Ci sono vite che danno la misura della loro grandezza anche e proprio quando vengono a mancare. Sapere che Michela Murgia non c’è più, scomparsa ieri a cinquantuno anni dopo una malattia raccontata e vissuta come atto politico, coerentemente con tutto il suo percorso, lascia uno spazio di nostalgia e consapevolezza.
Scrittrice, blogger, critica letteraria, femminista, definizioni che non rendono la complessità di una donna che era prima di tutto una intellettuale, capace di scuotere le coscienze e dividere, sempre a favore della riflessione scomoda e della difesa dei diritti.
Fino all’ultimo, coi suoi post e gli interventi pubblici, ha dispiegato le vele della nostra inquietudine spingendoci in mare aperto, facendo degli ultimi mesi della sua vita un manifesto, riempiendo di colore e sorrisi il rapporto con la malattia, affrontata con la consapevolezza che non si può arginare la fine se non circondandosi di amore.
Oggi siamo qui a chiederci cosa resta, a fare i conti con le domande, con quella inquietudine che ha lasciato in eredità nelle nostre coscienze. Grazie Michela, per questa inquietudine vitale, che sia l’insegnamento che rimane di una vita piena di senso come la tua.