Il libro ‘Anime Migranti’, appena pubblicato dal fotoreporter e videomaker cagliaritano Roberto Pili, riporta l’attenzione su una questione sempre tragicamente attuale: la migrazione.
In questa pubblicazione sono evidenti la volontà di restituire una cronaca veritiera ed efficace del fenomeno ma anche, e soprattutto, quella di raccontare volti e storie di chi rischia la vita aggrappandosi a una speranza. Non ci sono concessioni a una compassione stucchevole ma un profondo rispetto della realtà e delle persone coinvolte. Un documento prezioso che guarda alla questione in modo ampio, profondo e privo di qualsiasi retorica, impreziosito dall’introduzione di Bettina Camedda in lingua sarda, italiana e inglese.
Un lavoro minuzioso, iniziato nel 2011 con i primi sbarchi di migranti in Sardegna e proposti in una mostra allestita qualche anno fa, negli spazi del centro comunale il Ghetto a Cagliari. Pili utilizza il materiale fotografico in senso narrativo e didattico, mai didascalico, con grande sensibilità.
Uscito per la Nootempo X Books, ’Anime Migranti’ è un viaggio alla scoperta di un’umanità stremata da guerre secolari, oppressa da un Occidente votato al soldo, affaticata da condizioni climatiche sempre più tragiche. Nonostante questo si evincono determinazione e dignità sotto il velo di paura e stanchezza, la voglia di vivere prevale su sfruttamento e disperazione, sul razzismo becero, sulle storture della macchina dell’accoglienza.
E questo consente a Roberto Pili di portare un altro elemento al dibattito: anche noi siamo migranti. Lo siamo da sempre, fa parte della nostra storia passata, recente e contemporanea. Allora i confini stabiliti dai vincenti del mondo diventano meno solidi, si sgretolano e manifestano tutta la loro innaturale ipocrisia per rivelarci che anche noi ci spostiamo e per le ragioni più diverse, in cerca di quella felicità che è un diritto di ogni individuo.
Il tuo stile street photography credi sia stato importante per restituire veridicità agli eventi e alle persone che hai raccontato?
Assolutamente si, ho utilizzato anche il fisheye proprio perché volevo entrassero dentro la foto e io stesso volevo essere dentro la foto che stavo scattando. È stato il mio modo di sentire la persona, il mio modo di sentirci più vicini. La realtà non è mai perfetta quindi ho incluso anche le inquadrature dove la luce non era ideale o con tagli molto particolari.
Perché continua ad essere importante parlare di migranti?
Ricordi il testo “Lo straniero” dei Sangue Misto del 1994? È ancora attualissimo, si parla di non riconoscersi nella nazione in cui si vive, si parla di discriminazione, di cattiva accoglienza, di politiche ambigue. È importante parlarne perché finalmente passi il concetto che chi lascia la sua terra lo fa per disperazione, non per gioco e bisogna usare ogni mezzo per combattere quella visione razzista dell’umanità che divide il mondo in persone di serie A e di serie B. Se riesci a far cambiare idea anche a un solo razzista hai raggiunto il tuo scopo. E se sei lungimirante puoi capire che quel razzista che ha cambiato idea la porterà ad altri, è così che la società può diventare migliore.
Porterai in giro questo tuo messaggio con le presentazioni?
Organizzeremo eventi e presentazioni nelle piazze ma avremo anche modo di collaborare con associazioni che si occupano di migranti perché è importante che siano coinvolte tutte le parti in causa, in questo modo la complessità dell’argomento può emergere maggiormente. E poi le scuole, è un argomento che ci tengo a portare dove si coltiva il futuro.