La danza rischia di morire? È un grido d’allarme che risuona ormai da tempo. Resta il fatto, però, che quando i grandi classici approdano in teatro, il pubblico risponde sempre alla stessa maniera: numeroso ed entusiasta. La ragione principale? I titoli immortali del balletto classico possiedono un nucleo di verità che continua a parlare al nostro cuore e a raccontare i nostri sentimenti. Al Lirico di Cagliari, dal 3 all’8 ottobre, va in scena per la Stagione lirica e di balletto 2023, “Il lago dei cigni”, balletto in quattro atti su coreografia di Rudolf Nureyev da Petipa-Ivanov, interpretato dai Primi ballerini, Solisti e artisti del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala, su musica di Cajkovskij, eseguita dall’Orchestra del Lirico diretta da Kevin Rhodes.
È dall’antica Grecia che il cigno incarna una figura doppia e magica, simbolo di energia e grazia, bellezza e sensualità. Femminile nella contemplazione delle acque luminose, maschile invece nell’azione. Dalle altezze celesti delle “Metamorfosi” di Ovidio, è planato a fine Ottocento nel balletto, facendo assumere la donna-cigno nell’immaginario collettivo come icona della danza classica. La leggendaria Anna Pavlova, ne incarnò definitivamente il mito con il brevissimo assolo de “La morte del cigno”, che Michel Fokine, all’alba del secolo scorso, le cucì su misura esportandolo così in tutto il mondo.
A distanza di tanti anni da quel bagliore, non c’è danzatrice che non sogni di interpretare il doppio ruolo di Odette-Odile, la principessa-cigno timida e romantica e la sua sosia sensuale, noir e vampiresca, fulcro di una storia che non smette di conquistare grandi e piccoli. Dopo aver rifiutato le nozze imposte dalla madre, il principe Siegfried, alla ricerca del vero amore, incontra durante una battuta di caccia la bellissima Odette, a cui giura amore eterno. Odette è vittima di un sortilegio del malvagio Rothbart che, attraverso la magia, di giorno la trasforma in cigno sostituendola poi con la sosia Odile. In una girandola di inganni, trasformazioni e tradimenti non voluti, il principe ritrova Odette sul lago e, dopo aver ottenuto il suo perdono, la libera dall’incantesimo utilizzando come arma il proprio amore sincero. Nella versione presentata al pubblico del Lirico, mancherà però del lieto fine. Quella coreografata da Nureyev, infatti, è diventata famosa per aver dato un’immagine diversa di Siegfried, descritto qui come un principe romantico dall’animo malinconico e tormentato, per il quale l’indimenticabile étoile, di cui quest’anno ricorrono trent’anni dalla scomparsa, creò ardue variazioni ponendolo al centro di tutte le linee drammaturgiche. Nureyev (che il pubblico cagliaritano ebbe la fortuna di applaudire all’Auditorium del Conservatorio nel 1981), immaginò un Siegfried incapace di mantenere fede al giuramento di amore eterno che avrebbe salvato Odette dall’incantesimo.
Oggi come ieri, lo storico allestimento si avvale delle scene di Ezio Frigerio e i costumi di Franca Squarciapino. A indossare i panni dei protagonisti saranno più interpreti a seconda delle repliche. Nel ruolo di Odette/Odile si alterneranno Nicoletta Manni (3-5-8), Martina Arduino (4-7 s.), Alice Mariani (6), Maria Celeste Losa (7 p.). In quello di Siegfried, Timofej Andrijashenko (3,5,8), Claudio Coviello (4-7 s.), Mattia Semperboni (6), Navrin Turnbull (7 p.). Partner sul palco e nella vita, Manni e Andrijashenko sono Primi ballerini. Rothbart sarà impersonato da Marco Agostino (3-5-8), Christian Fagetti (4 -7 p.), Gabriele Corrado (6), Emanuele Cazzato (7 p.). Mentre nelle vesti della Regina il pubblico troverà Francesca Podini (3, 5, 7, 8) e Chiara Borgia (4-6). Durata dello spettacolo: due ore e quarantacinque minuti, intervallo compreso.