Come si fa a dire di no a Cechov, a prescindere dalle regie e dagli interpreti. Se poi la regia è quella di Peter Stein e sul palco c’è un nome come quello di Maddalena Crippa, allora le ragioni per andare a teatro sono più d’una. L’ultima volta che Stein e Crippa approdarono a Cagliari fu nel 2022 con “Il compleanno”, di Harold Pinter. Adesso ritornano con Crisi di nervi – Tre atti unici, in programma il 4 febbraio al Comunale di Sassari e dal 5 al 9 al Massimo di Cagliari sempre per la stagione CeDAC, proposti insieme agli attori che da anni lavorano con il regista berlinese: Emilia Scatigno, Sergio Basile, Alessandro Sampaoli, Gianluigi Fogacci, Alessandro Averone. La compagnia incontrerà il pubblico giovedì 6 alle 17 nel foyer del Massimo dove a fare da moderatore ci sarà Massimo Tria, professore associato di Lingua e Letteratura russa dell’Università di Cagliari.
Tre brevi testi, L’orso, I danni del tabacco, La domanda di matrimonio, che lo scrittore e drammaturgo russo considerava poco più che puri pretesti comici, ma che invece contenevano i semi di quelli che sarebbero diventati innovativi capolavori teatrali come “Il gabbiano” e “Il giardino dei ciliegi”. Cechov si può vedere un’infinità di volte, non si finisce mai di scoprire, di comprendere, i suoi testi sono attraversati da vibranti segnali dello scorrere implacabile del tempo, della vita. “In ogni atto c’è una sorta di isteria, fraintendimenti, cambiamenti totali nelle emozioni, litigi” ci racconta al telefono Stein, maestro del teatro contemporaneo di cui è figura tra le più importanti e originali: “Nel primo pezzo il protagonista muore quasi dalla rabbia a causa di un credito che non riesce a riscuotere da parte di una donna che sfiderà a duello per poi cadere ai sui piedi e chiederle di sposarlo. Nel secondo un conferenziere confessa di voler porre fine alla disastrosa vita da marito. Nel terzo un futuro sposo fa il contrario di quello che dovrebbe fare litigando furiosamente con quella che sarà sua moglie”.
Cechov probabilmente non immaginava il successo che gli Atti unici avrebbero riscosso tra il grande pubblico.
“Diciamo che li considerava una sorta di opere minori, anche se poi quando andarono in scena nella provincia ebbero successo. Forse non si aspettava che venissero accolti calorosamente in posti come San Pietroburgo e Mosca. Il lavoro che affrontò in ogni atto fu ad ogni modo meticoloso. Pensiamo al secondo, Il danno del tabacco”, ne scrisse tre versioni datate 1884, 1886, 1902. Questo vuol dire che ha cambiato e migliorato i testi di volta in volta. Le prime due versioni gli sembravano troppo leggere”.
Ancora oggi viene considerato autore malinconico e tormentato.
“Ma non è così. In questi Atti unici viene fuori il suo lato umoristico. Sono tragici e divertenti al tempo stesso. Si sentiva libero di non fare teatro serio anche se in realtà faceva teatro molto serio. In questi pezzi affronta la relazione uomo-donna”.

Il legame con Maddalena Crippa è artistico e umano: vi scontrate mai per motivi che riguardano l’interpretazione di un personaggio?
“No, anche se chiedo sempre di dare il massimo”.
Perché Cechov continua a essere moderno?
“Perché ha saputo vedere oltre il suo tempo, perché quando scriveva vedeva i grandi cambiamenti che sarebbero arrivati”.
Ha portato in scena parecchie opere del drammaturgo russo: cosa le manca?
“Platonov. Un’opera che non ebbe successo e richiede grandi sforzi anche nel numero di attori”.
Ieri in Germania non è passata la legge sulla limitazione dei flussi migratori presentata dalla Cdu e appoggiata dall’estrema destra.
“Un sodalizio terribile basato su una proposta altrettanto terribile. In tutta Europa l’ultradestra sta conquistando terreno. Bisogna creare degli argini”.
Le foto sono di Tommaso Le Pera