Ti mando in Sardegna! L’antica minaccia che veniva rivolta ai soldati è ciò che è capitato al maresciallo Mirko Stankovic. Lui, un veneto trapiantato a Cagliari per via del lavoro del padre ha la predisposizione a trasgredire regole ed etichetta e si ritrova, di conseguenza, catapultato tra i paesini della Barbagia e della Baronia, in una sorta di esilio professionale che promette noia e ancora noia. E invece accade che in uno di questi paesi in cui non succede mai niente si scateni una spirale di violenza che affonda le sue radici addirittura in un sequestro di persona che risale a cinquant’anni prima e che coinvolge una famiglia in vista e diversi personaggi dai contorni sfuggenti.

Questa è la trama di “Mantene s’odiu, ricordati di odiare”, terzo romanzo di Elias Mandreu, pseudonimo di un collettivo composto da Andrea e Mauro Pusceddu e da Eugenio Annicchiarico. Il collettivo ha partecipato anche alle antologie Giallo Sardo e Giallo sardo 2, curate da Francesco Abate e edite da Piemme, mentre per Il Maestrale ha firmato “Nero Riflesso” (2009), vivido noir ambientato in una cittadina grigia e senza nome, dove una serie di tremendi delitti costringe il protagonista a misurarsi col male e “Dopotutto” (2010).
Il genere giallo conosce da qualche anno un tempo felice nella nostra isola assolata. Forse perché più la luce picchia forte più le ombre si proiettano fitte abbracciando luoghi e persone. Con uno stile piacevolissimo i tre autori ci guidano alla scoperta di una Sardegna ben lontana dalle cartoline proposte ai turisti, ci fanno scendere con loro negli anfratti, nelle grotte umide e asfittiche, ci fanno graffiare con i cespugli di rovi e sentire l’odore acre e pungente del sangue che come ferro liquido appesta l’aria.
Via i cliché, finalmente, sulla vita idilliaca in Sardegna: i trasporti sono una seccatura, la gente mormora troppo, il latitante non è un è affatto un sex symbol su cui riversare fantasie proibite e Stankovic dichiara, senza esitazione, che non vede l’ora di andarsene. Troppa diversità culturale, che noi sappiamo essere una ricchezza a livello teorico ma che nella vita di tutti i giorni si concretizza in piccoli e grandi attriti.
La squadra di Stankovic è composta da persone molto credibili e caratterizzate, e così anche gli altri personaggi che ruotano all’interno di una trama fitta e nera come una notte in montagna.I paesaggi sardi sono raccontati con onestà e in generale luoghi e cose sono descritti senza caricarsi di simboli e di riferimenti identitari superflui e superati. La scrittura, agilissima, fa scorrere le pagine una dopo l’altra, con la rapidità di un film.
Il risultato è un tuffo in una Sardegna che, seppure non del tutto inedita, è restituita al lettore con concretezza e sentimenti contrastanti. Non si parla d’onore in senso stretto, anche se la sete di vendetta è il filo rosso sangue che attraversa la trama, ma si parla di miserie, di imperi che crollano, di felicità fugaci e di violenza. Si parla di tutto ciò che ci rende umani e, al contempo, bestie feroci.
(La foto in evidenza è di Simona Soro)