Il film di cui vorrei parlarvi oggi è Insidious, quinto lavoro del regista James Wan, già famoso nel 2004 per Saw. L’enigmista.
Devo ammettere che la scelta non è stata facile. Alla fine ho optato per questa pellicola perché è da qui che tutto ha inizio. Questo film porta una ventata di aria fresca ad un genere che credevo ormai imprigionato tra i cliché. Sembrerà un caso, ma dopo questo, hanno visto la luce molti altri titoli interessanti, alcuni dello stesso regista.
Uscito nelle sale nel 2011, ha avuto un buon riscontro dal pubblico, meno buono dalla critica. La cosa non ha scoraggiato il regista che decide di farlo diventare il primo di una saga che conta ora quattro pellicole in totale.
Durante questa recensione vi spiegherò il perché delle mie affermazioni. Avviso però che ciò che segue può contenere degli SPOILER, pertanto, se non lo avete ancora visto e non volete sorprese, tornate pure a trovarmi in un secondo momento.
Tutto ha inizio con una scena del passato, all’interno di una camera da letto di un bambino; sullo sfondo, oggetti come la “volcano lamp”, animali di legno e un orso di peluche danno un’indicazione riguardo il periodo in cui è ambientata l’intera scena. I titoli di testa appaiono lentamente e si dissolvono letteralmente mentre la telecamera si muove, da sinistra verso destra, inquadrando, prima il bambino che dorme profondamente, poi i giocattoli in uno scaffale e su una mensola, fino ad uscire dalla stanza attraverso la parete. L’inquadratura prosegue in un angolo remoto e buio della stanza e si ferma sul volto di una oscura presenza. È in questo momento che, in crescendo, si sente una musica di sottofondo; inizialmente qualche violino stridulo, ma sempre in crescendo, col volume, aumenta il numero dei violini fino ad una esplosione atona in cui si aggiunge una musica, che è più un pestare di pianoforte. È qui che, a caratteri cubitali di un rosso porpora, compare il titolo: INSIDIOUS.
Ecco, lo stile fluttuante delle riprese che portano lo spettatore in prima persona, la musica, a dir poco inquietante, le presenze oscure, all’apparenza personaggi normali vestiti in stile vittoriano, la faranno da padrona per tutto il film, creando una sensazione di tensione continua, senza far mancare i jumpscare.
E’ proprio qui che si distingue il tocco del regista e che rende Insidious un film horror degno di nota. Avete presente il tipico momento in cui la tensione è palpabile e la musica parte lentamente fino a crescere per poi smettere all’improvviso? Chi non si aspetta il botto e la scena che, letteralmente, ti fa saltare dalla sedia? Bene, secondo voi, cosa accadrebbe, se il momento in cui saltiamo dalla sedia col cuore in gola, non durasse solo un attimo ma continuasse in crescendo, come il momento di tensione iniziale? Rispondo io per voi. Quando vidi il film al cinema, durante il primo di questi momenti, sentii, per la prima volta, la pelle d’oca in punti in cui pensavo non fosse possibile. Per darvi un’immagine appropriata, pensate ad un gatto che si spaventa con tutti peli ritti sulla schiena. Il giorno riuscii a sentire ogni singolo pelo che si sollevava e, con un effetto dominio che partiva dal collo, arrivava fino alla fine della corsa. Fortunatamente non abbiamo una coda!
Ma non è tutto, il regista è molto abile nel creare tensione anche solo con semplici riprese: girando delle scene prive di effetti speciali, giocando con la prospettiva, l’illuminazione e le inquadrature dei soggetti. Riesce a creare nello spettatore quella sensazione negativa, quella che di solito ti fa restare in casa, quando pensavi di uscire o ti fa cambiare idea su una stanza di albergo, quando vedi che le foto pubblicate hanno un qualcosa di strano, che non ti convince…
Anche la trama del film è abbastanza singolare. Wan ha deciso di minare uno dei momenti in cui siamo più impotenti: la fase rem. Si è inventato che, durante la fase rem, alcune persone, con particolari attitudini, convinte di sognare, possono scindere la propria parte spirituale da quella corporea e vagare per altre dimensioni, che possono essere o meno parallele. Terrene o ultraterrene. Qui viene il bello. Quando il corpo è separato dalla sua parte spirituale, le anime perdute, i demoni e altri esseri malvagi che vagano nella dimensione ultraterrena (nel film viene chiamata l’altrove) vengono attirati come le api al miele e fanno di tutto per prenderne il possesso. Possiamo immaginare che fine farebbe la parte spirituale senza il proprio corpo. Ovviamente è il bambino che durante una delle sue “passeggiate” notturne nell’altrove, finisce prigioniero di un demone terribile. La famiglia dopo diverse analisi lo accudisce come fosse in coma, mentre il corpo vuoto funge da campanella della ricreazione per tutti i gli esseri ultraterreni che iniziano a fare la loro comparsa nel mondo reale. L’evoluzione della storia lascia spazio a piccole sorprese fino ad arrivare alla risoluzione con un bel colpo di scena!
Anche guardandolo più volte non ho trovato grandi difetti. Volendo essere pignolo, si poteva evitare qualche affermazione superflua durante alcuni dialoghi. La recitazione è abbastanza buona così come il doppiaggio italiano. Le scene di puro terrore sono alternate da gag simpatiche e spiritose.
Una fra le tante curiosità del film è che l’attore che interpreta il demone dalla faccia rossa è lo stesso compositore della terrificante colonna sonora, Joseph Bishara.
A tutti coloro che sostengono che non si tratti di un bel film: o avete avuto troppa paura per seguirlo con attenzione o non avete fatto altro che criticarlo durante tutta la visione e quindi non vi siete fatti coinvolgere veramente.