marras ad Alghero, e lo fa con la consueta eleganza a cui ci ha abituato, tenendo alto il vessillo della bellezza non come mero status bensì come valore di appartenenza e di crescita personale.
Chi lo conosce sa che una sfilata non è mai solo una sfilata ma piuttosto uno spleen di cui entra a far parte e da cui ci si lascia facilmente avvolgere grazie alla cura estrema dell’atmosfera e di tutti quei dettagli che fanno capire di assistere a un evento unico.
E come sempre sembra di essere in una favola, stavolta però basata sulla nostra storia. C’è una torre, ricoperta dal verde, con finestre ariose che guardano da ogni lato e porte spalancate che possiamo immaginare aperte ai contributi del mondo, alle contaminazioni, alle stratificazioni culturali che hanno reso l’Isola terra di passaggio, di commerci e di invasioni. Altrettanto facilmente immaginiamo che questa torre sia l’Isola stessa, esposta ai cambiamenti e fustigata dalle sconfitte eppure così tenace e certamente foriera e interprete di conquiste.
Una di queste è la Carta de Logu, il testo giuridico che la giudicessa Eleonora d’Arborea, vissuta tra la metà del 1300 e i primi del 1400, ha promulgato e adottato in tutto il regno di Sardegna, rendendola finalmente unita, per la prima volta, sotto la sua prospera guida. Un documento illuminato e illuminante che rivela tutto l’amore per questo luogo considerato confine del mondo e che è rimasto in vigore fino al 1827. Tra le sue pagine capitoli importanti sono quelli dedicati alla difesa delle donne oltraggiate, alla non obbligatorietà del matrimonio riparatore se non per scelta della donna offesa, alle severe punizioni destinate agli incendiari che devastano e dimostrano ingratitudine, alla restituzione della libertà ai servi della gleba, emancipati, finalmente, da un giogo sociale che ne faceva degli schiavi.
Omaggiamo la nostra Judicissa, grande giurista illuminata e attiva sostenitrice dei diritti delle donne.
Eleonora d’Arborea fu questo, e tante altre cose, un’amazzone, una regina moderna, una donna innovativa e necessaria per trovare un’unità che oggi fatichiamo a scorgere. La sua figura così complessa e universalmente amata ha ispirato la collezione autunno/inverno 2024, presentata alla settimana della moda di Milano nello Spazio Antologico, così ampio da contenere tutto il mondo creato da Marras.
A introdurre la sfilata, con la direzione artistica di Paolo Bazzani, è il bel dialogo attoriale tra Filippo Timi (il falconiere) e Anna Della Rosa (Eleonora), tra i volti più interessanti dell’attuale panorama cinematografico e teatrale, custodi di quella casa che guarda gli orizzonti, voci e corpi di un’identità viva e in movimento.
Cominciamo col dire che la sontuosità degli abiti proposti da Marras non è mai scontata, neanche quando ricorre al suo ben noto vocabolario personale fatto di ricami preziosi, di inserti e sovrapposizioni di tessuti e stampe che spaziano dal camouflage al floreale fino a spingersi nel geometrico, di punti luce che sfidano il buio di outfit completamente neri, perché perennemente in cerca di un’eleganza mai banale, in equilibro costante tra regalità e decadenza.
Ci sono l’ocra, il nero, il rosso, il verde, l’oro e l’argento ad alternarsi in una danza aggraziata e solenne, con sfumature ricercate, compenetrazioni di colori che ricordano la terra, la natura, la leggerezza dell’aria.
Ai capi maschili in apparenza più sportivi, come maglie e felpe, si mescolano cappotti oversize con occhielli e anelli che li rendono più eleganti e contemporanei, ibridati tra praticità e gusto per la ricercatezza. Strascichi, asimmetrie, accostamenti di fantasie punk e goth chic fugano la banalità del quotidiano per incontrare lo straordinario. Ed è da qui che la controparte femminile attinge a una solennità mai noiosa e statica: ci sono broccati, veli, pizzi, il pied de poule e il tartan, di cui lo stilista algherese fa un uso eccellente, che rendono la collezione molto varia, seppur coesa, e in gran parte fluida, conferendo un tocco di aggressività misurata. Micro giacche arricciate o ampi caban avvolgono le modelle svelando, in un gioco di pieni e vuoti, la pelle nuda. Tutto appare moderato anche negli eccessi, come nel viso della modella carica di piercing, perché è nell’eccesso che si percepisce il gusto.
Abiti come armature, come fortezze mobili, copricapi che paiono elmi incedono sulla passerella tra la musica, le parole evocative e il verso del falco, animale caro a Eleonora e che ancora abita la nostra terra.
Così lo spirito guerriero, il senso di giustizia, l’emancipazione necessaria per l’evoluzione sana di ogni individuo, e per cui la giudicessa lottò e che regalò alla sua Isola per lungo tempo, trovano nuovi spazi e nuovi modi per esprimersi, per manifestare una natura indomita e soprattutto per ricordarci chi siamo stati e chi possiamo essere.