Non tutti sanno che leccarda è il nome della teglia frequentemente di colore nero, che viene fornita in dotazione, in genere assieme a due griglie, con il forno per la cucina.
È lì per raccogliere i grassi che colano durante la cottura di certe carni che si intende preparare alla griglia.
La si usa in altri modi, anche come contenitore per la preparazione di squisite patate al forno e altri cibi.
Ma, poverina, era stata pensata come superficie di scolo, gocciolio e raccolta di cose riprovevoli per le nostre arterie.
Leccarda o leccardo sono anche aggettivi, oggi abbastanza desueti, per indicare persone ghiotte, forse anche crapulone, sicuramente gozzoviglianti.
Leccarda è una parola che di per sé, almeno a me, fa pensare al senso del gusto, laddove ha forse un legame più stretto con le cose che sarebbe meglio evitare di introdurre nel nostro organismo.
E come oramai siamo abituati a fare in questa rubrica, viene da chiedersi cosa c’entri tutto ciò con quanto abbiamo dentro di noi a livello psichico. La faccenda è semplice semplice: se siamo dotati di un contenitore che raccolga le sostanze che inquinano la nostra mente e le nostre emozioni è un bene, ma dobbiamo ricordarci di svuotarlo e pulirlo. E, si sa, la pulizia dei grassi è per lo più un’operazione noiosa se non addirittura fastidiosa.Quando i grassi si sono rappresi e anche bruciacchiati, quindi sono diventati il famoso sporco ostinato, la loro rimozione diventa ancora più difficile e ci vuole il celeberrimo olio di gomito. Che poi fa anche ridere che per eliminare cose grasse e oleose si debba usare olio, di gomito, ma pur sempre olio. Anche se si tratta di un’espressione idiomatica, ha un suo senso interessante, perché il simile attrae il simile, ma il simile riesce pure a scacciare il simile. Questo giusto per ricordare che la famosa Legge di Attrazione in realtà è per esteso Legge di Attrazione e Repulsione. Sembra dunque che per qualcosa di pervicacemente ostinato e indurito serva altrettanta tenacia e forza, è qui la similitudine.
Quando il nostro deposito di stress, dolore, tensione, paura, divieti, abitudini tossiche, disvalore, ansia e altre cose di questo tipo è pieno, bisogna pulire. Pulire è un bel termine, perché significa eliminare senza però la pesantezza che il termine eliminare reca con sé, troppo tranchant. E poi pulire indica un processo che avviene in maniera progressiva, con delle fasi. Prima si lavora sul grosso, poi si passa al lavoro di fino. Occorrono non solo forza e determinazione, ma anche i giusti strumenti per operare. Sapete, cose come le spugne e i pannetti, forse delle spatole per staccare le parti dure, detergenti dapprima di attacco e poi quelli per lasciare lucido e liscio. Ecco, provate a trasformare questi utensili in parti di voi che possano corrervi in aiuto quando arrivi il momento di fare pulizia.
Certo però che se dobbiamo dirla tutta, è molto più raccomandabile pulire la leccarda ogni volta che la si usi. Una piccola forma disciplinata di azione che evita il penoso momento in cui davanti a una leccarda divenuta un crostone oscuro e maleodorante si arrivi persino a buttarla via e comprarne una nuova di zecca. Con gli oggetti si può ben fare, ma con le parti di noi è un’operazione assai pericolosa. Se devi buttare una parte di te così rovinata, probabilmente ti sei anche ammalato. Di quelle malattie bruttine.
Attenzione quindi, si chiama igiene psichica e si attua prendendosi cura delle nostre cose invisibili che però esistono dentro e si riflettono al di fuori, nel nostro stile di vita, nelle relazioni, nell’efficacia lavorativa, nella capacità di godere della vita.
Pulire con amore e metodica costanza.
E così non ci sarà nulla da buttare.
C’è solo da prendersi cura.
 
			 
    	




 
							




