Il giovane scrittore carlofortino ha appena dato alle stampe il suo esordio ‘Omicidio a Carloforte’, un giallo uscito per Piemme edizioni, dal sapore mediterraneo e dallo stile accattivante.
Sarà perché d’estate c’è bisogno di evasione, sarà che le storie ambientate in Sardegna hanno la capacità di tenerci attenti, sarà che la scrittura, agile e naturale, scorre liscia come i buoni vini che nel libro sono nominati, insieme a una cucina curatissima, a intervallare le indagini su un qualcosa di inaspettato: un presunto suicidio. O si tratta di un delitto? Il commissario Alvise Terranova, fresco di nomina, torna nell’isola che per lui è fonte di gioia e tormenti e decide di indagare. Con lui gli agenti e i carlofortini che animano le pagine e la vita dell’isola di San Pietro.
La struttura del giallo si snoda tra i carruggi che sanno di salsedine, in una Carloforte ingrigita dalla pioggia, e in cui il buio viene squarciato da aperture sul mare aperto, perfetto per meditare, descrivendo un posto incantato in modo estremamente credibile, perfettamente aderente alla realtà. Accoglienti e sagaci, i personaggi del libro rivelano ombre non da poco, tacciono dettagli, straparlano su questioni altrui, inviano lettere anonime, si fanno minacciosi. Il commissario dovrà sbrogliare più di un gomitolo per fare chiarezza sul mistero che sembra coinvolgere tutto il paese, dal sindaco al parroco fino alla direttrice della casa di riposo. Emergono la bellezza e le dinamiche di provincia, con gli interessi personali, il clientelismo, i silenzi.
Dopo una settimana dalla pubblicazione il libro è andato in ristampa. Ti aspettavi un’accoglienza così calorosa?
Assolutamente no, figurati che quando un libraio di Carloforte, prima che uscisse il libro, mi scrisse che ne aveva ordinato cinquanta copie, mi sentii in ansia per lui, temevo che sarebbero rimaste a prendere polvere sugli scaffali.
C’è un grande protagonista nel libro che si chiama Carloforte. Come è stato raccontare la tua città e tingerla di ombre?
Inizialmente non è stata la mia prima scelta. Temevo di essere troppo coinvolto. Scelsi una località sarda a cui ero poco legato, però quando rileggevo le pagine mi sentivo distante. Carloforte mi appartiene “emotivamente”, per cui quando ho riscritto il libro ambientandolo qui, è successo un qualcosa di strepitoso: sono riuscito a ritornare nei luoghi della mia infanzia come durante un sogno estremamente vivido. Ormai non vivo a Carloforte da vent’anni, e grazie alla scrittura ora posso tornarci ogni volta che voglio, almeno con la testa. La mia Carloforte, quella di quando ero ragazzo, lontano dai mesi estivi, ha molte più ombre che luce. Per cui è stato naturale immergermi nella parte più oscura.
La figura del commissario è particolare rispetto ai soliti che troviamo nei gialli. Intanto è giovane però ha dei gusti maturi in fatto di musica e cibo. Cosa ti ha ispirato?
Il commissario Alvise Terranova è l’amico con cui vorrei condividere del tempo libero. I suoi gusti, le sue passioni e il suo carattere sono un po’ la combinazione e la sintesi dei gusti e delle passioni di alcune persone a me care. C’è anche del mio, soprattutto per quanto riguarda la musica.
Sei già al lavoro sul sequel, cosa dobbiamo aspettarci?
Questa volta Alvise Terranova si muoverà in una Carloforte estiva, ma non per questo con meno ombre.