Chiudi gli occhi. Immagina una storia. Molto probabilmente penseresti ad una partenza. Queste tre frasi non rappresentano solo l’introduzione di una delle canzoni più belle di Niccolò Fabi (‘Costruire’, nda), ma anche il proposito del concerto che il cantautore romano ha offerto a Fordongianus domenica 8 agosto. Organizzato dall’associazione culturale Dromos, questo evento è stato recuperato dopo la cancellazione causa pandemia dello scorso anno.
Un viaggio attraverso 25 anni di storie
Ci sono venticinque anni di storie e di canzoni nelle due ore di live che Niccolò Fabi ha proposto sul palco di Dromos. Momenti felici e meno felici, di trasformazione e di cambiamento. “Spero che queste canzoni, in un modo o nell’altro, abbiano fatto parte della vostra vita e l’abbiano colorata un poco” dice, ad un certo punto. Dal fondo delle sedie parte un sei bravissimo, lui risponde con un cenno della mano destra, ringrazia e sorride.
Gioca tanto Fabi sul tenore non proprio allegro dei suoi testi, ride di slancio, dona al pubblico qualche aneddoto dei suoi passaggi in Sardegna, a Samugheo e a Bitti. “Dieci anni fa ero stato chiamato in questa festa, non c’era nessuno. Giusto dei passanti, che ogni tanto si fermavano. Ecco, la mia carriera è passata anche da momenti come questi. Mi hanno formato”. Momenti di passaggio, transizione, cambiamenti. La maturità artistica che arriva dalla Sardegna, dalla Provenza, da Roma e dai luoghi nei quali si è fermato e in cui è nata l’idea di una canzone.

Un band formidabile per belle canzoni
L’amore che il pubblico sta trasmettendo a Niccolò Fabi da diversi anni certifica la bontà dei pezzi e dei dischi prodotti fin qui. In live però un buon viaggio ha necessità di ottimi compagni. E non si può dire che non se li sia scelti bene: il batterista Filippo Cornaglia, il tastierista Daniele Rossi, il chitarrista Roberto Angelini, Alberto Bianco alla chitarra e al basso, Pier Cortese a prendersi cura un po’ di tutto (chitarra, tastiere, effetti sonori). Un super gruppo in grado di aprire le canzoni come vasi e farne uscire colori di volta in volta diversi, affascinanti e scatenati.
Il set inizia con “Evaporare”, seguono “Una somma di piccole cose” e “Filosofia agricola”. Tocca a “È non è” lanciare la volata ai pezzi di maggior successo della sua discografia, che comprende certamente “Una buona idea”, “Io sono l’altro” e “Costruire”. La band si diverte, cambia spesso la filosofia stilistica delle canzoni, dilata tempi e comprensione dei testi. Fabi passa dalla chitarra al basso, lascia tantissimo il centro del palco ai suoi musicisti. Pier Cortese, Angelini e Bianco ringraziano: per loro un pezzo a testa dalle proprie produzioni.

Il gran finale danzante
Prima del bis, Fabi e i suoi si lasciano andare alle versioni allargate di “Ecco” e “Scotta”, due brani che raccontano benissimo qual è stato il punto di volta di una carriera dall’alto valore. Il bis è chiaramente il momento più atteso. Prima però arriva un altro aneddoto: “Ve l’ho detto, le mie canzoni non sono allegrissime. Ma quando sono arrivato a Cagliari stamattina, una persona mi ha riconosciuto e mi ha detto che ascoltando il brano Il Negozio di Antiquariato ha pianto. Gli ho detto che era incredibile questa cosa, è una delle canzoni più allegre che ho scritto!”.
Chiude, oggi come dieci anni fa, “Lasciarsi un giorno a Roma”. L’invito è a levarsi in piedi, il pubblico lo segue. Si alza dal posto e inizia a ballare, a cantare, a battere le mani a tempo. Ed è incredibile come una canzone che parla di una amore finito, di un rapporto complesso, possa generare così tanta voglia di divertimento e di condivisione. Un’altra magia di questo viaggio. Alla fine il pubblico apre gli occhi e si lascia andare ad una standing ovation.