Piercer, scrittore, attore. Baz Black dalla cara vecchia Irlanda lavora su più fronti per combattere pregiudizi legati alle pratiche della body art attraverso progetti, partecipazione a programmi tv, fiere e convegni.
di Giacomo Pisano, traduzione Valeria Martini
Quando ti sei avvicinato alla body art e quando hai trasformato una passione personale in lavoro?
Sin da bambino sono stato affascinato da ogni forma di body art. Mi imbattevo sempre in band heavy metal come gli Iron Maiden e i Pantera, per questo volevo tatuaggi come loro. Li disegnavo sulle mie braccia e gambe e una volta adolescente è stato inevitabile averli realmente. Non ho mai deciso di essere così pesantemente ricoperto, ma se voglio qualcosa non mi preoccupo mai dell’approvazione di nessuno. Per quanto riguarda i piercing, il primo l’ho fatto a 14 anni. Dato che non so disegnare, non avrei mai potuto fare il tatuatore per sostenermi, ho sempre voluto fare il piercer. Mi sono trasferito in California per fare un tirocinio a ora eseguo piercing da 17 anni.

Hai fatto del tuo corpo un’opera d’arte e spesso partecipi a programmi televisivi in cui difendi le ragioni della body art e il diritto ad esprimere se stessi. Una battaglia che vinceremo quella contro i pregiudizi verso chi è diverso?
Credo sia una lama a doppio taglio in quanto per me essere differenti è il senso totale dell’alterare il proprio corpo, per esprimere una individualità e essere chiunque ti renda felice. Sfortunatamente questo va di pari passo con il pregiudizio della società con cui abbiamo a che fare. Gli esseri umani giudicano in base all’esteriorità e la società è inquadrata in modo da mantenere le persone entro confini uniformi. Perciò chiunque violi le regole di una mentalità conformista, andrà sempre incontro al pregiudizio. Quando vado a questi show sono ben consapevole del fatto che il mio ruolo è quello si educare un pochino gli “odiatori”. Sebbene sappia di avere a che fare con persone dalla mentalità simile alla mia e sappia di rappresentarli, nel nucleo centrale del mio essere non provo nessun interesse su quanto possano pensare. Immagina di vivere la tua vita senza essere ciò che realmente credi di essere a causa della paura di cosa un estraneo possa pensare di te. Fanculo. La vita è troppo corta, vivila come vuoi, non come le persone pensano tu debba viverla.
Come è nata l’idea per il tuo libro “Ink Princess“ pubblicato nel 2016?
Scrivere un libro era nella mia lista dei desideri delle cose da realizzare. Non ho mai pensato che lo avrei veramente fatto ma l’idea per il libro non mi abbandonava così ho messo le mie idee sulla carta e sono giunto a “Ink Princess”. È un thriller ambientato nel mondo dei tatuaggi. Sono stato molto fortunato per il successo che ha avuto ed è fantastico che le persone si ritrovino nella protagonista, Megan. I diritti del libro sono stati acquistati da una compagnia di produzione in UK quindi con tutta probabilità vedrete “Ink Princess” molto presto nei vostri schermi.

Sei anche regista e attore e i tuoi lavori son stati premiati e candidati in molti concorsi. Che tipo di messaggi vuoi comunicare a chi ti guarda?
Amo i film, sono la mia via di fuga. Fare l’attore per vivere sarebbe un sogno diventato realtà. Per l’aspetto che ho, vengo scritturato per fare il ruolo del cattivo o dello spacciatore. Sono ruoli divertenti da interpretare ma volendo dimostrare che ho più possibilità, ho iniziato a scrivere i miei copioni così li posso rappresentare da me. Nel mio primo film, “Reflections”, interpreto un ragazzo che ha deciso di porre fine alla sua vita ma viene salvato da una bambina di sei anni. La giustapposizione di Paul, questo spaventoso giovane tatuato, mostrato in una posizione fragile e vulnerabile e l’interazione con Katie, una dolce e innocente bambina che si è persa nel bosco, evidenzia quanto, a dispetto delle apparenze, siamo tutti esseri emotivi. Anche se c’è un momento nel film in cui una persona rivaluta una sua nozione preconcetta, potrebbe esserci arrivato e in tal modo io ho fatto il mio lavoro. Sono stato molto sorpreso di quanto sia andata bene ai festival del cinema e vincere dei premi mi ha aperto le porte alla carriera come regista. Il mio nuovo film si chiama “Merrow” ed è basato su una sirena del folklore irlandese. Sono molto eccitato per chi vedrà questo lavoro. Io e mia moglie possediamo una casa di produzione chiamata Sure Look Production e abbiamo un sacco di progetti in arrivo, il che è molto emozionante.


Suoni la batteria, la musica ti ha ispirato come persona? Quali sono le tue influenze?
La musica è un’enorme parte della mia vita. Suono la batteria da quando ho iniziato a camminare (secondo quanto dice mia madre) e ho suonato in molte punk band negli anni. In questo periodo suono con Amongst the Wolves (celtic punk rock) e anche per una band tributo dei Prodigy che si chiama The Prodigy Sons. Stare alla batteria è catartico, sono nella mia zona comfort quando suono e nulla ha importanza. Il mio amore per la musica è anche piuttosto consistente nel processo di creazione dei film perché so quanto in profondità possa suscitare emozioni quando è fatta bene. In effetti il primo lungometraggio del quale ho scritto la sceneggiatura parla di una band punk di Dublino nei primi anni ’90 che è pesantemente influenzata da una band nota per la quale ho suonato la batteria per sei anni e che si chiama Monghorn. Inizieremo a girare il prossimo anno
Cosa ami fare nel tempo libero?
Tempo libero? Ah ah! Una delle maledizioni dell’avere una mente creativa è che sto sempre saltando da un progetto all’altro e la mia mente sta raramente in stato di quiete tanto da rilassarsi ma sto migliorando man mano che cresco. Guardare film è sempre ciò che preferisco fare, un buon film può portarti via da questo pianeta per qualche ora, ho una collezione di DVD di oltre 5000 film. Cerco di andare in palestra più spesso che posso, non mi piace tanto ma mi sento male se non cerco di stare in forma. Amo anche gli animali, molto più degli umani. Abbiamo un cincillà che si chiama Columbo (dal nome del detective).