“Sai che fortuna essere liberi
essere passibili di libertà che sembrano infinite
NARCOTICO FRENETICO SMANIOSO ECCITANTE
il mondo si sgretola rotola via
succede
è successo
si sgretola
e via”
(CCCP Fedeli alla Linea)
È esilarante vederli così, nel loro Feriae Augusti spostato di quindici giorni: eccitati, frenetici, insonni, spericolati, ululanti contro le albe e ai tramonti a cui danno la caccia, senza tregua né cedimenti; ardenti, colorati, firmati, abbronzati, sorridenti, impertinenti, smaniosi, pubblicizzati, spiaggiati, immersi e sguaiati nelle loro acque cristalline trafficate, da sogno indotto.
Sgretolati.
Che apnea augustea, ogni attimo di noia e silenzio per loro è sprecato, perché il capitalismo che piace loro non dorme mai, è un demone che li sta aspettando sveglio – lo sanno – seduto sul bordo dei loro comodini, in attesa del fine mese di agosto. Quindi è necessario inseguire un certo tipo di divertimento, a tutti i costi.
Chiuso a Ferragosto.
Eppure aperto, svelato, pubblicato, postato, condiviso, a profusione. Di tutti quei bei posti frustati dai loro strabilianti effetti digitali – buoni per Instagram vs. Reality – in quelle spiagge che sembrano di loro proprietà. Sopra barche maleducate che conducono improvvisati, nelle zattere – li vedo – vestiti di bianco come la Luna, bottiglie sbrilluccicanti in mano e musiconi, i piatti cafoni di crostacei esibiti, le piscine e le citazioni semi-colte e le famigliole perfette, i figli straordinari e le mirabolanti imprese nelle vacanze da fiaba. Che fatica! Ah, e che meraviglia sentirli così rumorosamente estivi, così esuberanti e allegri, così socialmente appagati. Sono bravissimi a mostrare quanto sanno godersi la vita, senza nascondere nulla o pochissimo, per trasmettere quanto sono straordinari, loro, in questo teatro digital-estivo agitatissimo e senza fine apparente.
“Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo” – no, Gramsci lo hanno letto male, anzi no, loro non lo hanno letto proprio.
Chiuso a Ferragosto.
Con quell’anima rozza ben aperta al voler esibire, perché la dolce vita non è così dolce se non è ostentata, esagerata, che vorrebbe suscitare invidia, perché – lo so – per loro il successo si misura in quanta invidia provocano nelle altre persone le loro incredibili agiatezze. Sbagliando, perché nessuno, in fondo in fondo, li invidia.
Dei luoghi che visitano, fondamentalmente, non importa niente a nessuno. Delle città che visitano non frega nulla a nessuno. Così è per quello che tracannano. Per come si vestono, anche. Così è pure per quello che mangiano.
Li vedo così, muniti di quel piccolo schermo sempre acceso, a catturare, a filmare, a creare immagini improbabili e orribili, non per ricordare ma per darle in pasto alla rete, al web e perseguire così il loro trionfo pseudo-augusteo filtrato per dimostrare di essere vivi, convinti che amici e nemici siano tutti lì, a seguire in diretta la classe sociale raggiunta o ereditata, invece chi li segue veramente è solo un freddo algoritmo ma non lo sanno, o non vogliono saperlo.
Per fortuna “ci” salveranno i secoli, i millenni, quando tutte queste orribili immagini sui vari cloud avranno formati non più leggibili, irrecuperabili. Saranno perse, andate, evaporate. E così – come sempre è successo – si saprà qualcosa di noi, e di loro, solo dalle storie stampate su carta e dalle scritte sulle pietre lavorate dei cimiteri, che avranno pochi effetti e pochissimi inganni.
“Il mondo si sgretola rotola via succede è successo si sgretola e via”.
Chiuso a Ferragosto.
Ho sognato di scrivere tutte queste indulgenti parole con una matita, su di un foglio di carta giallastro.
Era quindi un sogno vero, perdonatemi. Nessuno si senta colpito. Nessuno si senta escluso.
In questo sogno mi trovavo su una bella barca bianco-balena di nome Demetra. Vestito di lino bianco, stranamente ero abbronzatissimo e mi solleticava una prepotente sensazione di soddisfazione. Che incubo! In una mano tenevo un super cellulare, nell’altra un’aragosta, viva. Mi guardava dritto negli occhi e potevo comprendere il suo primordiale linguaggio. Mi implorava di scattarle una foto e di pubblicarla al più presto su tutti i social network, a testimonianza di quella sua piccola e breve esistenza.
Stappando una bottiglia di pregiato vino bianco dalle bollicine ammiccanti, però, mi son svegliato.
Improvvisamente.
Una gran ruvida sete subito mi ha ricordato di aver mangiato forse troppo pesante (o piccante) la sera prima. E che mal di testa!
Ero quindi in città, a Ferragosto, in uno stranissimo Ferragosto 2024 sospeso tra i “non lo so” e il silenzio, in un’assenza tesa, lontano da feste, da cene e da domande fuori luogo. Forse con finali già scritti.
Chiuso a Ferragosto.
Alzandomi, son poi uscito di casa. Ho camminato per circa due ore. Non tutto in città era chiuso, in realtà. Vagavano a frotte i turisti in cerca dei loro qualcosa, tra selfie biondi e bibite e gelati italiani ai tavolini dei bar pieni, sotto un’inclemente afa nordafricana. Di tutto quel brulicare non ne ho però poi avuto tanta voglia, per fortuna conosco le stradine laterali da percorrere in certi casi, mi son quindi tuffato in un vero e più tradizionale Chiuso a Ferragosto.
E la città dormiente mi è apparsa subito bellissima. Finalmente.
Ho anche scattato qualche fotografia. La maggior parte di esse evaporerà.
“Sai che fortuna essere liberi
essere passibili di libertà che sembrano infinite”
Post scriptum:
Ogni riferimento a persone, vacanze, situazioni, abbronzature, barche e crostacei presenti in questo articolo è puramente casuale e frutto della fantasia. Sapete com’è? I sogni non si comandano, al massimo si interpretano. Quindi, se vi siete riconosciuti in qualcosa di questo sogno, beh… è solo un riflesso della vostra immaginazione. O, al limite, è colpa vostra.