Ieri è andata in onda l’ultima puntata della stagione di “Report”, programma di inchieste giornalistiche e su Rai 3 condotto da Sigfrido Ranucci e diretto da Claudio Del Signore. Il tema era l’arte “mortificata dalla pandemia e anche da chi non ha saputo difenderla – così il presentatore – non apprezzando quello che ci insegna continuamente questa dottrina, un esercizio nobile, forse il più nobile della nostra esistenza: la capacità di saper ascoltare”. In scena un esperimento: il musicista di fama internazionale Paolo Fresu si è esibito in incognito in una delle piazze più frequentate di Roma, vestito, come sottolineato da Ranucci, “da barbone”. L’esito è stato scontato: pochissimi hanno riconosciuto il talento di Fresu e hanno ignorato la sua esibizione. Non scontato invece il fatto che la produzione di Report si lasciasse andare a una rappresentazione carica di stereotipi attorno ai musicisti di strada. Condividiamo la bella riflessione scritta sul tema da Valdo Di Nolfo, consigliere comunale del centrosinistra ad Alghero, giornalista e operatore culturale.
“Una delle migliori trasmissioni di sempre nella TV italiana ieri ha chiuso la sua ventiseiesima edizione e lo ha fatto in musica. L’idea era di porre l’attenzione sull’arte. Idea splendida costruita in maniera pessima, un linguaggio pieno di stereotipi in cui purtroppo è stato coinvolto anche Paolo Fresu che ‘ha accolto l’invito’ del conduttore Sigfrido Ranucci. Il Maestro suona in piazza, come un artista di strada ma per non renderlo riconoscibile viene truccato. Anzi, come se fosse carnevale viene mascherato da, boh, barbone? clochard? Non si capisce. Viene truccato in viso come se fosse sporco, conciato come se puzzasse e non si lavasse, con i guanti rotti. Il peggior stereotipo in prima serata su Rai 3: gli artisti di strada puzzano, non si lavano e sono sporchi e ovviamente hanno i dreadlock.
Nel mondo reale, non quello degli stereotipi, gli artisti di strada sono artisti veri, che meritano rispetto. Hanno fatto una scelta di liberà, suonano per strada e anche nei palchi a cachet come tutti gli altri. I busker in Inghilterra sono un’Istituzione, con la I maiuscola. A proposito di dread – tema e stereotipo che conosco molto bene, ahimè – poco prima è andata in onda una bellissima intervista a Moxie Marlinspike, fondatore di Signal, app da milioni e milioni di utenti. Uno che se solo volesse si potrebbe comprare la Rai per mettere il Cavallo in giardino, lavarlo e profumarlo ogni giorno o per truccarlo. Continuerò a guardare Report sempre e comunque, continuerò ad apprezzare il suo giornalismo libero e d’inchiesta che colpisce tutte e tutti a prescindere dal colore politico. Continuerò a sostenere sempre il programma e Sigfrido Ranucci, col cuore e con l’anima. Continuerò ad ascoltare Paolo Fresu, ad amare la sua musica e la sua persona rispettosa di tutte e tutti che sicuramente non crede in questi stereotipi. Non ho niente da insegnare a nessuno, figuriamoci a due maestri della musica e del giornalismo come quelli che ho citato, ma semplicemente credo che quella andata in onda sia una comunicazione stracolma di stereotipi di cui è arrivato il momento di fare a meno“.
L’aveva già fatto Joshua Bell anni fa alla metro, suonando Bach.
Si il camuffamento di artisti celebri in strada non è una modalità nuova, qui si rifletteva sull’opportunità di rappresentare un artista in quel modo, con vestiti logori e aspetto trasandato.