C’è un pezzo di storia sarda trascurata eppure ricchissima di colori, lingue, culture e tradizioni: è quella marittima, che pure è stata animata nei secoli da scambi, commerci, attività e popolazioni diverse. Su questo aspetto ancora poco conosciuto indaga da tempo Giampaolo Salice, storico cagliaritano di 44 anni che attraverso l’analisi di documenti d’archivi vicini e lontani sta ricostruendo la storia di un’Isola fortemente legata al Mediterraneo e alle sue risorse: “Il mare degli altri. Colonie di popolamento del Regno di Sardegna (XVIII secolo)”, pubblicato dal Consiglio nazionale delle Ricerche, è l’ultima fatica di Salice, oggi professore associato di Storia moderna all’Università degli Studi di Cagliari, alla scoperta di un’Isola troppo a lungo percepita come distante dal mare e da quanto avveniva nel Mediterraneo.
“‘Il mare degli altri’ è frutto di una ricerca quinquennale – ci racconta lo storico cagliaritano nel volume, uscito per la collana ‘Europa e Mediterraneo. Storia e immagini
di una comunità internazionale’ diretta da Alessandra Cioppi – attorno a un tema che tra Seicento e Settecento assume una dimensione europea, mediterranea e asiatica: la colonizzazione interna promossa dagli Stati Europei attraverso l’impianto nei loro territori di coloni forestieri, cioè attratti dall’estero. È un fenomeno che tocca tutti i paesi europei, dalla Spagna alla Russia, da Venezia a Genova, dalla Francia agli stati italiani d’antico regime, ma studiato finora in maniera non sistematica; con questo lavoro ho voluto analizzarlo alla luce dei risultati più significativi che la storiografia internazionale ha raggiunto in tema di diaspore, mobilità e colonizzazioni”.
Una ricerca complessa, basata sullo studio di centinaia di documenti reperiti in diversi archivi italiani e europei. “Ma la fonte principale sono i capitoli di popolamento sottoscritti tra i coloni che accettano di trasferirsi nelle isole sarde e il governo sabaudo e i piani di colonizzazione presentati da decine di promotori, sia sardi che forestieri”.
Se l’obiettivo iniziale di Giampaolo Salice era indagare le colonie di forestieri nelle isole e nelle coste sarde per rilanciare la demografia, i commerci, la navigazione, la pesca, i risultati finali sono stati una sorpresa: “Le carte mostrano come questa corsa al mare non fu animata solo da stranieri ma anche e in certi casi soprattutto dalla società sarda, che per secoli, almeno dal Cinquecento, svolge un lungo e potente movimento di fondo che la porta a conquistare il mare e i suoi spazi economici, dai quali si era dovuta allontanare a causa delle crisi medievali. Nel Settecento i Sardi non solo non avevano le spalle voltate al mare, ma parteciparono da protagonisti alla sfida della sua riconquista in competizione e in collaborazioni con genti arrivate da tante aree del Mediterraneo come Malta, Corsica, Grecia, Tabarca, Gerusalemme”.
Emerge, infine, “Una pagina di storia polifonica e policentrica, diversa e distante dal binomio dominato-dominante – sottolinea Salice. – Una storia che fu frutto della mescolanza di bisogni, istanze e urgenze maturate a diverse scale sociali, istituzionali e territoriali e che qui viene letta alla luce dei desideri di individui e gruppi che, praticando strumenti di addomesticamento dello spazio, provarono a impossessarsi del mare degli altri”.