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La bellezza della Cagliari dell’Ottocento e del Novecento in ”Preferisco il rumore del mare” di Antonio Romagnino

Di Mattia Lasio
24/05/2025
in Cultura, Libri
Tempo di lettura: 11 minuti
La bellezza della Cagliari dell’Ottocento e del Novecento in ”Preferisco il rumore del mare” di Antonio Romagnino

“È la poesia che più concorda con la quiete del mare. E alla poesia, come scelta personale, pensavamo quando a questa rievocazione storica, che ha anch’essa soste e riprese, si è dato il titolo metaforico di ‘’Preferisco il rumore del mare’’. Ora sospiroso, ora violentemente affannato”. Con queste parole, che racchiudono appieno il suo significato, Antonio Romagnino nel 2005 ha presentato la sua opera ‘’Preferisco il rumore del mare’’, una delle più significative, ben realizzate e intense sul capoluogo. Un’opera sintetica e al contempo ricca di tematiche affrontate, quella dello studioso, scrittore e giornalista cagliaritano venuto a mancare nel 2011 all’età di 93 anni, che a distanza di vent’anni dalla sua pubblicazione, per la casa editrice CUEC con all’interno 128 pagine, riporta indietro a due fasi fondamentali per la storia del capoluogo e per il suo sviluppo, sotto il profilo culturale, civile e sociale, ovvero quella dell’Ottocento e quello del Novecento, con un’attenzione particolare per il periodo della belle époque.

L’Ottocento

Romagnino nel suo libro passa in rassegna molteplici personaggi, iniziative e luoghi cagliaritano analizzando nei minimi dettagli le personalità che più hanno lasciato il segno nella storia della città, come ad esempio Francesco Ignazio Mannu – autore dell’inno ‘’Su patriota Sardu a sos Feudatarios” componimento di 376 versi diviso in ottave contro la feudalità isolana e contro i Piemontesi. Versi iconici come “Procurade ‘e moderare, Barones sa tirania” pubblicati clandestinamente in Corsica e diffusisi con rapidità in tutta la Sardegna. Da Mannu si passa a Domenico Alberto Azuni e Vincenzo Sulis, il primo definito da Romagnino come colui che ha dato iniziato alla storiografia sarda ottocentesca collaborando con intellettuali di caratura come Ludovico Baylle. La storia, puntualizza l’autore, nel ‘’secolo lungo’’ ricopre per i sardi un maggior interesse rispetto alla letteratura e spiccano studiosi del calibro di Giuseppe Manno definito “il primo vero grande storico sardo”. Tra gli intellettuali che si interessano allo sviluppo degli studi storici sardi vengono menzionati anche il sassarese Pasquale Tola e i cagliaritani Pietro Martini e Vittorio Angius. Tra gli intellettuali su cui Romagnino si focalizza maggiormente risalta il canonico Giovanni Spano, autore anche di significativi studi sulla linguistica, fondatore nel 1855 del Bullettino archeologico sardo. Una figura di grande rilevanza grazie alla quale, come sottolinea l’autore, l’archeologia mitica ed etnica si trasforma in archeologia tecnica e razionale, tramite l’introduzione  del metodo di scavi stratigrafico. 

Menzione degna di nota anche per Giovanni Battista Tuveri, definito “un pensatore solitario” da Romagnino e sulla stessa linea d’onda un “polemista nato, serrato e conseguente nell’argomentare” da Francesco Alziator, di cui si ricordano le accese polemiche con Giovanni Siotto Pintor, accusato di passatismo, e alla famiglia Martini di cui criticava le idee giobertiane. Opere di rilievo menzionate relative a quel periodo sono ‘’La Sardegna sotto il reggimento del Piemonte e dell’Italia’’ e ‘’Cagliari ai miei tempi’’, rispettivamente del 1882 e del 1884, realizzate da Efisio Bacaredda – padre del futuro sindaco Ottone – con lo pseudonimo di Emilio Bonfis. In ‘’Cagliari ai miei tempi”, Efisio Bacaredda affronta il problema dell’edilizia da rinnovare in seguito all’aumento crescente della popolazione, entra poi nei particolari architettonici celebrando soprattutto i balconi e le balconate. Subito dopo, Romagnino passa a uno degli intellettuali  più influenti della storia ovvero Gaetano Cima, nato in piazza Martini, con una formazione nelle scuole che gli Scolopi tenevano a Cagliari nelle vicinanze della chiesa di San Giuseppe a Castello. Dopo alcuni anni trascorsi a Torino per studiare alla facoltà di architettura e a Roma dove frequentò l’Accademia di San Luca, nel 1834 fece ritorno a Cagliari in cui ricoprì il ruolo di docente universitario, dedicandosi alla realizzazione della grande fabbrica dell’Ospedale Civile e alla ricostruzione del Teatro Civico, uno degli impegni più entusiasmanti, seppur faticosi e tormentati del suo percorso.

Particolare attenzione nell’opera viene posta anche sulla storia delle università di Cagliari e di Sassari, con riferimento alla legge Casati del 1859 che aboliva l’università turritana classificando nella seconda categoria quella cagliaritana, insieme a quelle di Genova, Catania, Messina, Modena e Siena. Romagnino sottolinea anche – con un pizzico di polemica e amarezza – che, seppur l’università sassarese venne istituita nuovamente anni dopo, i finanziamenti a lei destinati così come all’università del capoluogo furono inferiori alle reali necessità dei due atenei in quel frangente storico. Dall’ambito accademico ci si posta poi a quello della poesia con l’elogio al bonorvese Paolo Mossa definito il più noto poeta dialettale sardo, c’è spazio anche per il confronto tra la poesia vernacolare logudorese, maggiormente aspra e cupa, con quella campidanese più incline all’ironia e all’umorismo.  Tra gli episodi di cronaca più rilevanti della fine dell’Ottocento viene ricordato, il 17 marzo del 1891, il crollo di un erigendo fabbricato in piazza del Carmine fino a quel momento rimasta fuori dallo sviluppo urbanistico della città che causò cinque morti. Un altro episodio analogo si verificò il 18 aprile del 1899 con il crollo della balaustrata della terrazzina della stazione delle ferrovie dello Stato. Il primo dei due capitoli dell’opera si conclude con l’analisi della stampa e dei quotidiani e periodici fondati in quel periodo come L’Unione Sarda, l’Avvenire di Sardegna, La Vita Sarda.

Il Novecento

Romagnino apre l’analisi del Novecento con la figura di Antonio Scano, considerato come uno dei più importanti scrittori attivi a Cagliari nei primi decenni del ventesimo secolo. Personaggio poliedrico, Scano fondò il settimanale Gioventù Sarda, poi collaborò all’edizione cagliaritana e milanese della Farfalla di Angelo Sommaruga, oltre che a La Stella di Sardegna di Enrico Costa. Oltre alla Gioventù Sarda, fondò la rivista Serate Letterarie e in precedenza Vita di pensiero. L’autore rimarca come, prima di Scano, nessun altro scrittore locale avesse avuto contatti stretti con intellettuali di rilievo oltre Tirreno. Immancabile un accenno anche ad Antonio Gramsci, che visse nel capoluogo dal 1908 al 1911 e per un breve periodo anche nel 1923. Altra figura su cui viene messo l’accento è Raffa Garzia, formatosi tra Cagliari e Bologna, direttore dal 1904 al 1912 de L’Unione Sarda, il quale sosteneva con fermezza che tutto ciò che riguardava la Sardegna poteva essere compreso solo ed esclusivamente facendo riferimento a quanto stava accadendo nel resto d’Italia.

Una parte molto interessante e suggestiva dell’opera di Romagnino è rappresentata da una serie di foto concesse da Luigi Cosentino che ritraggono alcuni degli elementi maggiormente rappresentativi cagliaritani, come ad esempio is piccioccus che crobi che fumano e si riposano, la Basilica di Bonaria, via Manno sotto la neve, la chiesa di Sant’Anna, l’ospedale civile San Giovanni di Dio, la torre di San Pancrazio, piazza Indipendenza, Palazzo Sanjust, il pubblico in piedi festante al teatro Politeama Regina Margherita, la passeggiata sotto gli alberi di via Roma, i bar sempre in  via Roma frequentatissimi, piazza Garibaldi con le rovine della scuola elementare ‘’Alberto Riva Villasanta nel 1943, la spiaggia del Poetto e l’Ospedale Marino, il treno a vapore del Campidano che scorre per via Roma, il porto di Cagliari, il Bastione Saint Remy.

Dopo questa carrellata di fotografie d’epoca, l’autore torna a focalizzarsi sui maggiori animatori della vita culturale a Cagliari tra i due conflitti bellici, a cominciare da Raimondo Carta Raspi, sardista in quanto a idee politiche, creatore della fondazione culturale Il Nuraghe, comprendente una rivista, una  libreria e varie biblioteche. Per comprendere appieno il suo pensiero basta consultare il suo articolo del 28 febbraio 1923 sul Nuraghe in cui disse: “Il mio programma ha per fine unico la diffusione della cultura in Sardegna. Desidero un sincero interessamento, una collaborazione fatta col medesimo mio animo, al di sopra dei partiti e dei personalismi meschini e dannosi”. Da Raimondo Carta Crispi si passa a Emilio Lussu, storico fondatore del Partito Sardo d’Azione, con particolare richiamo al tumultuoso congresso del Psd’Az del 1948, nei locali del cinema Olimpia Cagliari, durante il quale Lussu abbandonò i lavori portandosi appresso il vessillo dei quattro mori. 

Nella seconda metà del Novecento a distinguersi è anche Sebastiano Dessanay, amico del celebre scrittore Salvatore Cambosu. Particolare attenzione è rivolta anche all’archeologia con Giovanni Lilliu di cui Romagnino rimarca gli studi e ricerche condotti con idealità nuove e grande perseveranza, sempre sul fronte dell’archeologia un accenno è fatto anche a Enrico Atzeni, che di Lilliu fu allievo, il quale ricoprì ruoli di spicco come quello di docente di Paletnologia e di Antichità Sarde nell’ateneo cagliaritano. Dall’archeologia ci si posta alla politica con Renzo Laconi che rappresentò la Sardegna dalla prima alla quarta legislatura, inoltre fu anche promotore del periodico Rinascita Sarda in cui scrisse articoli di grande attualità come quello del primo numero del 1957 intitolato ‘’Questione Sarda e questione meridionale’’. Un articolo appassionato e ricco di contenuti, qualità che caratterizzavano Laconi e che gli consentivano di essere un parlatore di grande fascino durante i comizi nei quali dava filo da torcere a due oratori del calibro di Francesco Cocco Ortu ed Enrico Endrich. Lo sguardo di Romagnino va poi in direzione del movimento ambientalista e, in particolare, alla figura di Manlio Chiappini, milanese di nascita, ma sardo d’adozione, docente universitario sia a Cagliari che a Sassari, autore del prezioso libro ‘’Flora e paesaggi della Sardegna’’. Per quel che riguarda l’ambito filosofico a essere menzionati sono Antioco Zucca, Adolfo Ravà e Gioele Solari, questi ultimi due docenti all’Università di Cagliari. Per quel che riguarda la seconda metà del Novecento Romagnino parla di Antonio Pigliaru e Michelangelo Pira, riscontrando in essi una perfetta commissione tra studi filosofici e antropologici.

Sul finale dell’opera si ritorna a parlare di letteratura, dando particolare risalto a  Salvatore Cambosu, uno dei nomi tutelari della narrativa sarda, che proprio a Cagliari trascorse buona parte della sua vita. È a questo punto del libro che si tocca con mano una delle fasi più suggestive e affascinanti della quotidianità cittadina, ovvero quella dei caffè letterari in cui Cambosu insieme al suo amico Sebastiano Dessanay era solito andare, per poi fare tappa anche alla Libreria Cocco in quel di via Manno. Sono anni di grande fermento culturale dove la letteratura si fa portavoce di istanze che vanno al di là del semplice intrattenimento. Romagnino cita vari nomi di rilievo a riguardo tra cui Giuseppe Dessì, Cino Zedda, Antonio Puddu, Marcello Serra, nuovamente Michelangelo Pira, Giuseppe Fiori, Giulio Angioni, Francesco Masala, Bachisio Zizi, Antonio Cossu, sino ad arrivare a Sergio Atzeni  la cui opera è definita da Romagnino come “un documento della ricchezza del dialetto cagliaritano, salace, pungente”. A questo punto, la letteratura cede il passo al patrimonio storico-artistico cittadino con riferimento al Museo Archeologico, alla Pinacoteca, al Museo Siamese Cardu e alla Raccolta di cere anatomiche; Romagnino pone l’accento sulla ricchissima documentazione risalente all’età punica, oltre che sulle maschere apotropaiche destinate ad allontanare gli spiriti maligni del defunto.

La devozione popolare durante l’età punica, spiega Romagnino, si esplica in differenti maniere e in merito cita gli esempi di due santuari ovvero quelli di Narcao, avente figure di divinità femminili di tipo grecizzante, e il secondo di Bithia dedicato a una divinità salutifera a cui i devoti donavano statuette rozze ma comunque espressive. Dall’età punica si fa un salto temporale sino ai retabli quattrocenteschi provenienti dalla chiesa di San Francesco di Stampace, con particolare attenzione per il retablo di San Bernardino, quello della visitazione e i frammenti superstiti del retablo della Porziuncola. Dai retabli si approda al palazzo dell’Università che conserva due celebri raccolte d’arte, il Gabinetto delle Stampe Anna Marongiu Pernis e la Collezione Piloni. Romagnino fa presente la grande qualità della produzione incisoria isolana, facendo riferimento a precursori come Felice Melis Maris, Giuseppe Biasi, sino a Stanis Dessy, Mario Delitala, Remo Branca, Anna Marongiu Pernis, Valerio Pisano.

Dopo una minuziosa e approfondita disamina del patrimonio artistico locale, Romagnino focalizza il suo sguardo nuovamente sulla storia delle Università isolane che, nel Novecento, ottennero la parificazione con quelle nazionali ponendo a carico degli enti locali la maggior parte delle spese che quegli ampliamenti conoscevano. Tante le novità in questo periodo: nel primo dopoguerra viene costruito l’istituto di Anatomia e quelli di Biologia, inoltre viene progettato il Palazzo delle Scienze, successivamente ultimato e inaugurato negli anni Trenta. Con la riforma Gentile del 1923 Cagliari viene parificata alle dieci università più importanti d’Italia e viene dotata nuovamente della Facoltà di Lettere. Il tempo passa e con l’arrivo degli anni Cinquanta l’Università si allarga ulteriormente con la creazione della Facoltà di Economia, del corso di studi in Ingegneria civile e tramite la costruzione di sedi apposite per le facoltà di Ingegneria, Giurisprudenza, Economia e Lettere. Sono anni importanti dove si cerca, puntualizza l’autore, di rompere l’isolamento geografico e culturale, compito definito arduo e faticoso.  Dalle vicende legate all’Università, ci si sposta alla larga fioritura di giornali e periodici di ispirazione democratica che Cagliari ebbe sul finire della seconda guerra mondiale, come ad esempio Rivoluzione Liberale fondata nel giugno del 1945 da Francesco Cocco Ortu junior, così come il Corriere di Sardegna che divenne la voce della Democrazia Cristiana, Il Lavoratore ovvero l’organo di stampa del PCI prima dell’uscita dalla clandestinità de l’Unità dopo quasi vent’anni, Sardegna Democratica settimanale del Partito Democratico del Lavoro e Riscossa sardista organo del Partito Sardo d’Azione Socialista.

Tra i momenti più rilevanti dal punto di vista della pubblicistica di quel periodo, Romagnino segnala la direzione di Jago Siotto a L’Unione Sarda, che sancì un netto cambio rispetto al passato con uno spostamento su posizioni progressiste e la pubblicazione sull’edizione sassarese de Il Solco di un articolo firmato da Felice Solinas intitolato ‘’Democratizzare la scuola’’ in cui Solinas ribadisce con fermezza la necessità di “costruire la scuola sul campo della democrazia”e auspica fortemente “la completa trasformazione della scuola in senso democratico”. Dalla stampa locale si ritorna per il gran finale a disquisire di letteratura e, in particolare, dei caffè letterari – tra i più amati ‘’Il Caffè Genovese’’ e il ‘’Bar Pasubio’’ – frequentati da intellettuali del calibro del più volte menzionato Salvatore Cambosu, Renzo Laconi, Luigi Pirastu, Sebastiano Dessanay, Francesco Alziator, Giovanni Pepitoni, Marcello Serra, Umberto Cardia e altri. Era una città decisamente diversa rispetto a ora puntualizza Romagnino, che scrive: “La Cagliari di allora era tutta in quelle misurate economie, nelle modeste gioie d’una vita raccolta di studio, lavoro, piccoli svaghi, con il mare e il maestrale che ritmavano le stagioni”. E se si parla di svaghi, viene naturale fare riferimento al settore teatrale che, sia per quel che riguarda il teatro drammatico che comico, riesce a penetrare immediatamente tra classi sociali diverse a differenza dei caffè letterari maggiormente elitari.

Una delle polemiche più pungenti di questo periodo è quella tra il futurista Gaetano Pattarozzi, poeta cagliaritano autore dell’Aereopoema futurista della Sardegna, e Cambosu che in ‘’Miele amaro’’ lo indicava come prova del vizio dei cagliaritani di raccogliere con entusiasmo tutto ciò che da altre parti è ormai tramontato. Tornado al teatro, si parla del Politeama Regina Margherita e del Teatro Civico, ma anche della passione dei cittadini per il teatro lirico e in particolare per il tenore Piero Schiavazzi di cui nel 2025 ricorrono i 150 anni dalla nascita, senza dimenticare anche l’attore Gianni Agus che raccolse grandi consensi esibendosi nei teatri della Manifattura dei Tabacchi, delle Saline, delle Ferrovie e della Società Elettrica. Le ultime righe dell’opera sono ancora una volta rivolte alla letteratura con Romagnino che ribadisce il valore di poeti di spessore come Aquilino Cannas, Benvenuto Lobina, Gavino Leo, Mercedes Mundula, Giaime Pintor, Raimondo Manelli per poi concentrarsi sull’attualità affrontando lo sviluppo del genere noir e l’affermazione di nuovi talenti della narrativa isolana come Salvatore Niffoi, Flavio Soriga, Giorgio Todde, Nicola Lecca, Luciano Marroccu. A distanza di vent’anni dalla sua prima pubblicazione, risalente al febbraio del 2005 accompagnata anche dal dvd del video ‘’Je préfère le bruit de la mer’’ con la regia di Peter Marcias, il libro di Antonio Romagnino è un invito per tutti i cagliaritani a non dimenticarsi di ciò che è stato, perché proprio dal passato tanto si può imparare, traendo nuova linfa per il domani. Non è un semplice elenco di quel che c’era nella Cagliari dell’Ottocento e del Novecento ma un appello garbato e al contempo risoluto ad agire per renderla realmente migliore, consapevoli che, come diceva una personalità di grande valore quale il fondatore de Il Manifesto Luigi Pintor nella sua opera ‘’Il nespolo’’, agire vuol dire smuovere, influire, cambiare. Cambiare, sì, ma concretamente giorno dopo giorno e non solamente con proclami vacui, perché un’azione per essere davvero tale deve avere un’incidenza, altrimenti rischia solamente di essere una mascheratura ben riuscita, l’ennesima, di inerzia e sciatteria.

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