Un’accoglienza affettuosa e carica di ammirazione per quello che a tutti gli effetti si può definire un sassarese illustre, è quella riservata dalla sua città d’origine a Luigi Manconi, che con il suo ultimo libro “La scomparsa dei colori” (Garzanti 2024) ci consegna la narrazione intima e vibrante di una trasformazione radicale: la progressiva perdita della vista, un viaggio da una forte miopia alla cecità totale, attraversato con una lucidità che non manca mai di ironia e autoironia. Una cecità che Manconi descrive come “lattiginosa, a tratti caliginosa e talvolta perfino luminescente”, un buio che non è solo privazione, ma anche scoperta di nuove prospettive.
Il sociologo e politico ha presentato la sua opera il 6 novembre scorso all’Ex-Ma.Ter di Sassari davanti al pubblico delle grandi occasioni, in un dialogo profondo e carico di emozioni con la giornalista Daniela Scano e il sindaco Giuseppe Mascia. Ad arricchire l’incontro le letture curate da Caterina Corbi Berlinguer. L’evento, patrocinato dal Comune di Sassari, organizzato in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti Mario Sironi e la libreria Koinè Ubik, faceva parte della appendice del Festival di letteratura giornalistica Liquida. Per il pubblico cagliaritano, Manconi sarà sabato a Cagliari in via Cesare Pintus al Convitto nazionale (località Terramaini) in dialogo con il sindaco Massimo Zedda e la consigliera comunale Laura Stochino e domenica alle 11 a Siliqua alla libreria La Giraffa in dialogo con Giacomo Mameli.
“La perdita della libertà comporta un affidamento agli altri, ti mette a confronto con un limite e ti costringe a misurare tangibilmente con tutto il corpo cosa è la tua imperfezione”.
Nel suo libro Manconi affronta la cecità come un corpo a corpo con la patologia attraverso un processo fatto di tappe, una sfida che ha richiesto tenacia e una continua ridefinizione di sé stesso. Ogni tappa di questo percorso rappresenta una perdita, ma anche l’occasione per scoprire energie e risorse sconosciute. “Ogni precipitazione mi offriva delle chance perché quella colluttazione non finisse con una resa da parte mia, ma un nuovo momento di conflitto di cui sapevo il destino e tuttavia continuavo a lottare. Mai è stata una resa, mai una dichiarazione di abbandono del campo ”, ha raccontato durante la presentazione, in una danza di rinunce e conquiste che rivela, pagina dopo pagina, una capacità di lotta che non cede mai al buio completo.
La perdita della vista è per Manconi una doppia privazione: di bellezza e libertà. Non poter più cogliere i dettagli nei volti dei figli, la grazia di una città che cambia, i colori che sfumano. Ma la cecità, oltre la mancanza, porta a scoprire nuove sensibilità: il suono delle voci, la vibrazione della musica, il calore del sole che diventa un indicatore spaziale. Un nuovo mondo fatto di percezioni tattili, sonore e di memorie visive che continuano a pulsare.
Centrale in questa esperienza è anche il rapporto con gli altri, l’affidarsi e l’essere affidati. Manconi racconta di come il suo rapporto con chi lo circonda abbia preso una nuova piega, in un dare e ricevere reciproco che apre una nuova intimità e, talvolta, una scoperta persino felice. La cecità, una tragedia irreparabile, come la definisce, tuttavia non è “la fine di tutto”, ma può diventare l’inizio di una nuova esplorazione dell’umanità e dei suoi limiti.
Luigi Manconi, già presidente della Commissione per i diritti umani del Senato, parlamentare per tre legislature e sottosegretario alla Giustizia, ha fatto della difesa delle libertà individuali bandiera del suo agire politico. Consapevole della sua posizione di privilegio, ha scelto di consegnare la sua esperienza di vita alla collettività per farne una questione pubblica, anche a nome dei milioni di persone con disabilità che vivono in Italia.
Il suo, dunque, è un invito a guardare la malattia come una sfida, narrata tra le pagine di un libro da leggere senza sensi di colpa, che ci lascia in eredità il valore della lotta come antidoto all’immobilità e alla chiusura.