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Il manifesto indelebile di Luigi Pintor, a cento anni dalla nascita

Di Mattia Lasio
20/09/2025
in Cultura
Tempo di lettura: 6 minuti
Il manifesto indelebile di Luigi Pintor, a cento anni dalla nascita

“Mettersi nei panni degli altri è un esercizio impossibile e un’esortazione vana. Ciascuno si tiene i propri. Ciascuno è chiuso entro confini impenetrabili”. Basterebbe questa riflessione, tratta dall’opera del 2001 ”Il nespolo”, per comprendere lo spessore umano di Luigi Pintor, storico fondatore del quotidiano ”il manifesto” a cento anni dalla sua nascita. Non solamente uno dei più grandi e influenti cronisti di sempre ma un intellettuale realmente militante, da sempre e per sempre in prima linea, coraggioso nelle parole così come nei fatti, coerente e consapevole che il giornalismo non è semplicemente un elenco freddo e asettico di notizie ma una analisi dettagliata e partecipata di ciò che si vede e di ciò che si racconta. Una figura unica quella di Pintor celebrata questa mattina, 20 settembre 2025, nella sala della Fondazione di Sardegna in via San Salvatore da Horta in occasione dell’evento ”Piazza Pintor” – promosso dal Collettivo Pintor con ”il manifesto” – durante cui è stato analizzato il suo percorso non solamente come giornalista ma anche come scrittore ed esponente del Partito Comunista dal quale venne radiato il 25 novembre del 1969 insieme a Rossana Rossanda e Aldo Natoli – fondatori nel 1969 insieme a lui de ”il manifesto”, diventato quotidiano il 28 aprile del 1971 – accusati di frazionismo in quanto esprimevano sulle colonne del loro giornale idee che differivano da quelle portate avanti dalla linea maggioritaria del partito.

Un’analisi approfondita, ricca di interventi e punti di vista sfaccettati che hanno contribuito a delineare – sotto il profilo umano e professionale – la personalità di Luigi Pintor, in un luogo a lui caro quale era Cagliari che descriveva nel suo primo libro ”Servabo. Memorie di fine secolo” pubblicato nel 1991, come un campo di giochi, con i suoi bastioni, le sue torri e i suoi vicoli che scendono sino al porto offrendo una liberà senza confini. Una libertà non comune che Pintor definiva ”una straordinaria fortuna che non cesserò di rimpiangere, a confronto con le prigioni della modernità”. L’evento, voluto fortemente da Gianni Usai operaio Fiat negli anni Settanta nonché storico quadro sindacale e politico del manifesto, comincia con un minuto doveroso di silenzio per Gaza e per il popolo palestinese. Al termine del minuto di silenzio, ci si sofferma subito sul rapporto significativo tra la Sardegna e Pintor oltre che sul legame tra la Sardegna e ‘’il manifesto’’. A prendere la parola è Jacopo Onnis che cita, come persone avente avuto un ruolo di primo piano nel rapporto tra l’Isola e il quotidiano, l’avvocato Nuto Pilurzu e Marco Ligas – venuto a mancare nel 2021 – storico fondatore e direttore de ‘’il manifesto sardo’’. Proprio a Marco Ligas si deve un’analisi significativa della permanenza di Luigi Pintor in Sardegna, dove fu mandato in seguito alla sconfitta di Pietro Ingrao nella primavera del 1966 all’XI congresso del Pci. Queste le sue parole: “In Sardegna per Luigi furono anni intensi. Quando andava nei paesi delle zone interne aveva l’atteggiamento non di chi era lì per portare la linea del partito, ma di chi preferiva ascoltare e capire”.

Vengo trasmessi spezzoni di interviste video in cui Pintor, a lungo direttore de ‘’il manifesto’’, definì le radici che lo legavano alla Sardegna profondissime, testimoni di un sentimento al di là di un qualcosa di fisico ma costituito da memorie e ricordi impressi indelebilmente. Così come impresse in modo indelebile sono le parole di Enrico Berlinguer il quale, intervistato da Giovanni Minoli nella trasmissione ‘’Mixer’’, disse che Pintor era il suo giornalista preferito dotato della stoffa del cronista di altissima qualità. Immancabile, da parte della giornalista Anna Pizzo, un breve e commosso ricordo di Rossana Rossanda, a cinque anni dalla sua scomparsa, fondatrice del quotidiano insieme a Luigi Pintor, Lucio Magri, Lidia Menapace, Aldo Natoli, Valentino Parlano, Luciana Castellina e Ninetta Zandegiacomi. Tanti i presenti all’incontro, tra cui il presidente del Consiglio regionale della Sardegna Piero Comandini e il Sindaco di Cagliari Massimo Zedda che ha definito Pintor come “un grandissimo figlio di Cagliari’’ per poi aggiungere: “stiamo pensando con il consiglio comunale di dedicare un luogo a Cagliari a Luigi Pintor, proprio come abbiamo fatto di recente per Sergio Atzeni e come faremo anche in altre occasione’’. Un proposito di rilievo che testimonia lo spessore umano e professionale del cronista che, proprio a Cagliari nella sua casa di via Fiume, trascorse la propria infanzia insieme al fratello Giaime, le sorelle Silvia e Antonietta, il padre Giuseppe e la madre Adelaide Dore. Gli scritti di Pintor vengono letti dall’attore Angelo Trofa con l’accompagnamento musicale malinconico dell’arpa di Raoul Moretti.

Durante l’evento, la figura di Pintor è stata analizzata sotto tre profili: quello giornalistico, quello politico e quello narrativo. A ricordare il Pintor giornalista è stato Pierluigi Sullo che ha detto: ‘’Ho lavorato con Luigi per 22 anni, una volta mi disse che per fare il giornalista ci vuole solo una dote ovvero la capacità di stupirsi, proprio come i bambini’’. A Loris Campetti è toccato il compito di analizzare Pintor dal punto di vista politico: “La politica – queste le sue parole – era per Luigi autonomia e indipendenza. Per lui questo era assolutamente fondamentale. Ci ha insegnato a occuparci di politica fuori dagli schemi e dalle regole prestabilite”. Maria Rosa Cutrufelli si è soffermata sull’attività di scrittore da parte di Pintor. “È nei suoi testi letterari – ha sottolineato – che batte il cuore politico più autentico di Pintor. Questi non sono testi secondari rispetto alla sua attività giornalistica, è importante rimarcarlo. I suoi primi due libri, ovvero ”Servabo” e ”La signora Kirchgessner”, sono quelli più memoriali con richiami a fatti e persone mentre il terzo libro ovvero ‘’Il nespolo’’ è più focalizzato sul tempo e sul suo scorrere. Per me, gli scritti letterari i Pintor sono come gli haiku giapponesi, trovo molti punti d’incontro e a dimostrazione di ciò troviamo l’ultimo suo libro ‘’I luoghi del delitto’’, un flusso di coscienza puro, un insieme di sguardi ampi su tutte le esperienze vissute”.

Esperienze vissute, tante e significative, che gli hanno permesso di acquisire una profondità di pensiero rara. “Luigi ha lasciato un’impronta profondissima nel suo giornale – ha fatto presente l’attuale direttore de ‘’il manifesto’’ Andrea Fabozzi – che aveva immaginato nei minimi dettagli ancora prima di lavorarci. Aver lavorato con lui per due anni, mi ha permesso di capire che esserci e continuare a esserci è, al giorno d’oggi soprattutto, il gesto più rivoluzionario che si possa compiere. L’insegnamento più prezioso che ci ha trasmesso è quello di non essere astratti e di non girare attorno alle tematiche affrontate perdendoci in una fiumana di inutili aggettivi e parole vuote”. Tra gli interventi più lucidi e sferzanti spicca quello di Luciana Castellina che conobbe Pintor ai tempi della frequentazione da parte di entrambi del Liceo Classico Torquato Tasso a Roma. “La storia del Manifesto – ha precisato – comincia ben prima del 1969 e prende l’avvio nella fase del cosiddetto ingraismo negli anni Cinquanta, una fase importante che Luigi ha vissuto personalmente da protagonista.  Ci tengo a precisare che l’ingraismo non era una corrente di pensiero, sarebbe erroneo definirlo così, bensì un modo di sentire. Con Luigi non ho mai avuto un contrasto né tantomeno uno scontro, ci siamo sempre capiti”. Luciana Castellina si è soffermata anche sul rapporto tra ‘’il manifesto” e Cagliari, definendo il capoluogo sardo come una delle capitali del quotidiano insieme a Roma, Bergamo, Napoli e Bologna.

Giornalista, scrittore, politico ma anche profondo amante della musica e del pianoforte, strumento che suonava con passione quasi fosse un rituale. “A parte il tempo passato al manifesto – ha scritto la moglie Isabella Premoli Pintor, sua seconda consorte, nel supplemento ‘’Essenzialmente Pintor’’ realizzato dal quotidiano in occasione del centenario della nascita celebrato il 18 settembre – Luigi era un solitario. Suonava il piano e in quelle ore, perché erano ore, poteva succedere di tutto e lui non si accorgeva di nulla. Tra le cose più belle della nostra vita ci sono i ricordi del piccolissimo rustico in Maremma, solitario, lontano, nascosto in un bosco senza luce, senza tantissime cose ma non senza un pianoforte”. La musicalità ha caratterizzato sino alla morte, avvenuta il 17 maggio del 2003, la prosa di Pintor che somigliava in tutto e per tutto a ciò che scriva, mantenendo sempre uno sguardo attento e chiaro sulla realtà osservata, coltivando quotidianamente l’etica della parola con profondo rispetto ed essenzialità con la consapevolezza, in parte amara e al contempo dolcemente malinconica, che come scriveva lui ne ‘’I luoghi del delitto’’ non ci sono risposte divine alle domande terrene e in fondo si vede tutto senza vedere nulla. 

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