“Priscilla, che cos’è una drag queen?”, una domanda semplice ma potentissima. Un tappeto di cuscini, una fiaba tra le mani, occhi spalancati e cuori aperti. È così che è iniziato il pomeriggio con ’L’ora delle storie con Priscilla’, l’incontro dedicato a bambini e bambine, organizzato a Sassari il 27 giugno allo Spazio S’Ala, in collaborazione con l’associazione La Tribù. L’evento si inserisce nel programma del Sardegna Pride 2025, che quest’anno è tornato a Sassari dopo l’ultima edizione del 2022 (ne abbiamo parlato qui).
A guidare l’incontro è stata una figura amatissima del panorama LGBTQIA+ italiano: Priscilla, drag queen, artista, attrice, attivista e madrina del Pride Sardegna 2025, nota anche al grande pubblico per aver condotto ‘Drag Race Italia’, basato sul format del programma statunitense RuPaul’s Drag Race. Qualche giorno dopo l’appuntamento sassarese, noi di Nemesis Magazine l’abbiamo raggiunta per un’intervista esclusiva: ci ha raccontato cosa significa portare in scena la libertà, parlare ai più piccoli con rispetto e fantasia e perché essere drag queen è anche un gesto d’amore e di impegno.
Priscilla, nome d’arte di Mariano Gallo, nato a Napoli nel 1976 – è stata ballerina e attrice, per poi affermarsi come una delle drag queen più riconosciute a livello internazionale. Nel 2001 esordisce come Priscilla nel programma Rai ‘Al posto tuo‘, per poi approdare a Mykonos, dove ha calcato i palchi per anni, diventando Queen of Mykonos nel 2007. Ma molto prima dei riflettori, c’era solo una stanza, un letto e un bambino che si costruiva abiti con le lenzuola.
“Ho sempre saputo di voler fare l’artista – racconta Priscilla – Ho studiato danza per anni e iniziato a recitare già quando frequentavo le scuole superiori. Era un periodo complicato: stavo scoprendo la mia omosessualità, cercavo di capirmi, ma allo stesso tempo reprimevo quella parte di me. Il teatro è diventato il mio rifugio, un luogo sicuro in cui potevo finalmente respirare. L’approccio al drag non è stato immediatamente legato all’identità. All’inizio, per me, fare la drag era solo una forma d’arte, una parte della mia attività di performer. Parlavo di Priscilla come fosse un cartone animato, proveniente da un altro pianeta. Non volevo che esistesse nel mondo reale, volevo che restasse un’invenzione scenica. Col tempo, però, quella distanza è svanita: essere Priscilla è diventato sempre più un piacere, un bisogno. Ho iniziato un percorso personale di riflessione e decostruzione, e ho capito che Priscilla non è solo un personaggio: è parte di me, è una delle mie essenze, mi ha dato equilibrio e quasi completezza. La consapevolezza è arrivata tornando indietro, a quel bambino che sfilava davanti allo specchio con le lenzuola del lettino trasformate in abito. Priscilla è quel bambino, quel Mariano che, dopo una giornata di bullismo a scuola, si chiudeva in camera per ritrovare se stesso. Oggi, ogni volta che salgo sul palco, è come se tendessi la mano a quel bambino e gli dicessi: adesso puoi essere felice”.
Una fiaba, un laboratorio, una rivoluzione gentile
Il laboratorio, pensato per bambini e bambine dai cinque agli 11 anni, è iniziato con la lettura della fiaba ‘Julián va al matrimonio’ di Jessica Love (Franco Cosimo Panini, 2021): i protagonisti della storia sono Julián e Marisol, un bambino e una bambina che partecipano a un matrimonio tra due donne. Marisol, però, non si riconosce nel vestito scelto per lei dalla madre: preferirebbe indossare un berretto, ma la madre glielo toglie, sostituendolo con una corona di fiori. Durante la festa i bambini giocano, si sporcano e si divertono. Julián, con un gesto affettuoso e complice, offre a Marisol la sua camicia. La bambina la indossa e Julián, grazie alla fantasia, trasforma alcune foglie in vere ali: un momento magico, di metamorfosi e libertà. Quando i due tornano al matrimonio, la madre di Marisol si accorge del cambiamento, e questa volta non rimprovera sua figlia: le restituisce il berretto, riconoscendo e accogliendo il suo modo unico di essere.
Una metafora potente e accessibile di libertà espressiva, che ha fatto da ponte per spiegare cosa significa essere una drag queen. “Ho spiegato ai bambini e alle bambine che una drag queen è una persona che si diverte a giocare con il trucco, i vestiti e lo spettacolo per raccontare qualcosa di speciale, con tanta fantasia e libertà, un po’ come fanno anche loro a Carnevale o quando, nei loro giochi, inventano dei nuovi personaggi. È un po’ come un supereroe, solo che invece di salvare il mondo con i muscoli, lo fa con la bellezza, l’arte e la voglia di far ridere ed emozionare. Essere drag queen è un modo per dire al mondo che siamo liberi di essere come vogliamo e nessuno ha il diritto di dirci che siamo sbagliati. Ho spiegato che il mondo si può salvare anche con la bellezza, il divertimento e il colore, tentando anche di decostruire il machismo e abbandonando l’idea che il mondo può essere salvato solo con la forza e i muscoli – ci racconta Priscilla – Il messaggio che ho deciso di lasciare ai bambini e alle bambine è che non esistono vestiti, giochi o colori giusti o sbagliati. Esiste solo ciò scelgono, perché la scelta è un momento di autodeterminazione, un momento di libertà. Il gioco è uno degli strumenti più potenti che hanno per esplorare sé stessi. Ma troppo spesso, anziché lasciarli liberi, siamo noi adulti a decidere per loro, proiettando le nostre aspettative fin dalla nascita, ad esempio già nella scelta del colore della coccarda. I figli non sono nostri. Noi li mettiamo al mondo e certamente ce ne prendiamo cura, ma l’obiettivo è farlo in modo che diventino persone libere di scegliere. Spesso, con la scusa di accudirli, finiamo per schiacciare e reprimere la loro libertà di espressione”.
Dopo la lettura animata della storia, Priscilla ha invitato i bambini a creare i propri vestiti con carta, stoffe e colori, lasciando spazio alla fantasia e al gioco libero. C’erano gonne, gilet, corone e specchi in cui guardarsi. E poi la domanda più importante: “Ti piace quello che vedi?”. “Tutti mi hanno detto di si, e io ho risposto: ‘È perché l’avete scelto voi’. Quel momento, per me, è stato uno dei più emozionanti della mia carriera – racconta Priscilla – Ogni volta che incontro bambini e bambine, mi rendo conto di quanto siano più propensi, rispetto agli adulti, a lasciarsi stupire e ad accogliere l’altro. Infatti, quando sono arrivata in drag, nessuno di loro si è stupito, spaventato o interdetto. Mi ha colpito la loro naturalezza. Nessuno ha avuto bisogno di fare domande”.
Il pomeriggio si è chiuso con un momento di festa, un po’ come Julián e Marisol, in cui Priscilla si è tolta i tacchi per ballare insieme ai bambini e alle bambine.
Un tour per educare alla libertà
L’incontro con i più piccoli a Sassari non è stato un evento isolato: a questo è seguito il laboratorio ‘Letture bimbə’, in programma lo scorso 3 luglio al Pride Village di Catania. In quell’occasione, purtroppo, si è verificato un grave episodio: poco prima dell’inizio del laboratorio, Egle Doria, membro del direttivo di Associazione Famiglie Arcobaleno e membro del comitato Catania Pride è stata vittima di un’aggressione verbale e fisica da parte di un uomo. Anche per questo, il progetto di Priscilla non si fermerà: oltre ai laboratori per bambini, proseguiranno le tappe nelle scuole e nelle università, inaugurate l’anno scorso con l’incontro per studenti e studentesse all’Università Federico II di Napoli, a cui si è aggiunto l’incontro dello scorso maggio al liceo artistico Munari di Acerra.
“Ho intenzione di portare questo tipo di laboratori in tutta Italia, con tappe nelle scuole, nei licei e nelle università per parlare di espressione di genere, libertà, omolesbobitransfobia e delle famiglie arcobaleno. In un clima sociale in cui si attaccano i Pride, come è avvenuto a Catania, non possiamo più tacere. Queste persone hanno bisogno del nostro sostegno, non del nostro silenzio”.