Un romanzo singolare e originale, “opera autonoma” perché “possiede caratteristiche specifiche nella fluviale produzione narrativa di Grazia Deledda”, ma allo stesso tempo esemplare della scrittura del Premio Nobel: “Dopo il divorzio”, romanzo che Grazia Deledda pubblicò a puntate su una rivista nel 1902, torna oggi in libreria con il Maestrale nella versione nuova e accurata proposta da Giancarlo Porcu. Il libro è però molto di più dell’ennesima ripubblicazione deleddiana; come afferma lo stesso curatore, offre un esempio di esame variantistico (con un apparato critico limitato al Capitolo I ma “rinviando ad altra più consona sede l’allestimento filologico e commentato dell’intero romanzo”) in quanto ne analizza lo sviluppo, le differenze tra le varie pubblicazioni effettuate dall’autrice, le modifiche apportate per esigenze editoriali e il substrato sociale in cui è nato. Non solo lettura narrativa, perciò, ma anche critico- saggistica, in cui viene offerta una visione chiara dell’evoluzione delle diverse fasi del romanzo e delle scelte fatte dalla scrittrice.
Oltre all’introduzione (con fonti e bibliografia) sono presenti quattro appendici ed una postfazione affidata a Mauro Pusceddu. La stesura originaria di “Dopo il divorzio” è del 1901, ma i fatti narrati sono ambientati tra il 1904 e il 1907, quindi nel futuro. Nel 1902 diventa un romanzo, pubblicato in America nel 1905 e ripubblicato nuovamente in Italia nel 1920 con un titolo diverso. Funzionale, dunque, ed efficace il tipo di esame svolto dal curatore del quale attendiamo con interesse l’annunciata nuova curatela dell’intero romanzo.
La vicenda quindi è collocata in un futuro in cui il divorzio è divenuto legale e l’autrice immagina che una giovane sposa prenda in considerazione e poi usufruisca della legge perché il marito viene condannato ad una lunga pena detentiva (uno dei criteri previsti dalla nuova normativa). Le vicissitudini in un piccolo paese del nuorese, Orlei (nome fittizio per Lula), sono raccontate e scritte nello stile inconfondibile della scrittrice sarda ma ciò che rende speciale questo lavoro ce lo evidenzia Porcu quando scrive, nell’introduzione, che esso è da una parte “il più scopertamente impegnato sul fronte socio-politico” e dall’altra “un progetto narrativo distopico”, per il tema evidenziato dal titolo.
Il divorzio non è argomento scelto a caso, ma si inserisce nel contesto storico sociale caratterizzato dal progetto di legge Berenini-Borciani (1901) e della proposta di legge di Zanardelli e del Ministro di Grazia e Giustizia Francesco Cocco Ortu (novembre 1902). Secondo la cronistoria realizzata dal Porcu l’idea del romanzo era già in fase avanzata all’inizio del 1902 per cui non sembra forzata l’attribuzione “distopica” in quanto immagina e descrive un “domani” in cui la società ha che fare con le conseguenze dell’applicazione della nuova legge.
E a questo è legato l’altro aspetto speciale di quest’opera: l’impegno socio-politico. In realtà non c’è una manifesta presa di posizione dell’autrice perché lo stile narrativo “si approssima a quella ‘eclissi dell’autore’ ambita dalla narrativa di stampo verista e più in generale costituente uno dei marchi […] della più matura produzione deleddiana” ma un’indicazione implicita si evince dal fatto che la prima uscita è sulla rivista ‘La Rassegna Nazionale’ di Firenze che è, a detta della stessa scrittrice, “la nostra massima Rivista cattolica moderata”!
In riferimento a questa seconda “specialità” è interessante l’analisi giuridica che il magistrato Mauro Pusceddu fa nella postfazione mettendo in evidenza in che modo gli istituti giuridici siano inseriti nelle trame deleddiane ed in particolare in questo testo. Ci fa notare, quindi, che nella scrittrice il diritto “irrompe in tutta la sua potente umanità, in tutta la capacità degli istituti di diritto sostanziale di interpretare i drammi delle persone”. Nella fattispecie: che conseguenze (negative?) può avere il divorzio nella vita quotidiana delle persone? Ecco perché Pusceddu attribuisce il carattere di predizione nel senso di “cosa accadrebbe se” che solo la fantasia può riuscire a immaginare per costruire un “universo parallelo […] di una Sardegna che […] non è mai esistita e mai esisterà nel nostro universo”.
Solo nelle trame Grazia Deledda crea mondi fantasiosi; nella realtà fu molto decisa e volitiva ma allo stesso tempo concreta e riguardo alla evoluzione di “Dopo il divorzio” questo si manifesta nell’aver accettato le modifiche al finale per la pubblicazione del libro in America (di cui è rappresentativo il carteggio americano in Appendice) nonostante la sua contrarietà: compromesso doloroso ma con un proprio lungimirante tornaconto. Anche questo era la donna Grazia Deledda.
In attesa degli annunciati allestimenti futuri, sembra doveroso, in conclusione, rendere merito a Giancarlo Porcu e a Il Maestrale per questo encomiabile e proficuo lavoro.