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Università di Cagliari, si chiude l’era della rettrice Del Zompo. “Pandemia, inclusione, parità di genere: ecco le sfide che abbiamo vinto insieme”

Di Francesca Mulas
27/03/2021
in Cultura
Tempo di lettura: 5 minuti

La galleria dei rettori dell’Università di Cagliari si trova al primo piano di Palazzo Belgrano, un severo edificio di fine Settecento in via Università, nel quartiere storico di Castello. Qui sono esposti i ritratti, gli stemmi e i nomi dei sessanta uomini che hanno guidato l’istituzione dai suoi albori e fino agli ultimi, Pasquale Mistretta e Giovanni Melis.
Manca l’ultimo ritratto, è ancora in fase di rifiniture: dopo quattro secoli per la prima volta comparirà una donna. Maria Del Zompo, 69 anni, cagliaritana, laurea e specializzazione in neurologia, è la prima rettrice dell’Università di Cagliari. In carica dal 2 aprile 2015, dopo sei anni si prepara oggi a lasciare le stanze del Rettorato e consegnarne le chiavi a Francesco Mola, il suo successore.

A pochi giorni dalla chiusura del suo mandato, dopo un anno incredibile segnato dalla pandemia mondiale ma anche delle celebrazioni per i quattrocento anni dell’Università di Cagliari è il momento dei bilanci. Cosa si è fatto, quali obiettivi raggiunti, quanto c’è ancora da fare. E come la più grande università della Sardegna (e tra le migliori dieci per qualità didattica, istruzione e servizi secondo il Ministero dell’Istruzione) ha affrontato la più drammatica emergenza sanitaria del secolo tra lezioni, tirocini, attività, esami e lauree diventati virtuali.

Maria Del Zompo ci accoglie nella grande sala accanto alla galleria dei ritratti. Fa un certo effetto vedere computer e smarphone in azione tra stucchi, tappeti, cornici e tappezzerie. La vista sul Golfo di Cagliari dalle grandi finestre della sala ci accompagna nella chiacchierata in una mattina di primavera.
“Come sono stati questi sei anni? Durissimi ma molto belli. Abbiamo fatto tanto, l’ateneo è migliorato in tutto, abbiamo lavorato per la parità di genere e l’inclusione, e questo non può che rendermi felice. Ma mi rende felice soprattutto il fatto che la città ha imparato ad affezionarsi a questa università e ne riconosce il ruolo di propulsore di cultura e crescita. Mi piace sottolineare che abbiamo lavorato tutti insieme condividendo gli stessi principi e gli stessi obiettivi. Non si fanno le buone cose da soli”.

Questo il bilancio complessivo per la rettrice, c’è poi una riflessione sull’ultimo anno: il 10 marzo 2020 tutto il paese è entrato in lockdown e tutte le attività formative sono state trasformate in attività a distanza; in quei mesi l’Università di Cagliari si preparava anche a celebrare i suoi quattro secoli di vita. C’erano da mandare avanti azioni straordinarie per garantire a tutti e tutte il diritto allo studio senza dimenticare gli appuntamenti già presi, gli eventi già programmati.
“Il lockdown del marzo scorso non ci ha colto impreparati – sottolinea – avevamo già impostato da tempo servizi per la didattica digitale perché abbiamo sempre pensato fosse importante andare in quella direzione, quindi in dieci giorni abbiamo messo on line i corsi di studio. L’emergenza ha portato anche aspetti positivi, le lezioni e gli esami a distanza hanno permesso agli studenti fuori corso di mettersi in pari e laurearsi. Alcuni docenti non avevano dimestichezza con certi strumenti ma oggi hanno iniziato a usarli in maniera efficace e continueranno a usarli in parallelo alle attività in presenza. Allo stesso tempo siamo stati bravi a ripensare le celebrazioni per i quattrocento anni dell’Università in modo che potessero essere svolti anche a distanza. C’è stato un grande lavoro collettivo con cui siamo riusciti ad affrontare questi mesi, e lo abbiamo voluto tutti insieme”.


Il mandato di Maria Del Zompo è in chiusura, ma sono tanti gli impegni di questi giorni: tra gli ultimi, l’inaugurazione di un asilo nido per studenti e studentesse e per il personale dell’Università. Non è un’idea isolata ma parte di un progetto più ampio, “Tessera baby”, con servizi per chi ha bimbi piccoli come una ludoteca e le stanze rosa. E poi c’è il Piano di uguaglianza di genere, pubblicato pochi mesi fa e voluto per contrastare le disuguaglianze tra studenti e studentesse e nell’organizzazione lavorativa.
“La parità di genere è un obbligo, dovrebbe essere la norma e invece ancora oggi è una azione straordinaria. Abbiamo deciso da subito che bisognava muoversi verso questo obiettivo, lavorando anche sulla progressione professionale dando ad esempio premialità ai dipartimenti che riequilibravano la presenza femminile e maschile. La Tessera Baby è un aspetto di questo percorso, abbiamo pensato a tante studentesse e studenti che si trovano a scegliere tra studio, lavoro e famiglia: non è giusto chiedere loro di farlo né considerare normale che si rinunci a ciò che si desidera perché non ci sono servizi. Quanto ha influito il mio essere donna in queste azioni? Tanto. E ha influito anche la mia esperienza personale, le scelte che ho dovuto compiere in passato. Non voglio che questo si ripeta. E non è un problema solo di genere: quanto perde la società civile nel contributo che le donne possono dare? Un mondo governato da decisioni esclusivamente maschili è un danno per tutti”.


L’uguaglianza di genere passa anche per il linguaggio: le parole traducono la realtà. E dunque, se c’è questa grande attenzione per la parità, perché la prima rettrice dell’Università di Cagliari insiste nel firmarsi ‘rettore’? “Ci sono realtà che non si riconoscono nei generi femminile e maschile – spiega – Se usiamo un linguaggio al maschile o al femminile stiamo continuando a discriminare: vorrei togliere il significato maschile a quella realtà, dunque uso ‘rettore’ senza articolo, ma lo stesso vale per sindaco e per altri nomi di figure istituzionali. Questo a mio avviso permette a tutti di sentirsi a casa a prescindere dall’appartenenza. Siamo noi che diamo un significato alle parole, e attribuendo un significato maschile o femminile stiamo continuando a creare divisioni non funzionali. Si può non essere d’accordo con la mia impostazione ma ne sono convinta e rifarei le stesse scelte”.

Maria Del Zompo con Francesco Mola

Sono molti i temi da approfondire con una donna che a 69 anni ha raggiunto livelli altissimi nella ricerca e nell’insegnamento, si è specializzata in alcune patologie legate alle neuroscienze cliniche, ha diretto un centro specialistico per lo studio delle cefalee a Cagliari, firmato infiniti progetti di ricerca, conquistato premi, riconoscimenti e collaborazioni prestigiose.

Tra i tanti, quello che le sta più a cuore riguarda i giovani: “L’investimento sui ragazzi e le ragazze, i bambini e le bambine lo metterei al primo punto delle nostre agende, davanti a qualsiasi altra cosa. Come nazione siamo molto indietro sull’impegno dei più piccoli all’interazione sociale e ai primi contatti con la cultura e la conoscenza, e questo purtroppo si vede dagli abbandoni scolastici, dai tanti giovani che non hanno interesse a studiare, a coltivare le loro passioni. Bisogna investire in asili nido e scuole materne per favorire la crescita e lo sviluppo di quella gioventù piccolissima che diventerà la gioventù di domani. E dobbiamo avere il coraggio di farlo ora sfruttando i piani di investimento straordinari messi in campo dall’Europa per l’emergenza, se non agiamo subito siamo destinati a essere come nazione una colonia, e come regione una colonia nella colonia. Quello sui giovani è l’unico investimento che può dare certezze per il futuro”.

Il 31 marzo Maria Del Zompo lascerà il palazzo Belgrano, a ottobre prossimo andrà in pensione dall’insegnamento. Cosà farà dopo? “Mi piacerebbe dedicarmi alla divulgazione scientifica. E vorrei iniziare dai centri più piccoli”.

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Commenti 2

  1. Entula says:
    5 anni ago

    Avere avuto la possibilità di “fare una chiacchierata” con il primo Rettore donna della storia dell’Università di Cagliari, pochi giorni prima della cessazione del suo mandato, rappresenta sicuramente un privilegio.
    A fine mandato si è generalmente più loquaci, meno attenti all’etichetta e al proprio ruolo istituzionale (Cossiga docet).
    Alla luce di questo, accanto alle tante cose positive oggetto della chiacchierata di cui sopra, il clima era senz’altro propizio per poter domandare alla Rettrice in merito ad episodi magari meno piacevoli, ma che volente o nolente hanno caratterizzato il suo percorso all’Università di Cagliari. Ad esempio, a distanza di 5 anni sarei stato curioso di sapere se ella si sia mai pentita per aver organizzato nel 2016, all’interno dell’Aula Magna di Monserrato, un seminario contro l’inquinamento e per la tutela dei mari, invitando come ospiti d’onore (udite, udite!) rappresentanti della Saras e della Marina Militare.
    Iniziativa senz’altro lodevole, ma con ovvi rischi di contestazioni se coloro i quali hai invitato a parlare non sono, per utilizzare un eufemismo, esempi specchiati di tutela dell’ambiente e dei mari. E difatti ci fu una pacifica protesta studentesca: alcuni slogan scanditi al megafono, altri trascritti in uno striscione, un po’ di trambusto e poi tutti a casa. Tutto ciò che ebbe però come conseguenza l’apertura di un procedimento penale a carico di alcuni giovani studenti con l’accusa di violenza privata aggravata in concorso. Lo stesso processo è poi sfociato in una sentenza con multa da 200mila euro a carico di 17 imputati, sicuramente non bruscolini se i cosiddetti trasgressori non hanno alle spalle famiglie facoltose ad aiutarli. Ai tempi giudicai la pena sproporzionata rispetto ai fatti contestati, ma soprattutto intravvidi una grave lesione del diritto di manifestare ed esprimere la propria opinione a danno di pochi indifesi studenti. Mi lasciò interdetto la circostanza che il tutto venne innescato da un convegno che forse mai avrebbe dovuto tenersi, e che lo stesso venne organizzato dall’istituzione culturale per eccellenza, che quei ragazzi avrebbe dovuto proteggerli e sostenerli e non mandarli al patibolo (metaforicamente parlando).
    Oggi esce nel vostro magazine un bell’articolo dal titolo “IO C’ERO. Chiamata ad artisti e creativi per sostenere la lotta di A Foras contro le servitù militari”. Curioso come membri di “A Foras” fossero appunto quegli stessi ragazzi.
    Visto che ciò sarebbe stato coerente con le vostre pubblicazioni odierne, visto il clima da saluti finali, visto che da un magazine che si chiama Nemesis ce lo si aspetterebbe, non sarebbe stato il caso di mostrare un po’ più di coraggio e chiedere alla Rettrice “anche” in merito a tale spiacevole episodio?
    Con immutata stima, saluti.

    Rispondi
    • Francesca Mulas says:
      5 anni ago

      Gentilissimo, grazie per il commento, e grazie per i toni moderati: di questi tempi è davvero una rarità leggere critiche con un linguaggio rispettoso. Se pure, da quello che vedo, nell’ambiente universitario la rettrice è generalmente stimata, non ignoro il fatto che fuori non ha riscosso lo stesso apprezzamento, soprattutto in merito all’episodio che hai citato e anche ad altri. Non lo ignoro, eppure in un’intervista di bilancio a fine mandato ho preferito non soffermarmi su vicende che riguardano piuttosto la sfera giudiziaria, di cui come Nemesis non ci occupiamo se non marginalmente. Come hai notato il nostro è un progetto culturale, ambientalista e antimilitarista e cerchiamo di dare sempre spazio a iniziative su questi temi, senza però entrare nel merito della cronaca. Avrei potuto essere più coraggiosa e chiedere alla rettrice un commento su questa vicenda e anche su altre su cui è stata contestata, ma ho scelto di dare spazio alle cose positive che resteranno alla città e ai suoi studenti e studentesse dopo sei anni di rettorato. Ad ogni modo ti ringrazio per questa riflessione, per la crescita del nostro giornale nato appena pochi mesi fa il confronto con punti di vista diversi, e anche l’invito a prendere posizioni più nette, è per noi davvero importante.
      Francesca Mulas

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