È fin troppo facile stavolta, i luoghi comuni si sprecano e, seppure dispiaccia, i tempi che corrono rendono ancora più facile smentire queste ovvietà.
E perché mai in questo periodo dell’anno (che a me pare venga sempre più anticipato) dovremmo avere uno spirito maggiormente predisposto alle buone intenzioni? Perché siamo fan del traffico impazzito che si scatena a fronte di orde di persone che vanno a caccia di regali con intenti tutt’altro che bonari? O forse perché ci piace sentire ripetutamente le solite canzoni scampanellanti rimbalzate tra radio, televisione, centri commerciali, negozi, etc. etc?
Sicuramente le pressioni commerciali non aiutano a separare quello che dovrebbe essere un sano spirito di festa da un dovere ormai imposto dalle convenzioni.
Ammettiamolo, chi di noi non ha finto (forse volutamente molto male) entusiasmo nell’aprire pacchetti la cui confezione era sicuramente più promettente del contenuto, immaginando alla velocità della luce a chi riciclare quel presente che… “come gli sarà venuto in mente?!?”.
E poi, bisogna riconoscerlo, per il solo fatto che questo periodo non sia altro che una parentesi, una specie di zona franca per procrastinare qualunque impegno, non ci si deve affatto sentire più buoni.
Prendiamolo per quel che è, e cioè la scusa per mangiare tutto quello che si vuole con zero sensi di colpa, avere l’occasione per rintracciare persone scomparse dal radar della nostra vita con un pretesto che sia assolutamente plausibile e rallentare, con il mantra più gettonato del periodo: “dai, rimandiamo a dopo le feste”.
Naturalmente, pur avendo l’arduo compito di sfatare luoghi comuni, nemmeno io posso/voglio esimermi dal partecipare al consumismo più puro, che quest’anno in particolare è stato consolatorio per le privazioni e sacrifici dettati dall’emergenza sanitaria.
Ed è proprio durante una di queste forsennate corse all’acquisto selvaggio e indiscriminato (complice il cashback), dopo l’ennesimo spintone e la foga della gente consapevole che dovrà stare forzatamente rintanata in casa per qualche giorno (che poi è esattamente quello che ho sempre fatto a Natale) che arrivano, inesorabili, le note di ‘Last Christmas‘. Mi torna subito in mente che qualche anno fa abbiamo importato dalla Danimarca il gioco chiamato ‘WHAMAGEDDON‘, nel quale si vince se si arriva indenni dall’ascolto di questa famosissima canzone degli Wham! al 24 dicembre. Io ho perso forse durante la mattina del primo o del secondo giorno, ma non è questo il punto: se si può ironizzare su punti fermi del Natale come questo allora c’è speranza! D’altronde sembra una canzone così dolce, ma in realtà parla di aver fatto il regalo perfetto (il proprio cuore ricolmo di sentimenti) a chi ha fatto peggio che riciclare il dono, anzi, non l’ha nemmeno scartato, o meglio, l’ha respinto al mittente. Quindi tutti più buoni manco per nulla, e basta il pensiero nemmeno per sogno!
A pensare poi che la voce solista del gruppo ci ha lasciati proprio il giorno di Natale di quattro anni fa rende ancora più triste l’interpretazione e l’ascolto della canzone.
Tra l’altro ho scoperto che questo brano doveva uscire per Pasqua (‘LAST EASTER’) ma effettivamente sostituire l’immagine del pacchetto con un uovo di cioccolato avrebbe avuto meno appeal.
Su: “a te e famiglia” non ho niente da dire; lo trovo un ottimo modo di sbrogliarsela se in quel momento sfugga l’esatta collocazione nella società del nostro interlocutore. Se è così usato significa che la sua funzione la ricopre bene.
Sfatare luoghi comuni con l’ausilio di altri luoghi comuni è fin troppo politicamente corretto. Come il Natale, che mette davvero tutti d’accordo.