Ironia. Cara e dolce ironia. Insomma, dolce mica tanto: talvolta la fai, talvolta la subisci. In entrambi i casi non rimani indifferente. Valeria Pusceddu in arte Valo dell’ironia ha fatto caposaldo e marchio di fabbrica, tanto da diventare una delle più brave e apprezzate stand-up comedian del Paese, dando vita a monologhi sferzanti in grado di strappare un sorriso e originare una riflessione. Aspetti, questi, che non mancano nemmeno nel suo esordio letterario ‘’Elogio della lamentela. Quello che Schopenhauer non ha detto”, uscito il 30 gennaio per New-Book edizioni e che verrà presentato per la prima volta il 27 aprile alle 17 al Centro Commerciale i Fenicotteri a Cagliari in via San Simone.
Una scrittura chiara e dritta al punto, distante dagli orpelli fini a se stessi, e la capacità di porre l’accento su quelle cose, apparentemente, piccole caratterizzano le 112 pagine dell’opera costituita da 14 capitoli a cui si aggiungono una prefazione e una conclusione.
Ventotto anni, nata a Cagliari, Valo diverte e sa divertirsi, senza prendersi troppo sul serio e senza sfociare nella pedanteria che ammorba. Il primo argomento trattato è quello della difficoltà a fare amicizia da adulti, per poi soffermarsi su quanto possa essere complesso il ruolo della modella e svilente l’essere giudicate costantemente. Ironizza, inoltre, su quanto di più bislacco possa accadere nel fare una passeggiata all’aria aperta, così come sul tempo di preparazione di una ricetta riportato su un qualsiasi sito che alla fine non corrisponde mai al tempo effettivo impiegato. Non solo: si parla anche di quanto possa essere pericoloso conoscere il proprio artista preferito e chiacchierarci, evento questo che potrebbe contribuire alla totale rovina dell’immagine che ci si era costruiti a riguardo. Le pagine scorrono fluide, la narrazione è in prima persona e consente all’autrice di intrattenere un dialogo diretto e genuino con chi legge, come se ci si trovasse a uno dei suoi spettacoli. Non mancano anche i frangenti in cui svela inediti lati di sé come quando afferma che da adolescente non si immaginava di stare su un palco in prima persona bensì dietro le quinte svolgendo il ruolo di regista oppure proprio di scrittrice. Le punzecchiature sono dietro l’angolo e tra le più significative spiccano quelle indirizzate verso chi cerca ossessivamente di primeggiare in qualcosa, finendo per diventare vittima dell’ansia da prestazione. Chi odia le lamentele troverà pane per i suoi denti mentre chi si diletta nel rosicare e nel lamentarsi troverà un porto sicuro: d’altronde, come dice lei stessa, sono due attività pure. Chi cerca una definizione per quanto si trova davanti dovrà rassegnarsi: non si tratta, infatti, né di uno struggente racconto autobiografico, né di un saggio, né di un manuale ma, per citare le parole dell’autrice, tutti i fatti raccontati sono decisamente veritieri. E di questi tempi è una fortuna non da poco.
Valo quando hai deciso di cimentarti nella scrittura di questo libro?
Parto da una premessa. La scrittura è una componente fondamentale nel mio lavoro come comica, quindi non era un qualcosa di totalmente nuovo. Inoltre, ho sempre amato scrivere racconti, soprattutto nell’adolescenza. Intorno a marzo dello scorso anno, ho cominciato a scrivere un insieme di riflessioni a tempo perso e andando avanti ci ho preso gusto. Circa un mese dopo sono stata contattata dalla mia casa editrice a cui ho fatto presente che ero a lavoro parallelamente su due progetti, ovvero uno splatter e uno comico. Abbiamo optato per il secondo ed eccomi qui.
Il progetto di genere splatter invece?
Attualmente è conservato negli archivi del mio computer, vedremo in futuro.
Ipotizziamo un incontro impossibile: se avessi Schopenhauer davanti cosa gli diresti?
Beh, non mi metterei di certo a discutere con lui, avere una diatriba con un uomo con il suo carattere non è proprio il meglio. Comunque, alla fine della giostra, gli chiederei se ha fatto il malocchio a Hegel, sarei troppo curiosa di sapere la risposta.
Nel tuo percorso artistico ti sei dedicata spesso ai podcast, prima con ‘’I Pugedos’’ insieme a Sandro Cappai, poi con ‘’Intervalo’’. Come ti trovi in questa veste?
Molto bene, sono decisamente a mio agio. Credo che i podcast siano il futuro, rappresentano un tipo di fruizione personalizzata che impone una soglia di attenzione maggiore rispetto ai contenuti sui social.
Hai collaborato anche con il podcast di Factanza Media ‘’A carte scoperte’’ intervistando personaggi noti come Dargen D’Amico, Angelina Mango, Gigi Datome e molti altri. Cosa ti ha colpito maggiormente di queste personalità?
Devo ammettere che la pressione non era poca, però mi sono divertita moltissimo. Dargen è un personaggio eclettico e virtuoso, di cui sono fan sin da quando militava ai suoi esordi nelle Sacre Scuole, Angelina Mango è dolcissima, molto alla mano e carina con tutti noi. Mi ha colpito particolarmente l’incontro con Gigi Datome che viene da un mondo diversissimo dal mio ovvero quello dello sport: non immaginavo che comici e atleti potessero avere in comune una gran dose di scaramanzia!
Quali sono i tuoi artisti preferiti che vorresti incontrare?
In realtà non so se voglio incontrarli, come dico nel libro è un rischio. Al netto di ciò, sarebbe bello conoscere Sarah Silverman che è la mia comica preferita ma ho letto la sua biografia e posso dirlo: è un personaggio decisamente strambo, non credo ci passerei un sereno sabato sera. Inoltre, sarei curiosa di poter parlare con Chuck Palahniuk che, leggendo alcune sue opere, in particolare ‘’Consider this: Moments in my writing life after everything was different’’, sembra una persona molto umile oltre che geniale e al contempo folle.
Nel libro ti definisci ‘’introversa’’: pensi sia più una virtù o una pecca?
A livello lavorativo può essere un limite perché si tratta di un settore dove devi essere sempre performante. Comunque non saprei, non so come ci si sente da estroversi e preferisco non saperlo. Sto bene così, in fondo.
Un altro argomento che affronti è quello della fama: come vivi la notorietà?
Ci sono pro e contro, nel mio caso più pro che contro non avendo i paparazzi dietro.
Cosa cerchi di trasmettere con la comicità?
Con la mia comicità cerco di fare sentire le persone meno sole e cerco di fare capire che alcuni problemi riguardano tutti. Insomma, provo a dimostrare che tutto sommato ci vogliamo tutti bene.
Proprio tutti?
Più o meno. Ma a distanza, si intende!
Come è stato trasferirsi a Milano?
È stato un passaggio graduale, c’ero già stata per lavoro e per diletto in passato. Milano è una città a suo modo molto empatica che sa trasmetterti tanto.
Nel futuro cosa ti attende?
Non ci sono progetti segreti, mi concentrerò sul libro e sul prosieguo del mio tour. Vorrei, successivamente, riprendere il mio progetto letterario splatter e creare un nuovo podcast, magari soffermandomi di più sull’aspetto della produzione. Vedremo in futuro, per ora non resta che aspettare.