Nei giorni in cui il ministro dell’Istruzione e del Merito invia alle scuole una circolare per il divieto totale dei cellulari in classe anche per le attività didattiche, l’uso degli strumenti alternativi sembra invece sempre più apprezzato da docenti e studenti: se usati con consapevolezza e metodo, anche attività diverse rispetto a quelle tradizionali possono avere ottimi risultati sull’apprendimento. E’ il caso degli escape book, una novità tra i banchi di scuola: ne abbiamo parlato con Anna Rita Vizzari, cagliaritana di 53 anni, insegnante di lettere da 24 anni oggi in forze alla “Ugo Foscolo” di Cagliari, nella sede del quartiere Cep, che da tempo si dedica a esplorare l’uso didattico di tecnologia, manuali semplificati, kit didattici; dal 2007 pubblica libri, software, corsi e giochi con la casa editrice Erickson: “Analisi grammaticale in tasca”, “Astuccio delle regole di italiano”, “Impariamo l’analisi logica” alcuni dei suoi titoli.
Negli ultimi anni ha firmato per la stessa casa editrice “La casa nel bosco”, “Fuga dal faro” e “Fuga dalla miniera”, escape book per ragazzi e ragazze della scuola secondaria di primo grado, realizzati con una grafica accattivante e pagine coloratissime e ricche di strumenti per trovare la chiave finale. “Gli escape book sono libri-game in cui si deve idealmente uscire da un ambiente chiuso, usando indizi e risolvendo enigmi – ci ha spiegato Anna Rita Vizzari – l’idea degli escape book grammaticali è stata del mio editore che ha associato due mie caratteristiche, quella di autrice di grammatiche semplificate e quella di ‘escaper’ incallita. Le mie idee erano state altre, come impiegare gli escape game nella didattica e quella di organizzare ed erogare il primo corso in Italia sulle escape nella didattica: all’epoca avevo un incarico all’Ufficio scolastico regionale, dove coordinavo l’applicazione regionale del Piano Nazionale Scuola Digitale e potevo, al di là degli adempimenti ministeriali, attuare iniziative originali: quando proposi al vicedirettore il primo corso su questo argomento, le escape erano sconosciute ai più”.
Sfogliando le pagine dei tre libretti, troviamo subito le istruzioni per il gioco con l’invito a giocare con altre persone per risolvere il gioco più facilmente e conquistare un punteggio più alto. Tra gli enigmi ci sono frasi e parole da completare, pezzi di puzzle da abbinare, cruciverba, mappe da seguire, verbi da coniugare correttamente; si può tornare indietro o andare avanti, cercare indizi nascosti, aprire qrcode che portano ad altri indizi. “I riscontri che ho avuto da questi libri sono sono positivi: qualsiasi tipo di escape, se usato nella didattica, attiva e potenzia competenze trasversali quali team working, problem solving, comunicazione, resistenza allo stress, sviluppo del pensiero critico e del pensiero divergente. Le escape legate a contenuti scolastici attivano e potenziano anche competenze disciplinari come le capacità di interpretare testi e dati, di collocare nel tempo e nello spazio, di utilizzare strumenti. È importante che le attività proposte siano di diversa natura, per andare incontro alle diverse intelligenze”.
Una novità che cammina insieme al diffuso uso della tecnologia nella didattica, se pure dal Ministero all’Istruzione arrivino spesso freni all’impiego degli smartphone con la motivazione che gli studenti dovrebbero riacquisire manualità con carta e penna e segnare i compiti sul diario: “Mi pare che la scuola, dopo la parentesi digitale pandemica, resti uno dei luoghi in cui maggiormente si coltivi la dimestichezza con carta e penna! Riguardo ai dispositivi, l’uso che se ne fa in classe è non sfrenato bensì guidato, cosa che non può essere garantita nel resto della vita di studenti e studentesse; riguardo ai compiti, il vero problema è che essi si debbano assegnare non a raffica, ma in un sapiente rapporto quantità/qualità. La tecnologia fornisce strumenti che vanno piegati a finalità e obiettivi didattici, senza improvvisazioni. I dispositivi quali portatili, tablet e smartphone sono strumenti inclusivi che offrono, nella fruizione e nella creazione, opportunità multisensoriali e transmediali; usarli per replicare le attività del cartaceo è riduttivo e talvolta controproducente”.
Anna Rita Vizzari, appassionata anche di escape room, sottolinea da tempo il valore del gioco nella didattica: “Amo le escape e sono contenta che la realtà cagliaritana proponga un’offerta molto variegata. Giocare nelle escape room permette di misurarsi con sé stessi, con i propri timori e con i propri limiti. Le escape room sono inclusive, paradossalmente, proprio perché sono esclusive: nessuna persona, da sola, sarebbe in grado di fare tutto; se non collabora e coopera, rimane bloccata”.