“Scusa ma non riesco proprio a uscire stasera, devo celebrare nove anni di attesa da Aurora che sono pesati come un macigno silenzioso”.
Si apre giustamente così questo articolo ed in effetti lo merita assolutamente e, per far sì che ci sia credibilità in tutto questo, il suddetto, è stato scritto in due momenti diversi: la prima parte immediatamente dopo la notifica della pubblicazione di ‘Post Mortem’ e la seconda parte, ovvero tutto il resto, ora.
Solo per vedere l’effetto che fa provare un’emozione e poi verificarne la consistenza nel tempo.
Nove anni in un mondo che corre in maniera forsennata e che non vede l’ora di schiantarsi da qualche parte o franare in un burrone stile Thelma & Louise sono una era geologica e soprattutto ogni attimo che passa rischia di rallentare in maniera assolutamente non lineare ogni possibilità di continuare nel percorso, qualsiasi esso sia. E dato che in quasi tutti i contesti la facilità con cui se ne esce è sempre maggiore di quella per rientrare anche oggi ci troviamo di fronte all’applicazione di questa regola. Regola che trova assolutamente la sua dimostrazione in cui brano litanioso e lamentoso come ‘Io’ che ha avuto la fantastica capacità di farmi stoppare immediatamente l’ascolto di ‘Post Mortem’ per più di una volta e solo quei prima citati nove anni di attesa sono stati in grado di convincermi a continuare con tale fatica.
‘Post Mortem’ continua alternando momenti poco più stimolanti come la immediata ‘buco nero’ a successivi momenti di noia che forse sono proprio la più grande testimonianza di questi nove anni di Niccolò Contessa (non possiamo saperlo però ma possiamo pensarlo) che nascondono con grande ingiustizia, insieme all’intera produzione dell’album che copre ogni cosa come una fitta nebbia, le sue immense capacità cantautoriali.
Questo peccato lo rende ‘colpevole’ o forse no, vittima.
E noi possiamo solo decidere se assistere coinvolti allo spettacolo di questa presunta autocommiserazione non solo sua ma dell’epoca in cui si vive e che si dispiega nelle successive tracce oppure capire che era già finito tutto nel 2016 e non c’è più niente da celebrare.
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