Costantino Zonchello è stato uno dei protagonisti della militanza anarchica nell’ambiente degli emigrati e dei lavoratori negli U.S.A e di quella “fratellanza sarda” tinta di ben definiti colori libertari dei primi decenni del Novecento. Impiegato ferroviario a Cagliari negli anni dei moti sociali, esule e disertore, divenne acuto giornalista, redattore e direttore delle più importanti riviste libertarie di lingua italiana dell’epoca. Apprezzato oratore e conferenziere, infaticabile sostenitore dei lavoratori e propugnatore della “religione della rivolta”, il suo cammino s’intrecciò con quello di anarchici del calibro di Goldman, Bergman, Sacco, Vanzetti e Schirru. Tuttavia, la sua vicenda umana e politica è ancora quasi del tutto sconosciuta ai suoi conterranei.
Cagliari e la “Rivoluzione”
Non era agevole nell’Italia dei primi del Novecento schierarsi a favore degli ideali libertari. Proclamarsi internazionalisti, anarchici, intransigenti, rivoluzionari, significava finire negli schedari della polizia come cospiratori contro lo stato. Ogni circolo veniva valutato alla stregua di un’associazione di malfattori, ogni ribelle come un delinquente che sfidava la legge e l’ordine costituito. Per gli assennati gli anarchici erano quelli che avevano assassinato il re, i senzapatria e i senzadio, avvezzi alla rivoltella e alla dinamite. Non è chiaro come Efisio Costantino Battista Zonchello – nato a Borore nel 1883 ma residente a Sedilo, paese del padre – riottoso, inquieto e dotato di un fervido intelletto sin dagli anni degli studi liceali, abbia abbracciato le idee di Bakunin, Malatesta, Gori e Pisacane. Forse furono gli articoli di Romolo Garbati, che fra un arresto e un fermo di polizia dirigeva a Cagliari il periodico libertario ‘La Lega’ o magari le gesta di Gaetano Bresci e Marius Jacob. Di certo pesò il clima di rivolta del 1906, quando la protesta delle sigaraie della Manifattura dei tabacchi del capoluogo sardo accese la miccia della sommossa popolare, che si propagò anche in altri centri isolani come Quartu Sant’Elena, Bonorva, Villasalto, Pattada, Gonnesa e Nebida.
Il giovane irrequieto, che intanto aveva tagliato ogni rapporto con la famiglia, risiedeva in città dove lavorava presso le ferrovie secondarie in qualità di applicato della stazione di viale Bonaria. Nelle giornate fra il 14 e il 16 maggio del 1906 fu spettatore di quel moto insurrezionale scaturito dalla carestia che cercava di coinvolgere nella protesta anche il personale delle strade ferrate e di far bloccare i treni. Il 13 giugno seguente abbandonò l’impiego e venne denunciato per appropriazione indebita con l’accusa di aver sottratto del denaro dalle casse societarie. Processato, venne condannato a dieci mesi di carcere con l’interdizione da ogni pubblico ufficio e un’ammenda di 250 lire. Costantino Zonchello però non aveva alcuna intenzione di scontare la pena carceraria. Nella tarda primavera del 1907, mentre davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Cagliari, presieduta dal giudice Edoardo Andria e allestita nella chiesa sconsacrata di Santa Restituta, sfilavano i 170 imputati chiamati a rispondere degli innumerevoli reati legati ai disordini dei moti della fame dell’anno precedente, abbandonava l’isola e faceva perdere le sue tracce.
L’America
Partito da Genova a bordo del piroscafo “Nord America”, Costantino Zonchello, sbarca a Ellis Island, New York, il 5 settembre del 1907. Dopo aver peregrinato per diversi stati si domicilia a Cincinnati, dove avviene l’incontro che gli cambierà la vita. Nella citta dell’Ohio conosce Giovanni Solimine, un anarchico irpino che lo introduce nel movimento libertario degli emigrati che gravita attorno al periodico ‘Cronaca Sovversiva’, settimanale in lingua italiana del quale è redattore il vercellese Luigi Galleani. Il giornale viene stampato prima a Barre nel Vermont e dal 1912 a Lynn nello stato del Massachusetts. Il giovane sardo non solo comincia a collaborare con la testata, con diversi articoli firmati col suo nome o con gli pseudonimi “Cizeta”, “Costanzo”, “Tino” o “Tino Cizeta”, ma ogni qual volta Galleani è assente in seguito ai frequenti arresti ne assume la redazione. I primi anni Dieci americani sono intensi e vivaci. Oltre a vergare gli articoli al vetriolo, Zonchello affina anche le sue capacità di conferenziere esordendo con un simposio su “Scienza e Religione” al Union Settlement Hall di Harlem a New York City. L’esilio oltreoceano permette al giovane sedilese di conoscere un’avanzata società capitalistica incardinata nelle sue molteplici contraddizioni e di osservare da vicino i complessi problemi legati al mondo del lavoro e dell’emigrazione.
Venti di guerra
Intanto la guerra libica è l’antipasto dell’immane catastrofe che sta per travolgere l’Europa. Gli anarchici italiani si oppongono risolutamente alla guerra colonialista e a quella che nel 1914 comincia a incendiare il vecchio continente. La situazione si complica ulteriormente con l’ingresso dell’Italia nel conflitto del maggio del 1915 e la relativa chiamata alle armi degli emigrati. Costantino Zonchello non risponde a ben due circolari di mobilitazione. Il 13 luglio del 1916 viene dichiarato disertore e il 31 dicembre denunciato al tribunale militare di Cagliari. Molti seguono il suo esempio, altri rimpatriano, altri ancora si tolgono la vita, come il giovane Antioco Carta da Jerzu che pur di non diventare “strumento dei governi assassini dell’umanità” si suicida con un colpo di pistola a Bronx Park. Lascia due lettere all’amico Zonchello, che aveva incontrato la mattina stessa, devolvendo alla ‘Cronaca Sovversiva’ 170 dollari e un lotto situato in Du Pont City, fra la sesta e la settima Avenue.
La “paura rossa” e l’Anarchist Exclusion Act
Gli anni delle operazioni belliche vedono il libertario di Sedilo impegnato col giornale nell’opposizione alla guerra e al fanatismo militarista e sempre in prima fila nelle conferenze e nei dibattiti per le città statunitensi, nelle aspre divergenze con socialisti e sindacalisti e nelle sempre vive lotte per le condizioni lavorative della working class a stelle e strisce. Nello stesso periodo riallaccia i rapporti epistolari con la famiglia a Sedilo, chiedendo spesso notizie sul fratello Silvio combattente in Trentino. Tuttavia, per gli anarchici, e in particolare per quelli italiani, l’aria americana comincia a farsi pesante e l’attentato di fronte a Wall Street del 16 settembre 1920 aggrava la loro posizione. ‘Cronaca Sovversiva’ viene chiuso per la prima volta nel 1917, con l’arresto di Luigi Galleani e Giovanni Eramo, e definitivamente nel luglio del 1918 in seguito all’Anarchist Exclusion Act, una legge repressiva scaturita dall’ossessione per il “pericolo rosso”, che consente l’arresto e la deportazione di chiunque sia in odore di anarchismo. Ne fanno le spese diversi esponenti delle frange libertarie, come gli anarchici lituani Emma Goldman e Aleksandr Berkman, difesi senza successo, ma con grande slancio, dal loro compagno sardo che riesce miracolosamente a scampare al giro di vite.
La sua devozione all’idea era ed è sempre stata, per chi come noi l’ha ben conosciuto durante un periodo di mezzo secolo, completa, disinteressata, sincera. Di salute non fu mai forte, aveva un carattere inquieto, un temperamento impulsivo, andava soggetto ad abbattimenti taciturni e sdegnosi che gli imponevano soste frequenti alle sue attività di lavoro e magari prolungate; ma col ritorno delle energie fisiche si riaccendevano gli entusiasmi e riprendeva la penna e si rimetteva in cammino. (Raffaele Schiavina)
“L’Adunata dei Refrattari” e il caso Sacco e Vanzetti
A conflitto terminato e con la cessazione delle pubblicazioni di “Cronaca Sovversiva”, Costantino comincia a scrivere con la consueta passione nel giornale “Il Diritto”. Nel 1919 sposa a Manhattan Maddalena Luppi, una giovane di Mordano dalla quale nel 1925 avrà l’unica figlia Hebe. Il 15 aprile del 1922 a New York è fra i fondatori di un settimanale destinato a eccezionale longevità, ‘L’Adunata dei Refrattari’, del quale sarà direttore fino al dicembre del 1925. Saranno anni di vivace attività contrassegnati dalle feroci critiche alla “rivoluzione tradita” dal bolscevismo e al nascente fascismo del “boia di Predappio”, che coincidono con l’inizio del martirio di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, al quale è legato da una sincera amicizia e con i duri contrasti “fratricidi” con l‘Unione Anarchica Italiana.
Con la consueta generosità si spende in difesa dei due anarchici italiani, che pochi anni dopo finiranno da innocenti sulla sedia elettrica di Boston, scrivendo e raccogliendo fondi da destinare alla loro causa. Fa altrettanto per il compagno ucraino Aron Baron, per la moglie Fanya e per gli altri libertari russi imprigionati dalla Ceka e condannati alla deportazione e alla morte. Lo farà ancora più intensamente per un giovane appassionato e barricadiero, Michele Schirru da Padria, che conosce proprio in quegli anni e che verrà fucilato al Forte Braschi di Roma il 29 maggio del 1931, subito dopo la condanna da parte del Tribunale per la difesa dello stato fascista per aver solamente pensato di uccidere Benito Mussolini.
In occasione della morte di Lenin scriverà: “L’han chiamato lo czar rosso. E non a torto. Lo stato comunista russo, la cosiddetta dittatura del proletariato è l’ultima evoluzione, e, come tale, la più perfetta in rapporto alle antecedenti dell’organismo statale. Vi si accoppia la prepotenza degli uomini con l’inflessibilità delle premesse dottrinarie… Lenin è morto! E il sole risplende ancora sugli ozi e le gioie e le lussurie e le orge della beata gente che possiede”.
Un infaticabile uomo “contro”
Dopo l’abbandono della direzione della testata continuerà a collaborare con ‘L’Adunata’ e con il suo attivismo politico. La polizia americana lo tiene sott’occhio ma non riesce a procurarsi una sua fotografia e deve fare affidamento ai dati forniti dalla prefettura di Cagliari che con una nota del 16 aprile 1931 informa che lo Zonchello è di “bassa statura, corporatura piccola, capelli castani brizzolati, occhi scuri, colorito molto bruno, viso scarno, naso lungo”. Il prefetto di Nuoro aggiunge che “non è in corrispondenza né con la famiglia, né con i paesani”, che venne cacciato di casa e ripudiato dai genitori per le sue idee anarchiche e che ne ignorano il recapito.
Non sfugge neppure all’O.V.R.A che nel 1938 lo scheda e lo inserisce nel Casellario politico centrale dove, sempre in una nota della prefettura nuorese, viene descritto come “intelligente, di carattere esaltato, di temperamento vivace, insofferente ad ogni limitazione legale o freno disciplinare”. Assieme al Zonchello vengono schedati e iscritti alla Rubrica di frontiera altri 6331 anarchici e libertari italiani. Fra questi, un centinaio di sardi di cui 24 risiedenti negli Stati Uniti.
Nonostante ciò, per tutti gli anni Trenta l’impegno politico si fa ancora più energico e instancabilmente viaggia per tenere conferenze di “propaganda adunatista” e di sostegno alla Repubblica Spagnola, dalle città della costa orientale fino alla California. Conosce e collabora a molteplici attività con il gotha dell’anarchismo italoamericano dell’epoca, fra i quali spiccano Virgilia D’Andrea, Orlando Lippi, Nicola Di Domenico, Raffaele Schiavina, che dirige ‘L’Adunata fino al 1971, Osvaldo Maraviglia, il sassarese Joe Meloni, Salvatore Dettori da Pozzomaggiore e Amedeo Fulvi. Con questi ultimi organizza la rappresentazione del dramma “La morte civile”, il cui ricavato viene devoluto alla famiglia di Michele Schirru.
Il suo attivismo durerà anche negli anni a venire almeno fino ai primi anni sessanta. Morirà a Los Angeles il 24 settembre del 1967.
“L’adunata dei refrattari’ continuerà ad uscire, perché il suo compito non è esaurito. Continuerà intrepida, implacata contro i mistificatori della vita, come contro i malversatori e gli appropriatori del patrimonio comune a tutti gli uomini…” ( Costantino Zonchello, 23 aprile 1932, in occasione del primo decennale dell’ ‘Adunata’)