Franco Calamandrei lo definì “il più onesto di noi, il compagno migliore”. Ma chi era Francesco Curreli, quest’uomo così introverso e meditativo, nato ad Austis nel 1903, che aveva aderito alla resistenza romana dopo aver peregrinato per la Francia e l’Algeria e aver combattuto nella Brigata Garibaldi durante la guerra civile spagnola? Un percorso che lo avrebbe portato fino ai G.A.P della capitale e all’azione partigiana di Via Rasella, per il quale, con un decreto del Presidente della Repubblica del 1986, si meritò, quando ormai era già morto da diversi anni, la medaglia d’argento. A lui sono dedicate una via e la biblioteca comunale del suo paese natale, ma la sua storia è ancora sconosciuta ai più.

Quando l’11 maggio del 1903 Francesca Meloni dava alla luce il figlio Francesco, nella casa di via Umberto dove abitava assieme al marito Giovanni Curreli, Austis era un piccolo e isolato paese di circa 750 anime, che non aveva ancora una condotta medica, una strada di collegamento con Sorgono, una caserma dei carabinieri, un telegrafo e neppure una levatrice. Le partorienti austesi, per supplire alla mancanza di una levatrice patenta, venivano assistite dalla signora Maria Grazia Floris, una donna di 69 anni che per molti lustri aveva prestato la sua opera senza alcuna licenza ma anche senza alcun compenso. Solitamente la sua carità veniva ripagata con un semplice dono. Nel 1903 però, dopo un lungo e difficile parto era accaduto l’irreparabile e in aprile una bambina era morta appena sei giorni dopo la nascita. La Floris venne considerata la responsabile dell’accaduto e processata dal tribunale di Cagliari l’anno successivo.
Francesco Curreli ebbe una sorte diversa rispetto a quella della sua sfortunata coetanea, nacque e crebbe in salute, ma appena diciasettenne decise di abbandonare il paese e cercare miglior fortuna altrove. Nel 1920 la situazione di Austis non era cambiata di molto; la strada rimaneva ancora un miraggio, come lo erano un moderno edificio scolastico e la tanto sospirata caserma. Per di più l’afta epizootica aveva decimato i capi d’allevamento e una precoce calura, con conseguente siccità, aveva essiccato i campi anzitempo causando la perdita di gran parte del raccolto. La miseria più nera era alle porte e così Francesco Curreli, vedendo compromessa la sua attività di servo pastore e sul quale pendeva un mandato di cattura per una rapina commessa nella vicina Neoneli, decise di espatriare in Francia.

Dalla Francia ai Gruppi di Azione Patriottica
Passato clandestinamente il confine a Ventimiglia cominciò un lungo peregrinare fra Marsiglia, Lione e Cannes dove svolgeva l’attività di muratore. Nel 1931 si recò in Algeria dove trovò occupazione come minatore e dove entra in contatto con alcuni fuoriusciti antifascisti italiani di idee comuniste e cominciò a svolgere attività politica e propaganda “antinazionale”. Tuttavia il suo nome fini negli schedari del Casellario Politico Centrale italiano soltanto nel 1937, ovvero in seguito al suo arrivo in Spagna, proveniente da Orano, città portuale dell’Algeria nordoccidentale, dove si era arruolato nella Divisione Lister del Quinto reggimento fanteria per passare poi nella XII Brigata Garibaldi, dove divenne sergente del Battaglione André Marty. Combatté sui fronti di Madrid, in Catalogna e sull’Ebro, nei cruenti scontri di Casa del Campo, Ciudad Universitaria – dove cadde il compagno di lotta di Meana, Antonio Sanna – e Boadilla del Montel. Ferito in battaglia e ammalatosi venne ricoverato nel 1938 a Madrid, Castellon de la Plana, per poi raggiungere Benisa, Albacete e continuare a combattere fino al 1939, dando il suo apporto anche all’organizzazione del Soccorso Rosso Internazionale. Dopo la vittoria falangista ripiegò in Catalogna e quindi in Francia dove venne internato a St Cyprien e Gurs, per poi soggiornare a Argeles e Vernet. Dopo l’invasione nazista della Francia decise di far rientro in Italia, ma nel luglio del 1941 venne arrestato dalla polizia di frontiera al valico di Mentone, tradotto a Nuoro, processato, assegnato al confino per cinque anni e inviato a Ventotene.
Liberato nell’agosto del 1943 si unì subito ai G.A.P della capitale e venne assegnato al ‘Gastone Sozzi’, reparto comandato dal capitano “Cola” nome di battaglia di Franco Calamandrei, che tracciandone un bellissimo ritratto nella rivista Mercurio scrisse: “Sedevamo sui nostri letti, Francesco arrotolava per noi e per sé una sigaretta, io lo interrogavo, e la sua memoria, ritrosa ed un poco lenta, ma gremita e precisa, si sdipanava. Raccontava di quando, ragazzo, portava a svernare le pecore al mare, e si nutriva di formaggio e di latte, del paese dei pescatori. Di quando, nella miniera, un caposquadra tirannico, altercando con lui, aveva tratto il coltello, ed egli rapido gli aveva spezzato il braccio con una bastonata. Raccontava com’era stato il più veloce di tutti, in cima ai piloni dell’alta tensione, sul conine svizzero, nell’avvitare i grossi isolatori di porcellana, lavorando a trenta metri dal suolo, stretto con le ginocchia alle sbarre, a testa all’ingiù. E come, a Lione, il suo picchetto di sciopero aveva precipitato giù dalle impalcature un crumiro. E come, ad Algeri, abbandonato il lavoro gli arabi portuali avevano buttato in acqua i sargos che venivano a sostituirli. Raccontava di Madrid, delle spie giustiziate, di una ragazza bellissima uccisa con un colpo alla nuca. Raccontava della guerra, di speranze e di delusioni, del concentramento al Vernet, di scorbuto e fame. Francesco raccontava, e negli occhi di Giorgio io vedevo la mia stessa sorpresa, sorpresa felice e invidiosa, dinanzi a quell’esistenza così guadagnata”.
La resistenza di Via Rasella e l’eccidio delle Fosse Ardeatine
In quel caldo pomeriggio del 23 marzo 1944 Francesco Curreli si trovava nei paraggi di via Rasella, all’angolo di via del Boccaccio, e partecipò coraggiosamente, assieme ai compagni, fra i quali il cagliaritano Silvio Serra, a uno dei più conosciuti episodi della resistenza romana, lanciando sul contingente del Polizeiregiment Bozen bombe di mortaio ‘Brixia’ modificate in bombe a mano. La rappresaglia fu feroce e portò all’eccidio delle Fosse Ardeatine. Scrisse ancora Calamandrei: “Francesco era il più onesto di noi, il compagno migliore. In Roma liberata c’è stato per lui un posto di cuoco in una cucina militare francese. Lì ha sudato l’estate, e la notte faceva il guardiano nella sede di una nostra sezione. Ora ha avuto il biglietto per la Sardegna, e mi ha salutato. Portava lo stesso vestito che il Soccorso Rosso gli dette quando arrivò dal confino. In più aveva soltanto un pacco di giornali e di opuscoli da distribuire al paese”.
La medaglia d’argento per la lotta partigiana
Il partigiano Curreli si spense il 27 marzo del 1972 a Nemi, nella zona dei Castelli Romani, nella casa di cura di Villa delle Querce. Una via e la biblioteca comunale di Austis portano il suo nome. Con decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1986, registrato alla Corte dei conti il 17 maggio 1986, registro n. 20 Difesa, foglio n. 270, venne concessa a Francesco Curreli la Medaglia d’Argento al valor militare per l’attività partigiana: “Curreli Francesco, nato l’11 maggio 1903 ad Austis (Nuoro). Operaio antifascista, già esule politico e volontario nelle Brigate internazionali durante la guerra di Spagna, subito dopo l’8 settembre prendeva parte attiva alla lotta che i partigiani romani conducevano contro l’invasore. Componente di un gruppo di avanguardia, si distingueva in numerosi agguati e combattimenti che causavano dure perdite al nemico; in particolare, in quelli del 24 gennaio 1944, del 2 marzo 1944 e del 23 marzo 1944. Concludeva la lotta nelle montagne della Ciociaria alla testa di reparti partigiani. Roma, 8 settembre 1943 – 4 giugno 1944.
In copertina il Gruppo di Azione Patriotica romano capitanato da Franco Calamandrei. Francesco Curreli è il secondo da sinistra.