Il giallo, come tutti i colori, ha un suo significato e in questo caso anche una sua appartenenza. Il giallo è il colore dei bachi da seta di Orgosolo, chiamati per l’appunto razza Orgosolo, reso oggi ancora più intenso grazie alla tintura con lo zafferano dei fili impiegati nell’ordito. Questa particolare razza è stata selezionata dalle donne del paese che in anni di attività hanno allevato un baco in grado di secernere una saliva di colore giallognolo a causa di un enzima generato durante la digestione. Molte donne erano allevatrici di baco da seta ma la famiglia Muscau si occupava anche della tessitura e spesso riceveva filati di altri allevamenti già pronti per il telaio.
Tramas de Seda, una storia lunga duecento anni

La stessa famiglia Muscau oggi porta avanti la tradizione grazie a Maria Corda, maestra di seta che custodisce con fierezza l’arte familiare ed è oggi testimone di ciò che ha rappresentato la produzione del filato in Barbagia. Insieme alla figlia Antonella gestisce il laboratorio Tramas de Seda con quel fine romantico della condivisione di un sapere antico e identitario. “Per me è la soddisfazione più importante – sottolinea Maria – e la seta prodotta durante le nostre attività non va persa, infatti la utilizziamo per una piccolissima produzione di gioielli venduti in un’area dedicata e alcuni scampoli invece vengono dati ad una cantina di Orgosolo che produce il cannonau”. Il prezioso drappo chiude la bottiglia del vino Urulu. La famiglia Muscau apre il laboratorio circa duecento anni fa e da allora la cultura della filiera della seta viene tramandata di madre in figlia, di nonna in nipote, sempre nelle mani delle donne e rigorosamente a conduzione familiare. Tramas de Seda oggi è diventata una fattoria didattica e informativa rivolta a tutti e principalmente alle scuole dalla materna alle superiori, per chiunque avesse intenzione di prenotare una visita, ovviamente guidata e con tutte le spiegazioni del caso. Solamente questo mese la casa museo ha ricevuto le scuole di Bonarcado, Guspini e Santu Lussurgiu, ma la lista è lunga e proprio nel mese di maggio si potrà assistere alla nascita di su ermeddu, il baco. “Per due mesi buoni dovrà essere accudito con attenzione e meticolosità – ci spiega Maria – infatti oggi in natura non riuscirebbe più a sopravvivere da solo, va nutrito costantemente con foglie di gelso e spostato una volta maturo. Una volta poi che è pronto per chiudersi nel suo bozzolo va trasferito dalle cassettine impilate in cui vive i primi mesi della sua vita a delle ceste con rami di lavanda selvatica ai quali può arrampicarsi per filare”.
L’arte della bachicoltura è profondamente legata alla Cina, dove si praticava già dal 2500 a.C. In Sardegna arrivò intorno alla fine del Seicento importata dai gesuiti che si stabilirono a Oliena, operando poi come bachicoltori nel territorio del vicino villaggio di Orgosolo, zona favorevole all’implementazione del gelso già fortemente diffuso e imprescindibile per il nutrimento del baco da seta. La bachicoltura si sviluppò principalmente nel territorio barbaricino proprio perché la seta di quella particolare colorazione giallognola serviva a confezionare su lionzu, il copricapo dell’abito tradizionale che in passato veniva usato abitualmente. Oggi la produzione del prezioso filato è molto limitata, intanto perché non si fa più un utilizzo quotidiano di su Lionzu e poi perché i tempi di lavorazione sono estremamente lenti: per realizzare venti metri di tessuto occorrono circa due allevamenti di baco che si traducono in tre o quattro anni di lavoro. Certamente non è un tipo di attività legata ad un capitalismo commerciale, piuttosto esiste per diffondere cultura.
Oltre ad essere un’affascinante testimonianza della storia di Orgosolo, Tramas de Seda è parte del nostro patrimonio culturale dove il valore risiede nella tutela, per una volta a discapito di quell’accanimento produttivo che a nulla serve.