Come si possono conciliare didattica della moda, creazione di nuovi designer e rispetto dell’ambiente? Sappiamo che quella del fashion è la seconda attività industriale più inquinante al mondo, un mondo sempre più bisognoso invece di un’inversione di rotta su clima e salute. L’Istituto Europeo di Design di Cagliari prova a dare delle risposte con Vintage Day, evento giunto alla sua seconda edizione, orientato alla sensibilizzazione verso i temi del riuso e della qualità.
Appare sempre più urgente rimediare ad anni di produzioni sconsiderate che hanno fatto del profitto l’unico obiettivo e delle persone dei banali target per incrementare le vendite. Questa folle corsa al consumo ha causato danni ambientali ma ha anche impoverito tutto il settore sotto molti aspetti.
La bulimia di prodotti riassortiti di continuo, senza conoscere sosta o cambio di stagione, ha fatto sì che ogni vestito si assomigli, che ogni cosa assomigli esattamente a se stessa in un rimpasto continuo. La serialità estrema ha il duplice danno della scarsa attenzione per la qualità delle fasi di lavorazione dei tessuti e ovviamente delle condizioni dei lavoratori.
Ma non solo, questa follia che ha saturato il mercato ha anche causato un senso di noia e di insoddisfazione generale che sta cominciando a far scricchiolare i profitti. Come riappropriarsi del piacere dell’abbigliarsi, come ritrovare una personalità cancellata da anni e anni di marketing selvaggio? Il vintage può essere una delle risposte a questa domanda, la sua proposta è infatti tendenzialmente unica e asincrona e dunque permette di ricreare uno stile proprio, più ricercato e originale.
Lo IED è chiaro nel suo messaggio: comprare meno, comprare meglio. Riscoprire il valore di materiali e lavorazioni che possono essere freschi e attuali fa bene a noi e all’ambiente. “Con un po’ di informazione si scoprono molte cose interessanti – ci dice Alice Tolu, docente e anche collaboratrice della nostra testata – ad esempio che alcuni grandi marchi si stanno riavvicinando a tecniche quasi scomparse e che stanno tentando di reintrodurre la componente artigiana nelle loro creazioni. Con la manifestazione Vintage Day vogliamo lanciare un monito soprattutto alle nuove generazioni”.
“Il Vintage Day si inserisce in un programma di attività e progetti nel macro tema della sostenibilità ambientale, economica e sociale tanto nell’area del design quanto in quello della moda – aggiunge Antonio Lupinu, direttore dello IED di Cagliari – in questo ambito si inserisce anche la collaborazione con aziende del territorio regionale e nazionale, come la recente partnership con Italian Converter, azienda tessile italiana che ha dato vita a Re-Converter, un progetto dedicato al riciclo dei tessuti d’arredamento, nel quale sono stati impegnati gli studenti del corso di Fashion Design”.
E in effetti i giovani sembrano molto addentro alla questione. Dopo la chiacchierata didattica che Alice Tolu ha proposto al pubblico, in cui si è partiti dalla couture degli anni ’60, rivoluzionaria nelle scelte di taglio, cromatismi, costi e soprattutto concetto, per arrivare ai nostri giorni, nasce un piccolo dibattito sulla necessaria operazione culturale che bisogna attuare per ritrovare equilibrio e bellezza per il pianeta e per noi stessi.
Dalla teoria alla pratica è un attimo perché in una delle sale dello IED sette espositori (Signora P, May Mask, Big Thunde, Recyclerie, Effe Glamour Vintage, Instradavintage e Migda) propongono pezzi vintage che consentono un’immersione ancora maggiore nel discorso qualità/responsabilità. Tra abiti, accessori, complementi d’arredo, il percorso espositivo appare come una narrazione, alla scoperta di dettagli dimenticati o mai conosciuti, risveglia il piacere del tatto che accarezza stoffe sempre più rare, riempie gli occhi di una creatività trascorsa che ha molto da dire e che può essere la base per nuovi design sostenibili, verso un futuro equo e libero dai dictat del consumo gretto e senz’anima.
Con il contributo fotografico di Giorgia Bistrusso