Sia chiaro: scelgo sempre io di cosa scrivere, a volte con una attenta pianificazione, a volte di getto, a volte mi pento ma vado comunque avanti (e lo espongo in maniera trasparente), altre volte invece mi sorprendo (nel bene o nel male) più di quanto mi sarei aspettato.
Ecco, questa volta sono andato un po’ di getto e mai avrei pensato di esserne poi così felice.
Sia chiaro, penso che la band scozzese non abbia bisogno di presentazioni in quanto una dei massimi esponenti di quella seconda new wave degli anni 2000 che si consacrò per l’ennesima volta la scena della terra di Albione come culla dei suoni ma, sia chiaro anche questo, nonostante il loro costante valore, non era facile tenere botta per circa venti anni.
Venti anni si, ora non facciamoci prendere dal panico ma era il 2003, settembre circa, quando in Italia arrivarono i primi echi di questi ragazzi magrissimi che proponevano una musica acida, ritmata, fatta di schitarrate a metà strada tra i Gang of Four e un po’ i Wire e po’ gli altri mostri sacri del tempo che fu come i Television, che aveva il magico effetto di ammaliare immediatamente manco fosse il nuovo pifferaio magico che arrivava in città. Era il tempo di Block Party, Maximo Park, Cinematics, Editors, e potrei continuare per ore ,ma non per anni, appunto, almeno per molti che ora non ci sono più.
Invece il buon merito della band di Alex Kapranos è quello di aver saputo continuare con costanza a spuntare e raffinare album dopo album (alla fine sono solo sei) il loro suono evitando il decadimento atomico veloce stile Idles, Viagra Boys o Fontaines Dc – band che evidentemente devono tantissimo ai FF e compari di cui sopra anche se non lo diranno mai perché sembra più emozionante scrivere solo punk, così, “de botto” – e puntando questa volta ad un mini concept – undici canzoni per trentacinque minuti – che però scorre bene, sa ancora a tratti entusiasmare sin dalle prime beatlesiane note di ‘Audacious’ e tiene le nostre beneamate orecchie ben appiccicate alla fonte sonora.
Forse la furbizia, o il mestiere, è proprio quello di presentarci un lavoro di una sola mezz’ora, per il classico adagio del “meno c’è, meno si sbaglia” però intanto ‘The Human Fear’ e soprattutto i Franz Ferdinand sono ancora qua a dir la loro.
E scusate se è poco dopo più di venti anni di carriera.
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