Giuseppe Grezzi è “un italiano a Valencia che, di questa città, ha cambiato le sorti”; iniziano tutti così gli articoli e i servizi televisivi che parlano di lui sia nel nostro Paese che in Spagna e, in effetti, quest’uomo, lucano, ha davvero trasformato la mobilità valenciana e la qualità di vita dei suoi abitanti. Lo ha fatto come assessore alla mobilità, per due legislature di fila (da fine maggio di quest’anno è consigliere d’opposizione), fino ad ottenere per la città il massimo riconoscimento: diventare Capitale Verde Europea 2024 e buona pratica internazionale per la mobilità sostenibile; a Valencia, nel periodo dal 2015 al 2022, sono stati recuperati più di 150 mila metri quadrati di spazi pedonali e verdi. Noi lo abbiamo conosciuto durante una conferenza aperta al pubblico della Summer School “The Future of Sustainable Mobility” che dal 12 al 16 settembre ha animato l’Università di Cagliari, impegnata con il nuovo “Jean Monnet Centre for Sustainability Studies in the Med Area” a progettare sostenibilità mediterranea e, con l’occasione, a inaugurare e celebrare la Settimana europea della mobilità sostenibile 2023. Durante il suo intervento, Grezzi ha reso ben percepibile al pubblico quanto e come si possa agire sulle sorti di una città trasformandola in ottica sostenibile grazie a un modello che porta cittadini e cittadine ad avere più e migliori scelte di mobilità, più aree verdi e pedonali, strade più sicure, una città in salute, accessibilità universale, più efficienza e un rapporto con e tra i cittadini condiviso, equo e partecipativo. Interessante, tra le pratiche impiegate, l’urbanismo tattico, per promuovere misure a basso costo, veloci e reversibili e agire in maniera diretta sulla qualità degli spazi pubblici.
Per trasformare le cose serve coraggio: quali sono state le azioni più coraggiose che hai scelto di portare avanti?
Sì, soprattutto quando si vuole affrontare la grande sfida della riduzione dei veicoli a motore, per promuovere un altro modello di mobilità più sostenibile e quindi una riqualificazione integrale del modello urbano, per avere più zone pedonali, nuove piazze, zone verdi, rete ciclabile protetta, più trasporti pubblici; per realizzare queste azioni ci vuole un grande volontà politica per fare scelte coraggiose e resistere alle pressioni delle lobbies che non vogliono che la città cambi. Molte volte c’è resistenza solamente per paura del cambiamento, perché la natura umana è contraria ai cambiamenti, anche quelli positivi e il cambiamento di abitudini, sistemi e modelli provoca incertezza e ci blocca. Per questo motivo, per poter realizzare i progetti, si deve fare un grande lavoro di persuasione, molto didattico, con tutte le parti implicate e anche con i tecnici dell’amministrazione. In questo senso, ci sono state molte piccole e grandi decisioni che abbiamo preso, soprattutto all’inizio del mandato, che hanno creato malessere e polemiche: tutto il centro storico a 30 all’ora, rimozione di parcheggi e creazione di piazzette con urbanismo tattico, cambio del percorso di dodici delle quarantaquattro linee degli autobus, ecc. ; tutte misure che sono state criticate con durezza e che dopo pochi mesi sono state accolte favorevolmente.
L’urbanismo tattico permette di promuovere misure a basso costo, veloci e reversibili e agire in maniera diretta sulla qualità degli spazi pubblici; quanto è stato importante, tra le misure impiegate, nella trasformazione di Valencia?
L’urbanismo tattico, in voga da più di vent’anni in molte città del mondo, consente interventi di recupero dello spazio pubblico, fino a quel momento destinato alle auto, per creare nuove piazze o allargare marciapiedi, per esempio intorno alle scuole, o creare nuovi percorsi ciclabili protetti, usando sistemi che possono essere spostati o rimossi, per esempio grandi fioriere, pittura, segnali, panchine e addirittura sedie. Da sottolineare il basso costo degli interventi che, nonostante il carattere di temporaneità e reversibilità, sono in grado di creare e sviluppare un cambiamento di lungo periodo, anche attraverso il ruolo decisivo del coinvolgimento dei cittadini sin dall’inizio del percorso. A Valencia è stato importantissimo perché abbiamo potuto realizzare interventi molto velocemente, senza perdere tempo nel progetto costruttivo che richiede molti mesi e anni e che ovviamente non si può cambiare nel futuro; i risultati quindi non sarebbero arrivati e per capirici non avremmo potuto cominciare a cambiare il volto della città come avevamo in mente di fare.
Durante l’incontro a Cagliari hai dichiarato che è importante trovare un equilibrio tra visione progettuale e persone (con esigenze e bisogni reali, ad esempio di sicurezza); a questo proposito quanto e come pensi che la comunicazione possa fare la differenza?
Credo che la comunicazione delle misure e dei progetti abbia un ruolo molto importante, perché può aiutare a creare il giusto e necessario entusiasmo nelle persone e negli attori collettivi che agiscono nella città, i cosiddetti movimenti urbani, che rivendicano “il diritto alla città”, come diceva il famoso filosofo Henri Lefebvre. Comunicare le riunioni dei tavoli di confronto, anche in diretta, produrre video e manuali, fare illustrazioni come abbiamo fatto a Valencia con delle bravissime illustratrici locali e un gran ventaglio di possibilità sulle reti sociali, le nuove piattaforme telematiche, ecc. ; bisogna usare tutti i canali di comunicazione a nostra disposizione, come per esempio la nostra intervista, superando magari le formule tradizionali dei media cartacei.
C’è un altro strumento, tra i vari di cui hai parlato, particolarmente interessante: il budget partecipativo del Comune. Perché a Valencia alla fine ha fatto la differenza?
Credo che si è fatta la differenza perché c’è stato e c’è il coinvolgimento della gente dei quartieri che sin dall’inizio sono i protagonisti del nuovo progetto di città: loro fanno le proposte di investimenti, i tecnici comunali le valutano, sempre con la nostra volontà politica di approvarne il maggior numero possibile, anche proponendo di adattarle ai requisiti del bando e poi è la stessa cittadinanza a votare. In otto anni abbiamo stanziato 45 milioni di euro per 455 progetti. Circa il quaranta per cento sono state proposte di mobilità sostenibile, zone pedonali, piste ciclabili, strisce pedonali ecc. . In questo modo si creava una specie di comunione di interessi tra le aspirazioni sociali e la volontà politica di soddisfarle. Ugualmente importante, è stato lo stanziamento di investimenti da destinare direttamente ai progetti votati. Così, all’Assessorato alla Mobilità Sostenibile e allo Spazio Pubblico ho potuto realizzare molti progetti importantissimi in tutti i quartieri, come la rete di settanta nuovi chilometri di piste ciclabili, un cinquanta per cento in più nel periodo 2015-2023 rispetto agli anni precedenti.
Disinnescare il conflitto, mediare, facilitare: vi sarà capitato molto spesso. Se esistono delle “formule” che avete imparato a usare negli anni, puoi condividerne almeno una con noi?
Non esistono formule magiche. Costruire un discorso, un nuovo racconto per la città, con le idee e i progetti che si vogliono trasmettere, sin dall’inizio può provocare molte polemiche interessate, favorite, a volte, da alcuni mezzi di comunicazione poco responsabili, che obbligano a fare un sforzo in più, anche facendo affidamento su esperti in mediazione dei conflitti urbani e in partecipazione. Noi creammo un tavolo della mobilità con più di ottanta attori cittadini e tavoli settoriali, strategie partecipative per il co-design dei quartieri, tavoli di lavoro tra assessorati e associazioni rionali; un ventaglio di proposte e misure per superare il blocco che si sarebbe potuto presentare in un determinato momento e che avrebbe potuto vanificare tutto il lavoro che c’era da fare.
Immagine in evidenza dal profilo Flickr del Comune di Valencia (Ajuntament de València) – Licenza CC