Le organizzazioni ‘stop finning’ sparse per l’Europa sono arrivate a raccogliere un milione di voti per fermare la crudele pratica dello spinnamento che ogni anno miete milioni di vittime tra gli squali. La cifra è stata raggiunta il 18 gennaio scorso, e non è stato semplice. Difendere gli squali significa infatti eradicare un preconcetto consolidato, di cui si son resi complici sì i denti numerosi e aguzzi, spesso disposti in varie file, di cui queste specie sono provviste e che richiamano immagini truci e sanguinolente, ma soprattutto una serie di opere cinematografiche che, da Steven Spielberg in poi, si sono rivelate inclementi.
Eppure gli squali sono i protettori degli Oceani e del loro ecosistema – che, tra le altre cose, è fautore del 50% dell’ossigeno che respiriamo. Trovandosi all’apice della catena alimentare, permettono infatti l’equilibrio della vita sotto di loro, dai pesci medi a quelli piccoli ai coralli.
Squali pericolosi? Un luogo comune

Per quel che riguarda la loro fama, poi, si può dire che è completamente immeritata. Secondo il Global Shark Attack File gli attacchi di squalo che si sono rivelati fatali durante tutto il 2021 sono stati otto. Numero perfettamente nella media con quello degli altri anni. Sono tanti otto attacchi mortali su una popolazione di otto miliardi di persone? Probabilmente no, se si confronta questa cifra con quella dei venti morti causati in media ogni anno solo negli Stati Uniti dalle mucche. Di cui i due terzi intenzionalmente: le mucche volevano uccidere le persone. Tanto che in UK è addirittura nato un sito, Killer Cows, che serve per tutelarsi dagli attacchi del bestiame. E risulterà una cifra ancora meno importante se la si confronta col numero opposto, cioè quello degli squali ammazzati dagli umani: circa 100 milioni ogni anno.
Il commercio delle pinne, una strage senza fine
Ben 73 milioni di squali sono stati uccisi proprio a causa del commercio di pinne: sono 3.500 le tonnellate di pinne che, ogni anno, l’Unione europea vende ai mercati orientali. Soprattutto a causa di questa pesca eccessiva il numero degli squali nel mondo, dal 1970 ad oggi, si è ridotto del 70%. Con tutte le relative conseguenze che può avere la moria eccessiva della punta della catena alimentare all’interno di un determinato ecosistema.
Stop finning, la petizione alla Commissione europea

Con queste premesse più di un milione di votanti ha deciso oggi di chiedere lo stop alla pesca con finalità di spinnamento tramite la cosiddetta ‘iniziativa dei cittadini europei’, strumento per proporre alla Commissione Europea un nuovo atto legislativo. Il regolamento è semplice: perché una proposta sia valida deve ottenere un milione di voti complessivi all’interno dei Paesi dell’UE, con almeno sette Nazioni che superino la soglia minima, ottenuta tramite la moltiplicazione tra numero di deputati al Parlamento Europeo di un Paese e il numero totale dei deputati del Parlamento stesso. L’iniziativa contro lo shark finning è dunque stata condivisa e diffusa per più di un anno, sino a raggiungere il numero di firme richiesto. L’Italia, col suo comitato Stop Finning Italy, ha giocato un ruolo importante: fa infatti parte di quei Paesi che hanno superato anche la soglia minima richiesta. Il prossimo passo sarà dunque la discussione in Commissione Europea della proposta che chiede di estendere il Regolamento UE 605/2013, che impedisce l’asportazione di pinne di squalo all’interno dei pescherecci (le pinne si possono tagliare dal dorso degli squali, ma non mentre si è ancora sopra l’imbarcazione), al commercio di pinne in generale. Ma prima l’ultima tappa: è possibile continuare a votare sino al 31 gennaio tramite il link https://www.stop-finning-eu.org/it/ per continuare a far aumentare le voci di chi, nonostante l’immaginario comune, si schiera al lato degli squali e del loro ecosistema.