Non rinuncia mai a una risposta quando ha fatto una domanda. Si meraviglia, cerca di capire, sa ascoltare, prova emozioni sincere e decide di morire per tornare a casa. Parla con gli animali, le piante e persone strane davvero. Questo e di più è il Piccolo Principe che, come pochi altri titoli, è stato in grado di conquistare lettori di ogni tipo e attraversare, sempre verde, otto decenni. Pervicacia e delicatezza, qualità che forse hanno aiutato questo personaggio a entrare nell’immaginario comune per tutto questo tempo e oltre. Era, infatti, l’aprile del 1943 quando uscì a New York la prima edizione del Piccolo Principe. Dapprima pubblicata in inglese e subito dopo in francese, entrambe da Reynal & Hitchcock, è uno dei libri più venduti di sempre. Nelle classifiche mondiali, il racconto parzialmente autobiografico di Antoine de Saint-Exupéry si attesta tra i primi dieci con oltre 200 milioni di copie vendute. Edito in 505 lingue e dialetti è, escludendo alcuni testi religiosi, il libro più tradotto al mondo.
La dedica più bella di sempre
“A Leone Werth, quando era un bambino”. È così che termina il vero incipit di questo libro classificato come letteratura per ragazzi.Chi era Leone Werth? Sempre nella dedica che precede la frase finale appena citata, ne troviamo i motivi e cioè Leone Werth “è il migliore amico che abbia al mondo”, “questa persona grande può capire tutto, anche i libri per bambini” e “questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolata”.
È la dedica al bambino che questa persona grande è stato.
È un libro che si annuncia delicato e potente perché poggia sui valori dell’amicizia, dei legami e della sensibilità ai bisogni di affetto. Anche per questo il Piccolo Principe ci ha conquistato, grazie alla sua capacità di acchiappare il cuore di tutti quegli adulti che non hanno dimenticato l’incanto di quando erano bambini.

Addomesticare è creare dei legami
Ci sono voluti ottant’anni, ma il Piccolo Principe, che lo volesse o meno, è riuscito ad addomesticare milioni di lettori di ogni età, ogni estrazione socioculturale e ogni interesse. Ci è riuscito come la volpe nel testo insegna, con pazienza e ripetendo le stesse azioni, alla stessa ora e poi lentamente avvicinandosi sempre di più. E sebbene oggi sia incredibilmente inflazionata, “non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi” è uno dei frammenti di verità che la vita ha nascosto in questo piccolo libro.
Senza mai salire in cattedra, ma attraverso il viaggio doloroso e tormentato del ragazzino tanto curioso quanto avventuroso, che approfittò di una migrazione di uccelli selvatici per partire dal suo asteroide B-612 e giungere sulla Terra, Antoine de Saint-Exupéry ci regala un compendio di piccole storie, attraverso i diversi personaggi, che favoriscono l’introspezione.
Forse è per questo che il libro è diventato tema di tesi di laurea, viene usato in percorsi di crescita personale, è continuamente ripreso negli ambiti pedagogici ed è anche rappresentato in una varia moltitudine di linguaggi espressivi.

Il valore del prendersi cura
Il Piccolo Principe ci insegna anche che possiamo andare alla ricerca di un senso, ma per questo non abbandonare chi ha bisogno di cura e protezione. Diviene necessaria, quindi, una pecora che possa brucare i germogli di baobab così che non invadano il suo piccolo asteroide. I semi delle piante cattive vanno estirpati da subito.
E, ancora, non partirà se non dopo essersi accertato che l’unica sua amata rosa, in vero fino a un certo punto dispotica e capricciosa, non sia al sicuro, senza ancora saper comprendere cosi significhi essere contradditori come lei. Un’avaria nel bel mezzo del deserto africano costringe l’aviatore e scrittore Saint-Exupéry a soffermarsi e riflettere. Nel tentativo di aggiustare il suo aereo in panne e da quella difficoltà, nella solitudine delle dune, prima al caldo e la notte al freddo, nasce uno dei racconti più belli di sempre che fino a oggi è stato una carezza nel cuore di milioni di persone.