Era il 24 giugno del 1935 quando Carlos Gardel, la leggenda del tango, la voz de oro e anche el zorzal criollo, moriva tragicamente in un terribile incidente nell’aeroporto di Medellin, in Colombia. Di ritorno da un tour trionfale che lo aveva portato in giro per i Caraibi, l’aeromobile su cui viaggiava si scontrò con un veicolo tedesco fermo sulla pista dell’Olaya Herrera. Gardel restò carbonizzato, insieme al suo paroliere Alfredo Le Pera, autore di grande talento, e altre venti persone. La salma impiegò più di sette mesi prima di arrivare a Buenos Aires, dove fu accolta da una marea umana per essere poi accompagnata nel cimitero di Chacarita. Ancora oggi la sua tomba, dominata da una statua di bronzo alta due metri, è meta di pellegrinaggio. Per gli argentini, infatti, Gardel rimane una specie di divinità alla quale rivolgersi con preghiere e chiedere grazie.
Un mito pari a quello di Evita Peròn, Maradona e, più recentemente, Papa Francesco. Nel 2003 l’Unesco ha dichiarato Gardel Patrimonio Culturale dell’Umanità. La sua foto continua a campeggiare nelle case, nei taxi, nelle milonghe e in tanti altri luoghi. Nessuno ha mai dimenticato la sua voce baritonale con cui avvolgeva splendide canzoni, più di ottocento, incise nel corso di una carriera breve quanto folgorante, i tanti film interpretati con successo (tre furono girati a Parigi per la Paramount e quattro a Hollywood), i programmi radiofonici e televisivi.
La sua fama ancora oggi non conosce l’offesa dell’oblio, al punto che, il 24 giugno di ogni anno, viene celebrata una festa in suo onore, una sorta di San Gardel della memoria collettiva. “Gardel fa parte del cuore argentino. Non era solo un cantante, era il tango stesso” dichiara Mariana Montes, star internazionale di Buenos Aires che dal 2010 vive a Cagliari, raggiunta telefonicamente in Portogallo dove in questi giorni è ospite del bel festival Barcelos, insieme ad altri grandi nomi come Miguel Angel Zotto e Daiana Guspero attesi il 25 luglio a Tharros con lo spettacolo Tango-Historia de Astor per il Festival Multidisciplinare organizzato dall’Associazione Enti Locali. “La sua voce ci ha fatto piangere, sognare, innamorare e continua a farlo” prosegue la celebre tanghèra”: “La sua figura trascende il tempo e i confini. Un detto argentino ricorda che “Gardel canta meglio ogni giorno”, a significare che per noi è ancora vivo”.
Nato nel 1890 a Tolosa da una stiratrice, Berthe Gardés, fu registrato all’anagrafe con il nome di Charles Romuald Gardés. Priva di marito e per sfuggire alle malelingue, la giovane donna emigrò due anni dopo in Argentina dove per un lungo periodo il Carlitos per eccellenza fu per tutti El Francesito. Anche se le origini restano avvolte da un alone di mistero. In contrasto con la confinante Argentina, l’Uruguay ha sempre rivendicato la paternità di Gardel. La storia del piccolo Charles emigrato a due anni, sarebbe stata un’invenzione dell’avvocato del cantante per far rimanere in Argentina l’eredità del re del tango. Secondo una teoria accreditata a Montevideo, fu il figlio segreto del colonnello Escayola, caudillo di Tacuerembò, e di sua cognata Maria Leila Oliva. In ogni caso, francese, argentino o uruguayano che fosse, Gardel era e rimane la massima espressione del tango. E Mi noche triste, primo tango cantato della storia inciso nel 1917, proposto in lunfardo, gergo della periferia di Buenos Aires, Cumparsita, composta dall’uruguayano Gerardo Hermàn Matos Rodriguez ma resa famosa da Gardel nel 1924, Caminito, Per una cabeza, Cuesta abajo, Sus ojos se cerraron, Mano a mano, Yira Yira, Knock out de amor, La violeta, No llores mas, e altre ancora, restano gemme preziose che in tutto il mondo ieri come oggi continuano a brillare.