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“L’Aventura”, le vacanze in Sardegna di una famiglia francese nel film presentato al Festival di Cannes

Di Claudio Cinus
09/08/2025
in Cinema
Tempo di lettura: 3 minuti

Il cinema sardo non ha mai trovato molto spazio al Festival di Cannes, anche se è d’obbligo ricordare la notevole eccezione di “Padre padrone” di Paolo e Vittorio Taviani, che vinse la Palma d’Oro nel 1977 (sardo fino a un certo punto, però; infatti il successo internazionale non bastò a evitare le polemiche nell’isola). È stata una piccola sorpresa, quindi, che ACID, una delle tre sezioni parallele del festival, organizzata dalla “Association du Cinéma Indépendant pour sa Diffusion” e dedicata alla promozione di opere indipendenti, abbia scelto di aprire con un film girato quasi interamente in Sardegna, sebbene di produzione francese.

Alla scoperta di San Pietro

“L’aventura” (scritto proprio così, con una sola v) è il resoconto romanzato delle vacanze estive di una famiglia francese in Sardegna: Sophie e il compagno Jean-Phi, assieme al loro figlio di tre anni Raoul e alla quasi undicenne Claudine, nata da una relazione precedente di lei. Anche se il progetto iniziale è un giro completo di tutte le coste, decidono poi di trattenersi quasi esclusivamente nell’Isola di San Pietro, da cui vengono conquistati per i paesaggi e l’accoglienza. La struttura del racconto vacanziero, all’apparenza piuttosto comune, è però particolarmente elaborata e metacinematografica: mentre i protagonisti vivono la loro vacanza, registrano le testimonianze dei ricordi dei giorni precedenti come appunti per un possibile futuro film, cosicché quasi ogni evento viene visualizzato due volte, sia nel momento in cui si svolge, sia nel momento in cui lo si ricorda, con un continuo andirivieni temporale che può causare qualche iniziale confusione, finché non se ne comprende lo schema.

Sophie Letourneur, regista e protagonista, è riuscita a mettere in scena la quotidianità caotica e talvolta incontrollabile di una vacanza fai-da-te anche grazie alla rodata complicità con Philippe Katerine (che interpreta il suo compagno) col quale aveva già collaborato in passato, e alla naturalezza dei due giovani interpreti Bérénice Vernet – cui affida lo sguardo più lucido e analitico, che solo i bambini senza il peso delle responsabilità riescono ad avere – e il piccolo scatenato Esteban Melero il quale, probabilmente, ha davvero vissuto tutta la lavorazione come una vacanza, o meglio una grande avventura. Si alternano i momenti di confusione dei genitori apprensivi, le esperienze più tipiche della vacanza al mare tra giochi in spiaggia e sortite al bar, per poi soffermarsi sui rari momenti di riposo: un’immersione realistica in cui set cinematografici e ambienti reali non sembrano avere confini, eppure ogni realtà è personale perché suoni e luci cambiano in base al punto di vista di chi narra o ricorda.

La memoria e le immagini

La vacanza della famigliola francese, così messa in scena, appare come un accumulo di ricordi visivi sovrapposti che sarebbero potuti provenire da riprese amatoriali; invece, per i personaggi, la memoria e la parola hanno più importanza della ricerca spasmodica di immagini oggettive da condividere. È più importante il piacere (e talvolta il dispiacere) senza tempo di vivere il momento e poi riportarlo alla mente con modifiche, coloriture, imbarazzi. Si evita del tutto l’effetto tragico del filmino delle vacanze altrui e anzi questa avventura vissuta in compagnia della famigliola francese, oltre a ricostruire perfettamente la fuga dalla città verso il mare con tutti i pregi e difetti dei luoghi visitati alla maniera dei turisti, è anche un’analisi sagace di come qualunque evento banale e ripetitivo, già vissuto innumerevoli volte da innumerevoli persone, possa essere smontato e rimontato per appropriarsene, rendendolo unico e personale.

Dopo l’anteprima mondiale di maggio a Cannes, “L’aventura” è stato distribuito a partire da luglio nelle sale francesi. Non ci sono ancora notizie su un’eventuale distribuzione italiana, per la quale bisognerebbe studiare con attenzione il periodo dell’anno più adatto e valutare una circolazione solo in lingua originale sottotitolata, per non perdere le fondamentali differenze linguistiche presenti.

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