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“Emozioni al lavoro”, il saggio di Francesca Romana Puggelli contro un luogo comune duro a morire

Di Giacomo Pisano
01/07/2022
in Comunicazione e società
Tempo di lettura: 3 minuti
“Emozioni al lavoro”, il saggio di Francesca Romana Puggelli contro un luogo comune duro a morire

Relazioni amichevoli con i colleghi? Per anni la professionalità si è misurata con il metro del distacco e della freddezza, ma oggi? Il nuovo libro di Francesca Romana Puggelli, docente di psicologia sociale alla University of Southern California a Los Angeles e giornalista, sfata parecchi miti.

“Emozioni al lavoro”, edito da Sole 24 ore e Publishing, parte da un dato di fatto ormai consolidato nella nostra società e cioè che sul luogo di lavoro non ci sia posto per lo spettro dei sentimenti. Anzi che sia assolutamente da evitare qualsiasi coinvolgimento emotivo pena l’inefficacia e l’incapacità di giudizio.

Oggi posizioni così rigide, forse anche in seguito alle riflessioni sulla pandemia che ha cambiato profondamente il rapporto di tanti con il lavoro, sembrano scontrarsi con una realtà che manifesta necessità diverse.

La Puggelli parla di emotion management, ovvero la capacità di relazionarsi con superiori, clienti e colleghi nella maniera migliore, garantendo un risultato immediato e un consolidamento del rapporto in prospettiva futura. Emerge dunque che non solo è auspicabile stabilire un contatto sincero sul luogo di lavoro ma che bisogna impegnarsi per mantenerlo poiché sono le relazioni interpersonali a giocare un ruolo fondamentale nella riuscita della routine di qualsiasi impiego.

L’approccio freddo razionale, compassato, non risponde affatto alle necessità delle sfide quotidiane e si dimostra un limite evidente anche al benessere dell’ambiente lavorativo. Trascorriamo parecchie ore in compagnia di persone che non abbiamo scelto e il modo più piacevole e produttivo di conseguire un risultato comune è quello di conoscere chi ci sta intorno perché gli obbiettivi siano chiari e realmente condivisi. Il senso del pudore che pretendeva l’impassibilità di fronte agli eventi esterni o alla propria emotività in questo saggio appare del tutto obsoleto, e anzi, controproducente.

La gerarchia rigida, l’immobilità dei ruoli, la comunicazione carente nel fissare le mete dell’azienda, inibiscono empatia e senso di appartenenza con la conseguenza di una disaffezione e, in ultima analisi, di un minore impegno da parte del lavoratore. Lo smart working forzato, il lavoro agile e il tele lavoro hanno mostrato i tanti limiti della visione tradizionale dell’economia e della produttività, fondamentalmente basata sul controllo, rivelando dunque che un altro modo esiste e che si nutre, come è giusto, anche se a distanza, di relazioni sociali.

Chi pensa che questo libro sia meramente teorico troverà invece glossari, test psicologici, simulazioni, consigli di comportamento e schemi di applicazione che ne fanno un’opera assolutamente pragmatica. La buona comunicazione e l’empatia sono importanti e vanno esercitate. Non si tratta solo di utilizzare un linguaggio corretto e le basi di una buona educazione ma di conoscere le leve e i meccanismi della psiche in grado di cambiare la percezione che abbiamo di noi stessi e del nostro ambiente lavorativo. Tra questi ci sono certamente le espressioni verbali ma anche la postura, i toni, la gestualità, elementi che concorrono a creare la nostra immagine e a confrontarla con gli altri continuamente. La consapevolezza di sé deve naturalmente rispettare ritmi, dinamiche e attitudini delle persone con cui ci relazioniamo in un’ottica di scambio onesta e proficua. Curare l’ambiente di lavoro significa anche prevenire mobbing, burnout, depressione, collera e quella terribile insoddisfazione che è in grado di ingrigire le nostre giornate e la vita stessa.

Coltivare la gentilezza, utilizzare i giusti strumenti, accorciare nel modo corretto le distanze tra noi e gli altri, in definitiva, ci renderà più performanti e sereni.

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