Dopo molti lustri di carriera musicale passata fra dischi e concerti, Alice, al secolo Carla Bissi, ha deciso di raccontarsi attraverso ‘Alice. L’unica via d’uscita è dentro’, libro di fresca pubblicazione (Rizzoli Lizard 2024) scritto a quatto mani assieme a Francesco Messina, suo compagno di vita e di lavoro da tantissimi anni. La coppia è stata ospite dell’ultima serata del LEI festival di Cagliari, quella del 1 dicembre, dove ha presentato, intervistata da Giuseppe Murru, l’avvincente autobiografia che ripercorre la lunga strada umana e professionale passando pe il festival di San Remo, l’incontro con Franco Battiato, il successo internazionale e la scelta di restare lontana dalle luci della ribalta.
“Le erano successe tante cose straordinarie che Alice cominciava sul serio a credere che per lei non ci fossero cose impossibili”. Questa autobiografia potrebbe cominciare così, con i versi della ‘Alice nel paese delle meraviglie’ di Lewis Carroll, nella quale in qualche modo ha trovato ispirazione e invece inizia con un epigrafe di provincialismo radicale, si badi bene, l’aggettivo ha una valenza tutt’altro che negativa, una rivendicazione delle radici che fa venire voglia di passare la notte in bianco per leggerlo tutto d’un fiato: “Sono una di campagna. E mi piace ancora esserlo. Il resto è venuto dopo”.
Ha avuto il suo bel da fare Giuseppe Murru per scandagliare assieme agli autori le pagine del libro e le mille storie che racconta. Il pubblico, in religioso silenzio, ha potuto godere e ascoltare dalla voce degli autori i tanti aneddoti e le moltitudini ripescate nella memoria di anni vissuti intensamente e non solo per la musica. Un cammino scandito da scelte di cuore e rinunce clamorose, ma anche dalla capacità di osare, sperimentare mondi apparentemente lontanissimi e di mettersi in gioco con esperienze artistiche alte e altre: Satie, Faurè e Ravel giusto per fare tre nomi, quasi in controcanto rispetto a quella che spesso, con estrema leggerezza, veniva catalogata frettolosamente come pop, musica leggera e finanche canzonetta.
Quel che resta e resiste ancora a distanza di decenni sono le canzoni. Hit intramontabili come ‘Il vento caldo dell’estate’ e ‘Per Elisa’ ma anche quelle più recenti come ‘Viali dell solitudine’ o ‘Dammi la mano amore’ fanno ancora breccia nelle sensibilità di coloro che ricordano con nostalgia la propria gioventù ma anche in quella di ragazzi e ragazze – la loro presenza al Teatro Doglio ne è testimone – che sono stati catturati dai dischi di Alice, compresi quelli con le canzoni scritte da altri e da lei interpretate, “che – ci tiene a precisare – dal momento che le ho cantante, identificandomi in loro, sono in qualche modo diventate mie”.
Ma cosa ha spinto “la regina nascosta del pop italiano” ha raccontarsi in un libro? Un’esperienza che per certi versi avrebbe preferito evitare ma che alla fine fa parte di quel “lavoro di ricapitolazione della propria vita che tutti dovrebbero fare, perché comunque ritrovare parti di se, anche quelle dimenticate, ritrovare persone, incontri, eventi che magari non ricordi ma che sono parte di te” portano a questo tipo di percorso, anche faticoso e a volte non particolarmente piacevole, che serve a ricordarci che “una vita di ormai parecchi decenni è tutta qui, non c’è più il ieri, è tutto oggi”.
Forse è per questo che il libro di Alice si “ascolta” come una raccolta di canzoni che attiva i flashback per chi c’era e ha ancora ben presente dove si trovava mentre guardava l’Eurovision del maggio 1894 quando cantava assieme a Franco Battiato ‘I treni di Tozeur’ o per i più giovani di quando collaborava con i Bluvertigo per una rilettura di ‘Chan -Son Egocentrique‘. Sono tanti “giri di giostra” di una donna nata con “una predisposizione e uno scopo”, come racconta nelle battute conclusive, di una donna che ha il bisogno vitale del vivere in campagna e che ha ancora desiderio di ricercare, sperimentare, incontrare, conoscere, in una parola sola di vivere, sapendo che, come cantava Franco Battiato, anche nelle difficoltà è possibile trovare l’alba dentro all’imbrunire e che spesso questo coincide con ‘unica via d’uscita.
L’appassionante incontro con Alice e Franco Messina è stato il perfetto finale di una bella edizione del LEI festival che ci invita a una riflessione sul fatto che la vita alla fin fine forse è veramente un gioco, folle come la voleva Erasmo da Rotterdam o fugace come un sogno come quella di Yukio Mishima, ma che comunque senza la musica e i libri probabilmente sarebbe un errore o, peggio ancora, un delitto.