La formula del duo pianistico è una formula affascinante quanto insidiosa: è necessaria un’intesa perfetta, simbiotica, senza che per questo venga meno l’individualità dei singoli. Tutte cose ben presenti nella coppia Danilo Rea-Ramin Bahrami, celebre jazzista il primo, musicista classico tra i maggiori interpreti del repertorio bachiano il secondo, attesissima il 25 luglio al Teatro Massimo di Cagliari alle 21.30 per la trentaquattresima edizione di Rocce Rosse Blues, dove nei giorni successivi sfileranno Raphael Gualazzi in quartetto, 26, gli Inti Illimani con il cantautore Giulio Wilson, 27, Dee Dee Bridgewater accompagnata dalla Medit Orchestra di Angelo Valori, 28, Elio e le Storie Tese il 30.
Danilo Rea manca dai palcoscenici del capoluogo da due anni (nel 2022 fu ospite dell’European Jazz Expo), per il pianista persiano si tratta invece della prima volta. “Il progetto è in piedi da un po’ di tempo. Avevo sentito Ramin in un concerto romano a Santa Cecilia dove eseguiva il repertorio di Bach. Mi era piaciuto molto il modo di suonare e decisi di incontrarlo, scoprendo che era anche una persona meravigliosa e socievole. Dopo un po’ abbiamo fatto un concerto e da quel momento è iniziata la nostra avventura” afferma il pianista capitolino, la cui strada ha incrociato anche quella di tanti big della nostra musica leggera-
Avventura che dal repertorio di Bach vi spinge ora da altre parti…
Per qualche anno abbiamo proposto il materiale dell’album “Bach is in the air”, titolo che ha preso spunto dalla famosa “Love is in the air” ed è ricco di preludi, fughe e altre cose molto note. Adesso allunghiamo il nostro sguardo arrivando a Beethoven, Debussy, Satie. Naturalmente ci sarà Bach. Un repertorio che portiamo in giro da poco ma che sta piacendo molto.
Da quando la musica è tutta su piattaforme, non trova strano tenere in mano un cd?
Era già strano tenere in mano un cd ai tempi del vinile. Io poi sono un audiofilo che ha speso più soldi in apparecchi stereofonici che in pianoforti. Un buon ascolto è fondamentale. Il cd è ormai in via d’estinzione. Al tempo stesso se hai la fortuna di avere una piattaforma di musica liquida in alta fedeltà, puoi avere un ascolto pazzesco e usufruire di un’infinità di brani. Per un musicista un cd ha poco valore, se non quello di proporre il progetto che porterai in concerto. Oggi sulle piattaforme c’è l’abitudine di presentare solo un brano e a quel punto programmi l’uscita. Poi ci sono sistemi che, scegliendo un disco o un autore, ti forniscono tantissime informazioni. A quel punto puoi fare dei voli incredibili.
Bach è molto affine al jazz: fu il primo improvvisatore…
Bach ha un ritmo incredibile. Non è un caso che questa pulsazione sia stata ripresa e riarrangiata da un mare di jazzisti. Un giorno mentre stavo suonando con Bacalov facemmo un brano di Bach dove Luis eseguiva la parte scritta però swingando, come se fosse stata messa sul pentagramma in maniera sincopata. Bach si presta molto a qualsiasi tipo di improvvisazione.
Qualcosa di curioso che le è capitato in ambito accademico?
Ho incontrato musicisti classici che non avevano la minima idea di cosa volesse dire improvvisare, ma del tipo che non sapevano improvvisare neanche un motivetto come “tanti auguri a te”, e questo lo ritengo molto pericoloso. Non si può affidare la musica solo a ciò che è scritto. Avevo sedici anni quando uno dei miei maestri del Conservatorio, Vittorio Venturi, mi fece conoscere Glenn Gould dicendomi: questo pianista in Italia non è così amato come da altre parti ma vedrai che non tarderà a conquistare il pubblico. Infatti di li a poco la sua fama esplose anche da noi. Ricordo pure quando mi disse: il perfetto interprete è un perfetto cretino. Venturi oggi ha novant’anni e con i suoi consigli continua ad aprirmi la mente.
Con Bahrami come lavorate?
Lui esegue la parte scritta, ovviamente mettendoci dentro la sua personalità, mentre io improvviso sulla base di quello che fa sul momento. Ramin è un musicista estremamente emozionante. In un momento in cui la musica classica è diventata iper tecnica, come del resto il jazz, va in un’altra direzione. Quando lo sento suonare, non è mai uguale.
Da anni il pianoforte è lo strumento che riceve più interesse da parte del pubblico.
Probabilmente si. È uno strumento che ha preso forza grazie a musicisti come Ryuichi Sakamoto, uno dei miei preferiti, scomparso purtroppo lo scorso anno. In Italia artisti Allevi e Einaudi lo hanno riportato in auge.
E invece cosa le piace meno del suo strumento? Il fatto che non si possano piegare le note? Che l’intonazione è fissa?
Proprio così. La prima cosa che però non mi piace, è che devi sempre suonare sul pianoforte che hai in quel momento. Trombettisti, sassofonisti, chitarristi, suonano con lo strumento che conoscono benissimo, che hanno curato e adattato alle loro mani. Hanno un vantaggio enorme rispetto a noi. Può essere anche della stessa marca, ma la tua reazione è ogni volta diversa. Un giorno andai in studio da Mina per registrare un disco. C’era un grancoda Steinway di colore marrone. Mi dissero che era un modello particolare costruito appositamente per Benedetti Michelangeli. Pur restandone colpito, non mi piaceva. Aveva un tocco molto gommoso e per me pesante, al punto che non riuscivo ad articolare bene le dita e di conseguenza cambiava il modo di suonare e l’approccio. Un legato ad esempio poteva venirti male, e avere una risposta sul dito completamente diversa da quella che desideravi. Poi venni a sapere che quando Benedetti Michelangeli lo provò, con tutti i tecnici schierati davanti, suonò due note e disse: “Non mi piace, è troppo duro”. Un altro limite del pianoforte sta nel fatto che è complicato da accordare. Quando in estate ci sono sbalzi di temperature, non puoi fare come la chitarra, che aggiusti l’accordatura in quel momento. Anche in questo contesto, il tuo orecchio viene disturbato e, di conseguenza, pure la creatività.
Quali altri strumenti le piacerebbe suonare?
Il violino, il violoncello, la tromba, ma soprattutto, la batteria. Non c’è musicista che non vorrebbe suonare la batteria. La batteria è ritmo, pulsazione, liberazione, suono primordiale.