Nei giorni scorsi i social network si sono animati a causa della polemica che ha visto protagonista Imen Jane, fondatrice di Will_ita, nonché star su Instagram, con un profilo che conta oltre duecentocinquantamila followers.
Imen e due suoi amici si trovavano a Palermo per una vacanza e la polemica si è generata dopo la pubblicazione di una storia in cui Francesca Mapelli, amica di Imen, si lamentava con il proprietario di uno stabilimento balneare del fatto che una commessa non aveva saputo raccontarle la storia del negozio perché non sufficientemente pagata. Mapelli ha replicato che, se solo si fosse impegnata di più, avrebbe potuto guadagnare tre volte tanto facendo la guida turistica per i milanesi.
Oltre al fatto che parole di questo tipo sono agghiaccianti e vengono pronunciate con la più totale superficialità di chi vive in un mondo profondamente lontano dalla realtà, questa vicenda chiama in causa tante tematiche attuali e scottanti.
Non solo c’è quella velata allusione al fatto che fare la commessa è un lavoro umile, dal quale doversi emancipare, ma è presente anche un retrogusto dal sapore fortemente anti-meridionale e classista in cui il ricco turista del nord, che viene al sud esclusivamente per fare le vacanze, deve spiegare al “terrone ignorante” come si fa a migliorare e a guadagnare molti soldi come se fosse l’obiettivo primario della vita delle persone.
Con queste dinamiche non si fa altro che polarizzare il Nord e il Sud acuendone le differenze in negativo e alimentando quell’idea, ormai diventata culturale, a tal punto che anche molti meridionali emigrati al nord hanno fatto propria, di un sud arretrato in cui il potenziale per qualsiasi cosa rasenta lo zero.
Tuttavia, sfortunatamente nel discorso di Francesca Mapelli, prontamente sostenuto dalla sua amica Imen Jane, c’è molto altro: è, nel complesso, in linea con quella visione liberale in pieno stile capitalista che si fa portavoce dei valori di merito e impegno, che vuole mettere in competizione le persone, perché in fin dei conti tutto si riduce a una gara in cui solo chi si è impegnato di più risulta più degno e più meritevole di successo e, nel caso in cui si fallisce, la colpa è solo nostra che magari non ci siamo impegnati abbastanza. Un discorso questo che prescinde da qualsiasi tentativo di contestualizzazione, perché, in questo caso specifico, come in altri, non si è considerata la storia personale della commessa, né tantomeno il momento storico che stiamo vivendo, in cui le maggiori “opportunità” per i giovani sono spesso tirocini, se non direttamente lavoro nero, usuranti e malpagati che difficilmente offrono l’opportunità di crescere a livello professionale o mettono i lavoratori in condizione di poter pensare a progetti di vita, in quanto la maggior parte del lavoro che si trova è essenzialmente precario.
In ultimo, la cosa più triste è che questo discorso lo abbia pronunciato proprio una donna nei confronti di un’altra donna, per la quale il mondo del lavoro è ancora più difficile in quanto vittima costante della discriminazione di genere.
Anche se con ritardo sono arrivate le pubbliche scuse da parte di Imen Jane, che ovviamente non si aspettava questo polverone mediatico, non è comunque sufficiente perché al di là delle scuse ciò che serve è un deciso cambio di mentalità.