“Chiamami solo se si riuniscono i Dogo o i Co’Sang” cantava Ensi anni fa, i Dogo sono qua (anche su Nemesis Magazine), dei Co’Sang non si sa molto ma possiamo anche essere contenti se al loro posto ci sono i Subsonica. Si, proprio coloro che hanno ormai più di venticinque anni di carriera, quasi trenta, se non contiamo poi le esperienze dei loro membri – qualcosa dice Africa Unite – si proprio coloro che hanno reso grande la musica alternativa italiana degli anni Novanta, che hanno mischiato il levare con quattro su quattro, le chitarre e l’elettronica, coloro che hanno saputo diventare mainstream prima che gli altri ci riuscissero e poi appiattirsi – lo scrivo – miseramente, ma poi, come in questo felice caso, rinascere come una fenice.
Si perché saranno circa dieci anni che i Subsonica possono essere considerati smarriti, a partire dagli anni ’10 dove forse solo gli Afterhours hanno saputo sopravvivere (altro che agli ’80, insomma), dove i Marlene si sono persi dentro loro stessi e dove i Bluvertigo nemmeno sono arrivati, arenati già altri dieci anni prima.
Nel 2018 qualcosa si smosse ma effettivamente non era abbastanza e poi – peggio che andar di notte – sorvolerei su alcune esperienze soliste (non certo quella di Boosta del 2003, sia chiaro)
Ma allora, cosa stiamo qua a fare? Qua oggi celebriamo il loro immenso ritorno, con un album ‘Realtà Aumentata’ che suona già maledettamente vecchio di anni e che mi aveva veramente fatto pensare malissimo ma poi, insomma, il ragazzo che nel ’97 li ascoltò con gioia per la prima volta (forse addirittura primo nel suo liceo di paese) ha avuto il sopravvento ed ha fatto bene: l’ attacco di Samuel su ‘Cani Umani’ è antologia, un urlo così quasi come se fossimo nel 1992 oltreoceano non me lo aspettavo e, lo ammetto, mi ha reso felice, mi ha imbambolato un po’.
I Subsonica sono veramente tornati, anzi, maturati in botte come i migliori vini, con forse i migliori testi mai ascoltati nella loro pluridecennale carriera, l’ispirazione è chiara, la rabbia, la tecnica, la consapevolezza, sono tutte qua che si fondono nella forma canzone. Non mi sbaglio, non è un fuoco di paglia del singolo di apertura, anzi, la barra si alza inesorabilmente con ‘Pugno di Sabbia’ dove addirittura tornano echi della precedente vita reggae afro mentre Samuel continua a salire in carisma, presenza, giocando con la sua voce e tenendoci alle corde.
Non ci credo e continuo con l’ascolto dell’album che, logicamente, ha dei momenti un po’ più deboli forse a causa di scelte non azzeccatissime – datemi per favore una versione senza Willie Peyote di ‘Scoppia La Bolla’ ma tenetemi Ensi però –
L’album prosegue bene prendendo le redini di tutta la carriera dei Subsonica e condensandola egregiamente per un finale da brividi con ‘Adagio’, semplicemente ammaliato dalla litania di Samuel quasi fosse un Giovanni Lindo Ferretti che non deve farci la predica ma soltanto salmodiare.
Perché Ascoltarlo: perché è un ritorno meraviglioso di una delle ultime band che in Italia ha saputo inventare qualcosa
Perché Non Ascoltarlo: perché tutto ciò dove c’è Willie Peyote diventa banale – quindi potete saltare la 7
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