Il molo San Carlo di Carloforte dal 30 giugno ospita il monumento d’arte pubblica “Formiche di Mare” di Marta Fontana come tributo ai galanzieri, gli storici marinai carlofortini. Marta Fontana è di origini venete ma vive a Carloforte da circa 23 anni; le sue opere sono il risultato di ricerche per lo più installative e grafico-pittoriche con cui sviluppa un approccio sensoriale alla materia e alle forme, le tecniche e le materie che usa appartengono alle tradizioni anche in disuso.
“Formiche di Mare” è un progetto site specific in cui lo spazio che accoglie l’opera, il molo San Carlo con il mare sullo sfondo, diventa parte dell’installazione stessa.
E’ da questo antico molo, infatti, che tra Ottocento e Novecento i galanzieri attraversano il mare con le bilancelle, veloci barche in legno africano di iroko tipiche di Carloforte, per trasportare il solfato di piombo (la galena) proveniente da tutte le miniere del Sulcis Igliesiente. Mentre l’Isola di San Pietro prosperava divenendo all’inizio del secolo scorso il secondo porto più importante della Sardegna, il lavoro dei marinai carlofortini era durissimo, rischioso e la bassa paga dipendeva solo dalla quantità di materiale trasportato e stoccato nei magazzini e nelle navi. Questo costringeva i galanzieri a navigare in ogni condizione di tempo e a riempire le barche del minerale con il pericolo che affondassero. Le modalità in cui si svolgeva di lavoro erano inumane, tanti di questi uomini si ammalavano e molti non hanno mai fatto più ritorno a casa. I galanzieri si sono però ribellati dando vita ad una delle prime manifestazioni di protesta per migliorare le proprie condizioni di lavoro e fondando la Lega dei Battellieri, una delle prime organizzazioni sindacali in Sardegna.

A queste “Formiche di Mare”, con il sostegno del Comune di Carloforte, della Fondazione Sardegna e della Fondazione Cammino Minerario di Santa Barbara, Marta Fontana ha voluto dedicare la sua opera di cui fanno parte lo scheletro di una bilancella, una panchina ed un masso in calcare grezzo.
Lo scheletro stilizzato della bilancella è lungo 22 metri ed è formato da nove forcelle in corten (acciaio patinato) realizzate con l’aiuto di alcuni maestri d’ascia locali. La prua punta verso il mare mentre la poppa è rivolta verso il teatro dedicato a Giuseppe Cavallera, l’uomo che ha avuto un ruolo fondamentale nella organizzazione delle lotte per i diritti dei galanzieri e dei minatori sardi. Al di sotto dei sostegni che reggono le forcelle è stata creata sempre in corten una canaletta o impluvium per rappresentare il solco lasciato dalla barca sulla riva quando veniva trascinata in secca. L’impluvium è stato realizzato in contropendenza in modo da portare verso il mare l’acqua piovana che viene raccolta con il fine di richiamare anche il movimento con cui la barca veniva riportata in acqua. Nella canaletta sono stati lasciati frammenti di galena a rievocare il lavoro delle donne in miniera che svolgevano il ruolo di cernitrici. Accanto a questa struttura, da un lato, si trova la panchina in legno in ricordo delle tavole su cui sedevano i galanzieri. Sulla panchina e fino a terra è poggiata una rampa in acciaio patinato per testimoniare la camminata in bilico sulle pedane di legno che i marinai compivano da terra verso le barche o dalle bilancelle verso terra per trasportare i pesanti sacchi, anche oltre 50 chili, contenenti il minerale.
Dall’altro lato rispetto alla panchina c’è il masso in calcare proveniente dalla cava di Terraseo e donata dalla Fondazione Cammino Minerario di Santa Barbara, che l’artista ha scolpito sulla parte superiore richiamando la struttura cubica del solfato di piombo.
L’opera nel suo insieme è stata concepita come attraversabile, abitabile dai visitatori in modo da interagirvi con essa.