Questo è uno dei pochi articoli del quarto giro di Alfabeto Interno in cui non giochiamo con gli oggetti ma con qualcosa di immateriale, come l’umorismo. Eppure, nel suo essere così a-oggettuale, lo humour è uno degli strumenti più potenti per affrontare la vita.
Perfino i grandi maestri dell’antichità, e quelli ancora più grandi che appartengono alla Fratellanza Bianca Universale, ci raccomandano di percorrere il sentiero della conoscenza di noi stessi con una buona dose di ironia, meglio se auto-ironia.
Il senso dell’umorismo, anche detto all’inglese sense of humour, e da intendere proprio con quella vena british ben precisa, ci aiuta a sorridere delle avversità, a ridimensionare gli ostacoli e i fallimenti, a respirare nei momenti in cui ci sembra non ci sia via d’uscita.
Inoltre lo humour infonde come una sorta di morbidezza allo sguardo che spesso rivolgiamo severo a noi stessi.
A tutti coloro che sono muniti di un dialogo interiore, da non confondere col rimuginio, l’auto-ironia ne fa di certo parte stendendo come un tessuto morbido tra una considerazione e l’altra.
Molte persone pensano che saper ridere, saper far ridere e ridere con sé, sia segno di superficialità, come se ridere e sdrammatizzare fosse prerogativa delle persone sciocche. E soprattutto avere un atteggiamento come contrito e un’espressione tesa, siano invece certezza di profondità e capacità di riflessione. Niente di più falso. L’ampiezza di vedute e un animo sensibile comprendono sempre la gioia, la capacità di andare oltre la mente razionale che severa le cose, le distribuisce e incasella.
La gioia e l’umorismo accompagnano la mente verso una distensione ed è distenendosi che può protendersi verso una più ampia comprensione.
La tensione generata da uno sforzo di contenimento del sorriso, del ridere e del ridere di sé, chiude la mente e ci fa diventare giudicanti e intolleranti.
Il solo fatto di essersi messi alla scoperta di sé rende l’uomo entusiasta e giocoso, come un bambino che stia imparando le cose più belle ed entusiasmanti possibili.
Chi non riesce a ironizzare rischia di non rialzarsi da una brutta caduta, di non riprendersi da una grave battuta d’arresto e di trascinare con sé chi gli sta attorno.
Vi è mai capitato di fare parte di un gruppo di studio di ‘cose spirituali di quelle troppo difficili e astruse’ e di avere l’immancabile compagno di studi tutto serioso e costretto nel ruolo del ‘io-sono-super-profondo’?
A me sì, e sebbene si trattasse di persona davvero ben informata, ogni volta che una battuta di spirito ci aiutava ad alleggerire il peso di contenuti davvero intricati, e quindi a distendere le nostre piccole e limitate menti, ecco che il biasimo, più o meno velato, ricadeva sul gruppo.
Ma era anche in quei momenti, dove la sagacia del senso dell’umorismo ti spalanca l’assurdo che, in realtà, piccole esplosioni di comprensione accadevano in noi.
Perché si sappia, la Vita è beffarda, arguta, un enigma intricato eppure così semplice, che non lo afferri se non facendo dei passi ‘strani’, e per dirla sempre all’inglese thinking out of the box, letteralmente pensare al di fuori degli schemi, azzardando una diversione che tanto ha in comune con il termine divertire, divertirsi. Eh sì, cari miei, siate allegri, ridete di voi, prendetevi anche un po’ per i fondelli, siate spensierati che tanto così ‘pensierati’, invece, state solo a rimuginare.
Le grandi scoperte non sono avvenute per caso, ma solo quando la mente era rilassata e allora ci sembrava fosse solo un caso.
Il caso non esiste e se per caso prendessimo in considerazione di lasciarci andare anche alla risata e al sorridere di noi, vedremmo tanta luce passare attraverso le fessure del sorriso.
(Foto di Dan Cook)